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Stella Nervini: “Velasco ha cercato di stressarmi poco. Vivo tutto l’anno aspettando la maglia azzurra”

Stella Nervini è intervenuta come ospite nel corso dell’ultima puntata di Volley Night, trasmissione visibile sul canale Youtube di OA Sport. La giovane schiacciatrice del Chieri ’76 è reduce da un’estate magica, in cui ha recitato un ruolo importante da titolare (dopo l’infortunio di Alice Degradi) nella Nazionale italiana di pallavolo che ha vinto la Nations League e soprattutto il Mondiale sotto la guida del CT Julio Velasco.

In questa fase della mia vita ci sono un sacco di emozioni e cose contrastanti. Da una parte sono sicuramente al settimo cielo, perché è stato tutto inaspettato. Ovviamente ci speravo, ma quando arriva davvero è un’altra cosa. Allo stesso tempo, se da una parte speravo di essere lì, dall’altra è stata una sorpresa esserci in questo modo e quindi per me adesso non è neanche facile avere tutto questo riscontro mediatico. Sono passata dall’essere una sconosciuta alla gente che comunque ora mi riconosce e mi ferma per strada. Per me quindi sicuramente è bello, ma è anche nuovo dovermi destreggiare dopo essere passata da zero a cento. Ora c’è tanta responsabilità, bella ovviamente, però la sento e sono contenta che il campionato con Chieri sia iniziato bene perché sarebbe stato un brutto colpo fare così bene d’estate e poi partire male“, racconta la 22enne fiorentina.

Sull’evoluzione del rapporto con Velasco: “Non è cambiato molto il mio rapporto con Julio da quando sono diventata titolare. In generale ha cercato di stressarmi poco, mi parlava quando era necessario, ma per il resto mi lasciava abbastanza libera. Anche le altre compagne, nessuna veniva lì a darmi troppi consigli perché mi era richiesto semplicemente di giocare e divertirmi. Lui mi ha detto di divertirmi ed essere spensierata, poi a volte va male, ma per fortuna è andata bene“.

Sull’importanza di aver giocato in passato con la maglia azzurra nelle competizioni giovanili: “Ovviamente non è come una competizione senior, ma quando hai 17 anni comunque giocare nella Nazionale U18 è il massimo a cui puoi aspirare in quel momento quindi in realtà tu lo vivi come se fosse il momento più importante della tua vita, che è poi quello che ho riprovato quest’estate. Riconoscere di aver già provato quelle emozioni e quelle sensazioni mi ha aiutato nei momenti clou, perché finali mondiali nel mio piccolo le avevo già fatte. Sicuramente mi ha aiutato, come il fatto che adesso i Mondiali sono ogni due anni e se va male non devi aspettare quattro anni per riprovarci. L’anno prossimo ci sarà più turnover, quindi anche lì ci saranno un sacco di partite importanti“.

Adesso la maglia della Nazionale è il momento che io aspetto dell’anno. Vivo tutta la stagione come un crescendo fino ad arrivare al momento più alto che è quello di vestire la maglia azzurra. Per me è sempre il momento più bello dell’anno indossare quella maglia. All’inizio era un’aspirazione ed un onore, ma ora c’è anche la responsabilità perché mi rendo conto che tante persone vorrebbero giocare in Nazionale ma per un motivo o per un altro non possono farlo“, dichiara Nervini.

Non ho ancora realizzato quello che è successo. Quella medaglia comunque me la tengo sempre vicina nel cassetto e ogni tanto la guardo per essere sicura che sia ancora lì e che sia vero. Per me era tra gli obiettivi più alti della mia vita da pallavolista e pensare comunque di averlo raggiunto giocando la competizione da titolare non è immaginabile, soprattutto per come era iniziata la stagione con un’altra salvezza all’ultimo minuto. Un campionato terribile, un’estate bellissima. Sono troppe emozioni, io non ce la faccio… (sorride, ndr)“, prosegue l’azzurra classe 2003.

Sull’ispirazione che può dare questa generazione d’oro alle bambine che si approcciano al mondo della pallavolo: “Penso a quando ero più piccola e partecipavo ai camp estivi in cui arrivavano magari le atlete dell’A1 che in quel periodo davano spettacolo. Mi ricordo quando parlavano dei sacrifici, di andare via da casa e vivere per un sogno. Quando le ascoltavo pensavo sempre: ‘Potrei fare la stessa cosa, potrei essere io!’. Mi piaceva ascoltare le storie delle pallavoliste, perché anche loro da piccole avevano avuto dei dubbi. La cosa più importante è sempre stata provarci, perché mi divertivo a giocare a pallavolo e stavo bene. Pian piano mi è anche riuscito, perché all’inizio neanche quello…“.

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