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Triestina della Vela: la battaglia di Longhi per l’oblio oncologico

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Triestina della Vela: la battaglia di Longhi per l’oblio oncologico

Lo sport è un eccezionale vettore di messaggi sociali importanti. La vela, legata da sempre ai concetti di green philosophy e blue economy, abbraccia sempre più spesso anche le istanze valoriali.

Barcolana ha di recente consolidato il proprio impegno insieme a Generali sul tema dell’equità di genere, ma le campagne a favore di associazioni che si occupano di ricerca medica da sempre sono state protagoniste sulle vele di molte imbarcazioni.

Triestina della Vela si batte per il diiritto all'oblio ai tumori: ecco il perché di questa iniziativafoto da Quotidiani localiQuotidiani locali

Stefano Longhi, ingegnere e architetto, velista da sempre nei ranghi della Triestina della Vela e ormai da qualche anno anche imprenditore nel mondo della nautica, ha di recente voluto portare alla ribalta la grande e ancora troppo poco conosciuta battaglia dell’Associazione Italiana Oncologia Medica sul diritto all’oblio oncologico.

Grazie all’impresa di Stefano Longhi e Francesco Manzin che a bordo del Millenium 40 Sayonara II hanno vinto in assoluto l’ultima edizione della mitica Cinquecento per due, storica regata offshore adriatica, l’impegno di Aiom è stato reso noto a una platea più vasta. Ma è dalle parole di Longhi che è possibile comprendere meglio l’importanza della raccolta firme della Fondazione.

«Chi ha avuto una malattia oncologica, oggi si trova a vivere delle difficoltà nell’accesso ad alcuni servizi. Richiedere mutui, prestiti, assicurazioni e adozioni, per un ex paziente significa spesso fare i conti con il passato e con la patologia che si è lasciato alle spalle. Mentre un tempo il tumore era una malattia che dava poche speranze di sopravvivenza, oggi moltissime neoplasie sono curabili, e altre hanno un’aspettativa di vita lunga. È necessario che il nostro Paese si unisca a quelli che hanno emanato la legge per il diritto all’oblio, garantendo ai suoi cittadini un futuro libero dallo stigma della malattia oncologica. Si tratta di una norma che permetterebbe all’ex paziente di non dichiarare la malattia, pratica oggi obbligatoria per la stipula di molti contratti e la richiesta di alcuni servizi. Per questa ragione Fondazione Aiom ha realizzato la campagna di comunicazione “Io non sono il mio tumore” con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni, nella speranza di raggiungere al più presto gli altri Paesi virtuosi».

Stefano, che vent’anni fa era stato colpito da un tumore, ha voluto festeggiare la propria guarigione iscrivendosi insieme a Francesco, esperto velista, collega e amico, alla Cinquecento.

«Quando nel 2002 mi stavo curando – sono ancora parole di Stefano Longhi – cercavo esempi positivi per guardare sempre avanti, pensare positivo e non mollare mail. Dopo vent’anni volevo aiutare le persone che si trovano a vivere il mio stesso percorso. Il mio oncologo mi ha fatto conoscere questa Associazione e ho sposato immediatamente questa nobile battaglia, che è diventata la mia».

In un’edizione particolarmente difficile della Cinquecento – con partenza ritardata peraltro anche di un giorno a causa del passaggio di un fronte di brutto tempo – che ha dimostrato tutta la varietà di condizioni che l’Adriatico può offrire, i due triestini hanno non solo primeggiato nella loro categoria, ma si sono aggiudicati il primo posto assoluto dopo una navigazione di quattro giorni e mezzo.

La malattia per Longhi è ormai alle spalle e la cura della forma fisica è stato uno degli aspetti chiave per portare a termine la pregevole impresa velica.

«Già nel 2021 avevo fatto la Cinquecento in equipaggio e si era rivelata faticosa. Quando si è in due, indipendentemente dalle condizioni meteo, tutto richiede ancora più attenzione. Francesco ha esperienze di regate in solitario e ha 26 anni, un’età che ti permette di recuperare qualsiasi sforzo. Quando abbiamo deciso ufficialmente e di iscriverci ho iniziato un percorso di cross fit abbinato alla bicicletta che mi ha consentito di rimanere lucido anche quando abbiamo iniziato una sorta di match race per raggiungere la line honours».

Il duello con il Pogo 40 austriaco Talanta è stato indubbiamente incredibile visto che è stato portato avanti tra una barca condotta da due persone – Sayonara II, risultata poi vincitrice – e una con equipaggio completo. La vittoria comunque non è stata solamente frutto dell’allenamento, bensì anche di un’attenta pianificazione che ha portato Longhi e Manzin a organizzare nel puntuale dettaglio aspetti come l’attrezzatura, la stazza e la sicurezza della barca, così come il meteo, la scelta dell’abbigliamento e l’alimentazione.

«Sono un ingegnere, ma al tempo stesso sono anche una “testa matta” – sorride Longhi – la gestione dell’imprevisto è decisamente la carta vincente. Per quel che concerne Sayonara, una barca che conosco da tantissimo tempo e che Roberto Bertocchi ci ha generosamente prestato per questa esperienza, si è rivelata uno scafo molto marino, con un’ottima organizzazione delle manovre. Sul fronte cambusa abbiamo sdoppiato i menù: da un lato avevamo polpette, parmigiana, lasagne per corroborare corpo e spirito... ma per i momenti d’emergenza avevamo una buona scorta di uova sode, barrette, frutta. Alla fine abbiamo mangiato davvero tutto».

E naturalmente la bottiglia per festeggiare il grande risultato

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