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Volley. Velasco, i 70 anni di un fuoriclasse della panchina

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Volley. Velasco, i 70 anni di un fuoriclasse della panchina

MODENA. Settanta e sempre da protagonista: Julio Velasco taglierà domani, mercoledì 9 febbraio, un traguardo importante della sua vita e lo farà alla sua maniera, di certo non da pensionato di lusso.

“Bisogna sempre porsi un traguardo, c’è sempre una partita da giocare, se davvero lo vuoi”, un pensiero ad alta voce pronunciato, tanti, tantissimi anni fa ormai, ma sempre di attualità.

Julio Velasco, allenatore che ha scrittola storia del volley, ma anche filosofo nella quotidianità di ogni giorno, non si è mai tirato indietro di fronte alle sfide: figuriamoci quando nel 2019 arrivò la chiamata della Federazione Italiana che gli proponeva di diventare “direttore tecnico delle Nazionali Giovanili azzurre”.

Non rispose probabilmente obbedisco, lui che aveva appena concluso la sua carriera di allenatore dopo il suo secondo ritorno a Modena, ma quasi sicuramente avrà pensato “Sarà una bella sfida, da raccogliere”.

Di Velasco basta il nome, anzi il cognome, per generare emozioni in chi lo ha conosciuto, per rivivere momenti meravigliosi, legati a Modena, la “sua”Modena e a quella squadra magica di giganti azzurri che passò alla storia come Generazione di Fenomeni.

Oggi vive sulle colline bolognesi, ma è bello immaginare che la sua casa sia ancora quel PalaPanini dove arrivò come un “tornado” nel 1985/’86 in una Panini ancora sotto shock per lo scudetto gettato al vento nella stagione precedente contro il Mapier.

Lui giovane argentino alla conquista del mondo in un tempio consacrato di cui sconvolse le regole con le sue frasi passate alla storia e che ancor oggi gli allenatori di ogni categoria usano per far presa sui loro atleti.

Una sorta di “greatest hits” in cui al numero 1 troveremo per sempre la celeberrima “Chi vince festeggia, chi perde spiega”, pronunciata non quando sarebbe stato facile, cioè dopo un successo, ma arrivata severa il giorno dopo una sconfitta.

Numero 2 senza discussione “Gli alzatori non discutono l’alzata, la risolvono”, d’attualità assoluta anche ai giorni nostri.

Al numero 3 la famosa “cultura degli alibi” che divenne un suo manifesto: “Accettare di perdere significa sapere perdere. Invece nei comportamenti prevalenti c’è sempre un colpevole, c’è sempre un motivo: l’arbitro, il tempo, il fuso orario… Saper perdere significa non dare la colpa a nessuno della sconfitta. Solo così potremo imparare a vincere”.

E lui Julio Velasco in tutta la sua carriera ha insegnato ai suoi ragazzi a vincere, se non sempre, spesso e volentieri: non ha coronato il sogno di conquistare l’oro olimpico o di trionfare in una Coppa dei Campioni, ma a Modena sarà per sempre l’uomo di quattro scudetti della Panini negli Anni Ottanta, trasformando in imbattibile una città che prima di lui non riusciva invece più a vincere.
 

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