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Mister Velazquez: «Ho l’Udinese nel cuore, tornerei volentieri se Pozzo mi richiamasse»

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Mister Velazquez: «Ho l’Udinese nel cuore, tornerei volentieri se Pozzo mi richiamasse»

UDINE. Julio Velazquez diventò l’allenatore dell’Udinese il 7 giugno del 2018 e fu esonerato il 13 novembre. 158 giorni di bianconero, un’esperienza breve per un allenatore.

Gino Pozzo lo aveva scelto per portare una ventata di novità, pagò con la panchina l’incredibile sconfitta di Empoli dove l’Udinese, con Lasagna in testa, sprecò una serie di occasioni raramente riscontrabile in una gara di serie A.

Oggi Velazquez allena il Maritimo, società portoghese dell’isola di Madeira, quella dove è nato Cristiano Ronaldo. Arrivato a marzo con la squadra ultima in classifica, è riuscito a salvarla con due giornate di anticipo.

Nel nuovo campionato, dopo sette giornate, è in linea con i programmi fuori dalla zona rossa. Abbiamo pensato a lui per una chiacchierata sull’Udinese e sul calcio in generale, tra passato, presente e futuro.

Velazquez, che ricordo ha di quei 158 giorni all’Udinese?

«Per me è stata una bella esperienza. Amo l’Italia e il suo calcio. A Udine ho avuto l’occasione di conoscere una società straordinaria, una bellissima città, dei calciatori di livello e una tifoseria molto attaccata alla squadra. È finita troppo presto, ma io conservo un ricordo positivo di quel periodo».

Empoli-Udinese 2-1, la gara che le costò la panchina, vide la sua squadra sprecare l’impossibile. Senza tutte quelle finalizzazioni sbagliate sarebbe stata un’altra storia?

«Totalmente, ma il calcio è così. Giocammo una partita straordinaria arrivando dieci volte davanti alla porta e sbagliando pure un rigore.

Giocavamo un calcio propositivo, avevamo tanti giovani, alcuni di loro come Musso, De Paul e Lasagna sono arrivati in nazionale.

Il calendario non fu semplice visto che in casa affrontammo squadre fortissime: Juve, Milan, Napoli e Lazio. E comunque non siamo mai stati in zona retrocessione».

Sia sincero: se l’Udinese un giorno la richiamasse cosa risponderebbe?

«Assolutamente sì. Premetto però che Gotti sta facendo un lavoro straordinario e sono molto rispettoso del lavoro suo e di tutti i colleghi.

L’Udinese ha un allenatore di qualità e gli auguro di continuare a fare bene. Ma se in un futuro arrivasse una chiamate direi di sì.

Tra l’altro mi sento ogni tanto al telefono con Gino Pozzo al quale mi lega un rapporto anche al di fuori del mondo del calcio».

È vero che in estate è stato contattato dal Sassuolo?

«Ho avuto una chiacchierata con più di una società italiana, ma per correttezza non mi piace fare nomi. Poi per vari motivi non si è concretizzato nulla.

Tra l’altro io ho un contratto con il Maritimo fino al 2022 e qui mi sono trovato molto bene».

A marzo accettò la proposta nonostante la squadra fosse ultima.

«È stata una scelta rischiosa, una bella sfida che però ho voluto accettare e che mi ha dato una grande soddisfazione visto che siamo riusciti a salvarci con due gare d’anticipo».

Il Maritimo è la squadra dell’isola di Madeira conosciuta perché ci è nato Cristiano Ronaldo. Come viene visto il portoghese lì? Come una divinità lontana e irraggiungibile? Come uno del popolo?

«CR7 è una figura importantissima qui, ha fatto conoscere Madeira in tutto il mondo. Vi dico solo che l’aeroporto è stato intitolato a lui. Mi sembra un particolare più che eloquente».

La scorsa estate hanno lasciato l’Italia Ronaldo, Lukaku e Donnarumma, ma sono tornati in panchina Allegri, Spalletti e Mourinho. Quando non si è più in grado di tenere i calciatori più costosi ci si affida alle idee degli allenatori più bravi?

«Economicamente tutti i campionati sono andati in difficoltà a causa della pandemia. Io credo che ogni singolo progetto debba essere fatto con testa ed equilibrio e il campionato italiano da questo punto di vista resta uno dei migliori del mondo».

Tra gli allenatori sopracitati a quale si ispira di più?

«In Italia e Spagna ci sono gli allenatori più preparati. Spalletti ha sempre grandi idee, mi piace la filosofia di Sarri.

Conte è un allenatore vincente, De Zerbi ha fatto molto bene al Sassuolo e l’Atalanta e il Milan se sono lassù lo devono anche a Gasperini e Pioli».

Nella nuova serie A si segna di più. Merito anche del cambio di filosofia dato da Mancini in Nazionale?

«Il lavoro fatto dal ct dal punto di vista della mentalità è stato straordinario e in effetti può aver dato un segnale. Oggi si gioca per fare un gol in più dell’avversario, si gioca per vincere invece che per non perdere».

Nella semifinale di Nations League la Spagna ha dato la sensazione di essere ancora un gradino sopra all’Italia.

«Io ho visto una partita tra due grandi squadre, con giocatori di grande qualità. L’espulsione di Bonucci ha sicuramente condizionato lo sviluppo della partita.

Fino a poco tempo fa Spagna e Italia giocavano due calci molto diversi, ora sono molto simili».

Il suo pupillo Rodrigo De Paul in estate si è trasferito all’Atletico Madrid e il suo innesto non è stato così semplice e naturale.

«Premesso che considero Rodrigo come un figlio, per me può giocare in qualsiasi squadra del mondo, lo considero uno dei calciatori più forti. Non lo vedo così in difficoltà, anzi sta facendo bene.

Ha scelto l’Atletico Madrid che ha appena vinto la Liga, è primo in classifica in Spagna ed è messo bene in Champions».

Gli spagnoli sono nel girone del Milan che nello scontro diretto di San Siro meritava molto di più. Adesso i rossoneri sono attesi da due sfide con il Porto. Pronostico?

«È una sfida alla pari. Il Milan non si faccia ingannare dal 5-1 subito dal Porto con il Liverpool. Si troverà di fronte una squadra con una mentalità vincente».

L’Udinese in estate è venuta a pescare in Portogallo la sua punta, Beto. Cosa ci può dire di lui?

«I Pozzo, si sa, sono bravissimi sul mercato nell’anticipare la concorrenza. Beto è partito dai campionato inferiori e lo scorso anno al primo campionato nella Primeira Liga ha vissuto una stagione importante.

Ha forza, potenza, velocità: tante squadre lo volevano. In Italia dovrà trovare una continuità importante».

Se dovesse consigliare un giovane portoghese a Gino Pozzo chi gli indicherebbe?

«Il mio mestiere è quello di allenatore e non sono nessuno per fare questo. L’Udinese ha uomini molto più preparati di me per questo compito».

Mister, lei ha appena compiuto 40 anni. Si può dire che forse è arrivato troppo presto in Italia?

«No, ho cominciato la mia carriera in panchina 25 anni fa, ne avevo solo 15. E quando l’occasione arriva devi accettarla. Fare l’allenatore è la mia passione e tutte le esperienze ti rafforzano».

Nella gara persa col Napoli lei schierò Pussetto esterno a tutta fascia. Con gli altri allenatori ha fatto l’esterno alto o la punta. Qual è il ruolo dell’argentino?

«Attaccante esterno o seconda punta. Adesso non ricordo i particolari della situazione, ma se lo schierai là è perché avevamo problemi in quel ruolo di infortuni e di squalifiche».

Come si sentirebbe nei panni di Pochettino che al Psg deve gestire contemporaneamente Messi, Mbappè e Neymar?

«Sarei felice di averli. Hanno tutti un profilo offensivo, ma si può trovare il giusto equilibrio. Non è giusto però dire che il Psg è obbligato a vincere la Champions League.

Ci sono tante altre squadre forti: Manchester City, Chelsea, Bayern Monaco, Liverpool e Real Madrid».

Mister, ma quanto calcio vede in tv?

«Tantissimo. Quando alleno è un po’ più complicato, ma mi organizzo. Seguo anche la serie B italiana, anche lì ci sono calciatori bravi sui quali è bene documentarsi». —

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