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Bernardi racconta “Mister Secolo”: dalla “passeggiata con Velasco” che gli fece cambiare ruolo alla sua “regola del nove”

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Bernardi racconta “Mister Secolo”: dalla “passeggiata con Velasco” che gli fece cambiare ruolo alla sua “regola del nove”

Se nel calcio si discute del futuro allenatore della Juventus – sarà Maurizio Sarri o Pep Guardiola? – nel volley le indiscrezioni riguardano “Mister Secolo”. O meglio Lorenzo Bernardi, il miglior pallavolista del secolo scorso, allenatore della Sir Safety Conad Perugia (portata alla vittoria dello scudetto nel 2018 e della Coppa Italia quest’anno) che alcuni danno in partenza per Milano, alla Powervolley Revivre, al posto di Andrea Giani, ex compagno di nazionale tornato a Modena per prendere il posto del loro maestro, Julio Velasco. “Sono tutte indiscrezioni riportate in maniera non corretta – taglia corto Bernardi, 51 anni ad agosto – Ho un contratto con Perugia e il mio grande desiderio è allenare Perugia anche il prossimo anno”. Il club del presidente Gino Sirci ha preso tempo per “verifiche ed approfondimenti” e si attende.

Bernardi si presenta in camicia bianca, jeans chiari, Stan Smith immacolate e stampelle, reduce da un intervento. Ancora due settimane di recupero e poi riprenderà a girare: “Andrò a vedere il ritiro della nazionale italiana e qualche nazionale straniera”. Sarà un’estate intensa tra Volleyball Nations League, qualificazione olimpica ed Europei. L’allenatore degli azzurri, Gianlorenzo Blengini, sta preparando una squadra con molti giovani alle prime convocazioni in nazionale maggiore. Non sarà un percorso facile: “Bisogna avere pazienza – commenta Bernardi – Anche noi all’inizio arrivavamo sempre settimi, ottavi, noni e poi abbiamo iniziato a vincere”.

Della sua esperienza Bernardi vuole farne un insegnamento per gli altri. Per questo ha raccontato il suo percorso ne “La regola del nove – come sono diventato Mister Secolo”, edito da Roi Edizioni nella collana Assist creata da Demetrio Albertini. Il nove era il suo numero ed è anche il numero di scudetti vinti: “È un numero molto ricorrente nella mia vita, così ho fatto nove capitoli e nove punti importanti per il raggiungimento degli obiettivi”. Bernardi vuole illustrare “un come e non un che cosa”, cioè un metodo e non dei fatti. E in questo metodo si sente molto l’influenza di Velasco, l’allenatore argentino della “Generazione di fenomeni”: “C’è l’imprinting che ha dato alla Nazionale nel 1989, ma io ho avuto la fortuna di averlo già nel 1985”.

Erano gli anni in cui i due si sono incontrati a Modena, nella Panini, uno dei club più forti di sempre. “Ero il terzo palleggiatore e durante gli allenamenti ero il tuttofare, ruolo chiamato ‘universale’ – premette Bernardi – Un giorno eravamo ad Arona per giocare la finale di Coppa Italia nel 1986. Speravo di giocare un pochino, ma non sono entrato in campo. Dopo la semifinale Julio mi ha chiamato per una passeggiata e mi ha annunciato l’ingaggio di un altro palleggiatore più grande di me di quattro anni, Fabio Vullo. Con lui davanti le porte si chiudevano. Velasco mi propose di andare in prestito, ma per me voleva dire lasciare la squadra più importante del mondo, oppure cambiare ruolo. Scommise che in due anni sarei tornato in Nazionale con quel ruolo”.

Bernardi diede ragione a Velasco, divenne uno schiacciatore e in due anni ottiene la convocazione, in quella nazionale che Velasco ha allenato dal 1989, anno dell’oro agli Europei, seguito da quello dei Mondiali del 1990, dalla delusione delle Olimpiadi del 1992 dove gli azzurri erano favoriti e (dopo altre grandi vittorie) dalla seconda delusione olimpica, quella di Atlanta 1996 con la finale persa contro l’Olanda: “Abbiamo perso, ma non ci dobbiamo recriminare niente – ricorda Bernardi – Avevamo ceduto al tie-break 16 a 14, con alcuni giocatori infortunati. Tutte le situazioni in cui c’è una sconfitta, un infortunio o una caduta fanno crescere”. Quella finale gli è tornata in mente il 14 maggio scorso, quando la sua Perugia ha perso lo scudetto in gara cinque, sconfitta al tie-break dalla Lube Civitanova: “C’è stata amarezza nel perdere così, soprattutto perché vincevamo due set a zero. Ho rivissuto l’esperienza di Atlanta 1996, quindi capivo i miei ragazzi perfettamente e li ho ringraziati perché ero orgoglioso di loro”.

Dopo quella sconfitta di Atlanta, Velasco lascia la nazionale maschile: “Ci ha lasciato una mentalità. Ci ha insegnato a fissarci degli obiettivi e non accettare le situazioni, ma ad affrontarle per farle diventare vincenti”. Bernardi ritrova il suo maestro diversi anni dopo, con altri panni. Nel 2009 mister Secolo allena la Nazionale B e la porta alla vittoria dei Giochi del Mediterraneo: “La mia prima vittoria da allenatore è stata proprio in quella finale contro la Spagna allenata da Velasco. Non era soddisfatto per la vittoria della mia squadra, ma perché avevo raggiunto lui, un mio punto di riferimento”. Una soddisfazione simile a quella vissuta quando nel 2001 è stato premiato come miglior giocatore del ventesimo secolo insieme a Karch Kiraly, schiacciatore della nazionale statunitense, oro olimpico nel 1984 e 1988, e primo giocatore a vincere la medaglia d’oro nel beach volley nel 1996, anno del debutto come disciplina olimpica. “È sempre stato un grande punto di riferimento quando giocavo – ricorda –  Non era una semplice sfida, volevo copiare il più possibile il più grande di tutti i tempi, essere come lui. Ed essere premiato insieme a lui è stato il compimento di un progetto”.

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