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Federico Ruzza e l’Italia del rugby: “Non si può essere soddisfatti solo per una partita vinta. Due gli aspetti da migliorare”

Federico Ruzza è stato l’ospite dell’ultima puntata di OA Focus – speciale rugby, in onda sul canale Youtube di OA Sport. La “seconda linea” del Benetton Treviso, si è raccontato a 360 gradi, toccando diversi argomenti, dagli inizi, passando per il presente, fino agli obiettivi futuri del nativo di Padova.

Federico Ruzza, classe 1994, pedina fondamentale di Treviso e nazionale, inizia il suo racconto dal ruolo che ha assunto in campo e fuori:Se posso essere considerato un punto di riferimento per i miei compagni di squadra? Non lo so, penso che siano gli altri a decidere se posso esserlo – sorride – Io, per come sono fatto, posso sempre dare una mano a tutti e l’ho sempre fatto molto volentieri e mettermi a disposizione. Avere un riscontro di quello che faccio, ovviamente, non può che dare soddisfazione. Diciamo che un giocatore può fare di tutto per essere importante nel gruppo, ma senza la conferma dei compagni…”. 

Federico Ruzza, giunto ormai a 31 anni, ha alle spalle una carriera lunga ed importante. Gli inizi, tuttavia, sono stati particolari:I miei primi passi in questo sport? Diciamo che ho iniziato “per sbaglio”, se così si può dire. Bisogna tornare addirittura al secondo giorno della prima elementare. A rugby giocava un mio amico a 6 anni. Mi disse se andavo con lui nel pomeriggio a giocare. Io non sapevo nemmeno cosa fosse quello sport. Conoscevo calcio e basket, e basta. Da quel giorno non ho mai smesso con il rugby, iniziando con il CUS Padova. Come spesso capita quando sei piccolo ti appassioni ad uno sport con gli amici, ed eccomi qua. Come ho proseguito? Ho sempre giocato, poi lo sviluppo fisico l’ho avuto attorno ai 16-17 anni. Prima ero solo più alto della media, anche se non quasi 2 metri come ora. Dai 10 ai 15 anni non ero certo il più forte della squadra, ma l’importante era la passione che mi trascinava”. 

Una carriera lunga nel rugby. Come in ogni cosa, lo sport ti dà tanto ma, di pari passo, qualcosa toglie.Per qualcuno può essere un peso ma, ripensando a quando ero ragazzo, non ho mai pensato che vivere in quel modo fosse come negarmi qualcosa di diverso. Ho sempre pensato a quanto ero fortunato a vivere questo sport con i compagni, anche i raduni estivi, oppure andare a giocare in posti che sognavi da bambini. Il rugby e la vita da sportivo sono sempre stati opportunità per me e non una privazione”. 

Tornando alla carriera di Ruzza, il primo step a livello professionistico è arrivato con le Zebre Parma. “Senza dubbio la mia esperienza ad alti livelli. Nel 2015. In precedenza mi allenavo con loro, quindi ho avuto modo di disputare le prime partite. Dall’anno successivo sono entrato in squadra in pianta stabile e ho realizzato il mio primo sogno. Il traguardo che sognavo e che si è realizzato. Sicuramente una esperienza che ricordo con grande piacere e che mi è servita tanto per il prosieguo della mia carriera”.

Ruzza ripercorre quei momenti con le Zebre: “Il primo anno, inizialmente, avevo faticato. Poi, passo dopo passo, sono diventato una pedina della squadra. Anzi, verso la fine della stagione ero entrato maggiormente nelle rotazioni. Non ricordo un match specifico che mi ha dato la sensazione del salto di qualità. Ripenso, però, alla partita con il Leinster giocata sotto il diluvio. Presi il premio di migliore in campo nonostante la sconfitta. Un aspetto che non succede spesso”. 

Dopo le Zebre, dal 2017, è arrivato l’approdo alla Benetton Treviso: “Sicuramente, da padovano che non ha mai giocato nel Petrarca, ho sempre ammirato Treviso. Da bambino andavo spesso a vedere i match. Ho sempre avuto grande fascino per quella maglia che ora indosso. Il ritorno a casa è stato importante per me. Dopo tanti anni qui posso dire che mi sento molto legato a questa realtà e sono molto orgoglio di rappresentarla”. 

Di pari passo, la seconda linea classe 1994, ha messo in scena una splendida esperienza anche in maglia azzurra con 64 caps: “Penso che sia banale dire che vestire quella maglia è un sogno e un privilegio. Il valore che do a quella maglia è perché rappresenta una occasione unica. Anche solo giocare una partita è un sogno e ti dà la carica per migliorare ancora perché non è scontato che una seconda occasione si ripresenti”.

Italia che, com’è ben noto, è protagonista nel Sei Nazioni: “Senza dubbio il torneo più bello del mondo. Il Mondiale di rugby è sempre il Mondiale e, di conseguenza, ha il fascino di disputarsi ogni 4 anni. Il Sei Nazioni, però, è impareggiabile, il torneo con più storia”.

Ruzza analizza l’andamento dell’Italia nel Sei Nazioni:Dare un voto al nostro percorso penso sia difficile. Ci sono cose buone e altre meno buone. Abbiamo vinto una partita ed è sempre importante ma, dall’altro lato, è sbagliato pensare che se centri un successo poi si possa essere a posto e soddisfatti. Ogni sfida è a sé e bisogna sempre prepararsi al massimo per ogni appuntamento. Rimpianti? Non posso parlare di rimpianti ma, probabilmente, non abbiamo giocato al nostro massimo, parlando di prestazioni. Rispetto al 2023 abbiamo avuto più alti e bassi, anche nel corso dello stesso incontro. Contro la Francia abbiamo vissuto una prestazione molto negativa, mentre con l’Irlanda abbiamo perso ma eravamo vicini”. 

Gli aspetti da migliorare, per il giocatore di Treviso, sono chiari:Dobbiamo performare lungo tutti gli 80 minuti e cercare di mettere in pratica tutto quello che proviamo in allenamento. Nel Sei Nazioni sappiamo bene contro chi giochiamo, ma dobbiamo anche renderci conto che se mettiamo in campo le nostre qualità possiamo giocarcela”. 

Tornando a Ruzza in prima persona, la seconda linea veneta si analizza come giocatore:La mia caratteristica migliore? Non sono mai stato il più prepotente a livello fisico, ma ho sempre preferito capire il gioco e cosa fanno gli altri in campo. Diciamo che più informazioni hai in magazzino, più capisci quello che succede attorno a  te nei momenti clou. La comprensione del gioco è fondamentale e per me lo è ancora di più dato che non potevo dominare il gioco a livello fisico. Per fare sport ad alto livello il fattore mentale, sotto forma di forza e elaborazione delle informazioni e dei dati in modo istantaneo, ovvero prendere le decisioni giuste, deve essere altissimo. Il fattore fisico non passa in seconda piano, ma direi che più sei preparato più sei pronto ad affrontare quei momenti se sei più lucido. Bisognerebbe insegnare maggiormente ad elaborare le situazioni nei momenti decisivi”. 

Ultima battuta sui sogni nel cassetto che Ruzza ha ancora: “Sicuramente mi piacerebbe vincere un torneo importante con Treviso. Cosa farò dopo il rugby? Non lo so, vedremo. Di sicuro vorrei lavorare nello sport. Dall’anno scorso ho iniziato ad allenare i ragazzi, partendo dall’under 16. Un impegno che mi piace molto”. 

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