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Mija, da Contovello verso la maglia azzurra «Il karate è la mia arte»

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TRIESTE Da bambina ha abiurato bambole e palloni preferendo giocare soprattutto all’aria aperta, correndo, magari assieme ai suoi adorati cani. Oggi, a 21 anni da compiere il prossimo 16 maggio, Mija Ukmar corre ancora. Ma inoltre salta, para e colpisce, insomma si impegna nel tradurre le tecniche del karate, quello di stampo tradizionale, percorso che vive anche in chiave agonistica e con cui ha saputo conquistare un posto all’interno della rappresentativa azzurra della Fikta (Federazione italiana karate tradizionale e discipline affini), la nazionale della sua federazione.

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Ventuno gli anni compiuti, quindici gli anni di pratica e tutti vissuti alla corte della società Shinkai Club Karate di Sgonico diretta da Sergio Štoka, il “dojo” (luogo di pratica) carsolino dove Mija Ukmar ha raggiunto il grado di cintura nera secondo dan e soprattutto conquistato qualche buon risultato nella specialità del kata (forme) il ramo marziale che si veste dello stile storico – lo shotokan in questo caso – guardando alle prassi della pura tradizione.

Tecnica quindi, senza compromessi. Una “via” che Mija Ukmar ha accettato sin da bimba, sospinta all’epoca dai genitori, a loro volta incuriositi dalla formula “porte aperte” proposta dal club dell’Altipiano carsico triestino: «Ero l’unica ragazzina – ricorda Mija Ukmar – partecipai naturalmente alla giornata di prova per gioco e la cosa mi piacque sin da subito. Avevo solo sei anni, non potevo ancora capire cosa potesse comprendere il karate. Solo più tardi ne avrei intuito il dovere della continua concentrazione e un impegno pressoché costante per poter ambire a qualcosa di concreto».

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Mija prende quindi la cosa sul serio, veste il suo “karategi” (kimono per il volgo) nel segno della costanza e vive la disciplina con almeno 4 o 5 sedute settimanali. Il resto della sua vita si traduce prima nel diploma al liceo socio-umanistico “Anton Martin Slomšek” con lingua d’insegnamento slovena e poi nell’iscrizione all’Università di Capodistria, dove ha optato per il corso di laurea in Scienze della Educazione, percorso questo giunto al suo secondo anno.

Nel vissuto ci sarebbe anche un altro lembo artistico, non marziale quanto musicale. Sì, perché la bionda karateca di Contovello vanta anche una esperienza da flautista nella banda di Prosecco, un canale poi abbandonato seccamente: «A un certo punto ho capito che la musica mi piaceva, sì – racconta divertita – ma soprattutto nell’ascoltarla, non certo nell’eseguirla».

La banda prosecchina perde così un tassello ma la squadra italiana della Fitka di forme, in compenso, recluta una valida triestina. Il palmares agonistico si nutre così nel tempo di qualche podio e piazzamenti, come il primo posto al “Trofeo delle Regioni” del 2018 a Parma nella categoria Speranze +55 chilogrammi oppure il secondo posto all’European Karate Cup sotto l’egida della Libertas.

La cintura nera della Fitka arriva nel 2014, tappa decisamente importante, è chiaro, ma non tale da scongiurare una piccola crisi nella concezione della pratica: «Ho pensato a un certo punto di smettere – confessa Mija Ukmar – i motivi erano vari, stavo poi crescendo, difficile spiegarlo. Fortunatamente sono stata spronata sia dalla mia famiglia che dai miei tecnici. Ringrazio soprattutto i miei genitori, Erica e Walter, per avermi dato la forza».

Crisi superata dunque. La cintura nera non va così a far compagnia al flauto in cantina e Mija Ukmar riassapora a piedi nudi sul campo, giorno dopo giorno, quella rotta di concentrazione e impegno indicata dall’arte della “Mano Vuota”.

Le arti marziali ai tempi del Covid poi dovranno assestarsi, quasi reinventarsi in trame e formule per esistere e resistere. Temi che hanno inevitabilmente condizionato una programmazione sportiva: «Gli ultimi due anni sono stati troppo difficili per chi pratica attività ritenute da contatto – ribadisce la karateca – anche noi ci siamo in qualche modo arrangiati, soprattutto con allenamenti di carattere privato. Per me poi è anche arrivata la convocazione ai raduni della Fitka che si svolgono a Milano, diretti dal direttore tecnico Pasquale Acri. Ero nel giro di questa nazionale da qualche anno ma finalmente ora – ha aggiunto – mi sono ritagliata un posto. Di conseguenza quindi l’impegno è diventato decisamente maggiore».

Mija Ukmar nel frattempo è tornata a correre nei boschi, come faceva da piccola con i suoi cani, affilando almeno il fiato per le prossime convocazioni con la nazionale della sua federazione sportiva, i cui prossimi impegni su scala internazionale, sempre alla luce della pandemia, sono al momento tutti da definire.

A proposito di futuro. Accanto alle affermazioni sportive, c’è anche una laurea da conquistare e da mettere poi in pratica nel campo professionale della didattica. Già, l’insegnamento. Chissà se anche il karate seguirà poi tale via: «Dico di no – afferma decisa Mija Ukmar – mi vedo magari lavorare da maestra con i piccoli nelle scuole ma del karate al momento sono quasi gelosa, provo uno strano sentimento astratto, molto intimo. Ho curato qualche lezione ma nel complesso il karate è una cosa ora solo mia, difficile da trasmettere, ma più facile da custodire

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