Il 2025 dell’Inter: l’Odissea calcistica in un mare di emozioni
Il 2025 è giunto al termine, è tempo di tirar somme e fare bilanci. Probabilmente ci stiamo lasciando alle spalle l’anno più intenso del nuovo millennio, paragonabile solo al 2010, non per le gioie però.
Il buongiorno si vede dal mattino
Nessuno di noi aveva immaginato, visto il pochissimo prestigio della competizione, che la finale di Supercoppa Italiana del 6 gennaio 2025 sarebbe stata una Cassandra per le sventure che ci avrebbero atteso durante l’anno solare.
Una vera e propria sintesi, in 90 minuti, dei primi 9 mesi della nostra squadra del cuore.
Primo tempo da “ingiocabili”, aggettivo entrato anche nella Treccani e che penso faticheremo ancora a lungo prima che smetta di essere uno sfottò.
E poi eccolo lì, il secondo tempo, quello decisivo. I famosi secondi tempi di Inzaghi, quelli in cui la squadra entra in campo come se avesse abusato di un mix letale tra camomilla e valeriana.
3-2, gli odiati cugini del Milan ci rimontano in un tempo e regaliamo il primo (e unico) trofeo della stagione proprio a loro, alla seconda panchina di Conceicao sulla sponda sbagliata dei Navigli.
La primavera dei sogni in grande
Quanto è bella la primavera?
Le giornate si allungano, i ciliegi fioriscono, il tempo diventa mite e… il campionato si infiamma.
Dopo un eterno testa a testa, il 30 marzo riusciamo a essere saldamente in prima posizione, vincendo (e soffrendo parecchio) contro l’Udinese che con il 2-1 di Solet ha reso quella partita molto più difficile di come sembrava (e ci risiamo) nel primo tempo.
Inter prima in classifica, +3 dal Napoli.
Una prova di forza che ci faceva stare sereni, pronti ad affrontare (e poi superare) il Bayern nei quarti di Champions League, con un’Inter sempre più bipolare, fortissima fuori dai confini e sempre più traballante in patria.
Peccato che quella sicurezza sia durata poco visto che, subito dopo, a riportarci coi piedi per terra è arrivato il Parma di Chivu, che rimontando il 2-0 (indovinate un po’ quando), ci ha impedito di “ammazzare il campionato”.
Il Barça, la Lazio e la lezione di Icaro
Sarebbe potuta finire diversamente se, in quest’anno pazzo di risultati assurdi, incroci fatali e classe arbitrale non all’altezza, avessimo imparato dallo sbaglio di Icaro ad essere sì ambiziosi, ma prudenti.
Dopo le prime avvisaglie di una forma non proprio smagliante in semifinale di coppa, ecco i cugini che tornano a romperci le uova nel paniere: Milan-Inter, semifinale di ritorno di coppa Italia finisce 3-0, addio al triplete bis, abbiamo ancora campionato e Champions no?
Da una semifinale a un’altra, quella di Champions meriterebbe un articolo (ma che dico? Un libro!) a sé:
il tacco di Thuram, il talento di Yamal, il gol di Acerbi e quello dopo di Frattesi che ci hanno fatto esplodere il cuore di gioia…
Tutto bello ma come abbiamo fatto a non vincere niente?
Eh sì perché, mentre quel burlone di Chivu bloccava il Napoli, noi non abbiamo affondato il colpo e, come quel famoso 5 maggio, abbiamo perso lo scudetto cotro la Lazio, agli sgoccioli del campionato.
Tutto rimandato all’ultima giornata, con tutto l’ambiente Inter, tifosi compresi, che ingoiano la delusione cocente guardando con occhi sognanti al 31 maggio, mentre alcune voci, costantemente smentite dalla dirigenza, parlano di un addio di Inzaghi.
L’ora (e mezza) più buia
Penso che ogni tifoso interista possa raccontare minuto per minuto quel 31 maggio, il giorno della finale.
Chi non ha dormito, chi non ha mangiato, chi per scaramanzia ha ripetuto ogni singolo gesto e azione del giorno della semifinale di ritorno col Barcellona.
I sogni, le delusioni, la fatica (emotiva) della stagione, tutto messo in stand-by per un giorno, per una partita, LA partita… più dolorosa.
Neanche il tempo di battere il calcio di inizio che i più furbi e realisti già iniziano a prepararsi: Il Paris Saint-German è di un’altra pasta.
Ed ecco il gol di Hakimi, che non esulta, che fa male ma non abbatte i cuori di chi ancora ha il coraggio di sognare.
Poi la traversa, “siamo vivi” abbiamo pensato.
Devono averlo pensato anche gli avversari, che hanno ben deciso di ammazzarci col secondo gol, poi col terzo, poi…
Fa ancora troppo male, meglio non continuare, tanto sappiamo tutti com’è andata.
Giugno, rivelazioni, rabbia e saluti
Un vecchio detto ammonisce “quando la nave affonda, i topi scappano” e, dopo due lunghissimi giorni nella bufera di notizie, ci svegliamo con la notizia dell’addio di Inzaghi e subito dopo con quella del suo approdo all’ Al-Hilal.
Neanche il tempo di annunciare il successore che piovono le peggiori affermazioni, riempiendo goccia dopo goccia un mare intero di pessimismo.
Tra un “banter era”, uno spritz, un “è finito il ciclo dell’Inter”, un bagno al mare e un “si torna a lottare per il quinto posto”, ecco che dopo il rifiuto di Fabregas alle suppliche nerazzurre arriva lui, proprio lui: Christian Chivu.
Un uomo con poche panchine ma tanto potenziale, uno che non evita le conferenze stampa ma le rende uno show, uno che lavora molto e si lamenta poco.
Dopo la dimenticabile prestazione negli USA per il Mondiale per Club, il litigio tra Calhanoglu, Marotta e Lautaro, l’ipotesi di cessione persino del magazziniere, finalmente quest’atroce stagione è finita.
L’estate delle disillusioni
Venghino signore e signori venghino!
Siamo nel momento dell’anno più caotico, irrazionale, mitologico e superstizioso per il giornalismo sportivo: il calciomercato.
La cosa più vicina all’oroscopo che il mondo del calcio ha da offrire.
Dichiarazioni pompose, speranze di ristrutturazione, un ambiente da risollevare, dei tifosi da “gasare” per l’anno nuovo.
Koné, Keita, Nico Paz, Beukema, Santiago Castro, Ricci, Lookman non sono arrivati.
Dopo Sucic e Luis Henrique, presi già a giugno, una trattativa di 20 giorni per portare a casa Bonny, la non cessione del golden boy Pio Esposito, la cessione di Zalewski, l’infinita telenovela Lookman (poi Koné) e gli arrivi last-minute di Andy Diouf e Akanji, i cuori dei tifosi, già anneriti dalla sofferenza e spezzati dalle delusioni, subiscono un altro colpo.
Il messaggio è chiaro: nessuna rivoluzione.
Ed è proprio quello che non ci voleva, nessuno avrebbe sperato di mantenere lo status-quo dopo una stagione allucinante e senza trofei.
La nuova/vecchia Inter di Chivu
Eccoci cara Serie A, siamo tornati!
Pronti, via! 5-0 al Toro.
Ah no, poi c’è l’Udinese… Vabbè ci sta è agosto…
Ah anche la Juve? Vabbè ma se Sommer non ha le mani…
Ecco vedi! 5 vittorie di fila! Siamo tornati!
Che sfiga con l’Atletico però… Insomma, un avvio un po’ altalenante.
Poi c’è il nuovo paradosso filosofico, un’evoluzione del gatto di Schrödinger: La big di Chivu.
Fin quando una squadra non gioca con l’Inter, è contemporaneamente una big e una piccola: se i nerazzurri vincono allora è una piccola, se perdono Chivu non vince mai con le big.
I fatti dicono, per quello che valgono visto che siamo quasi all’esatta metà della stagione, che il nuovo mister ha risollevato il morale di una squadra reduce da una tragedia simile al Maracanazo e, tranne per qualche inciampo (non nuovo rispetto alla vecchia gestione), è ancora in lotta per le prime 8 in Champions, guarda la classifica dalla vetta nonostante ci sia un match da recuperare e ha valorizzato praticamente tutta la rosa, tranne due o tre elementi.
Molto è migliorato, molto è ancora da migliorare.
Bilancio di fine anno
Erano anni che non ci divertivamo così, parafrasando un famoso sketch dei tre grandi interisti Aldo, Giovanni e Giacomo.
Purtroppo però, non è passato altrettanto tempo dall’ultima volta che abbiamo elargito generosamente trofei ad altre squadre, rinunciandoci troppo presto.
Di certo non si può dare al 2025 un voto positivo, non è nemmeno immaginabile dopo aver vinto zero trofei, essere entrati (in negativo) nella storia della Champions League, nemmeno un derby vinto per consolazione, nessuna mossa societaria che possa farci essere troppo ambiziosi…
L’anno appena concluso di certo sarà indimenticabile: abbiamo visto partite incredibili, sognato così forte da farci male, pianto lacrime amarissime e nonostante tutto, eccoci ancora qua.
Che il 2026 possa essere l’anno dell’Inter, di Chivu, della rinascita affermata.
Che il 2026 possa portare belle emozioni, forti almeno la metà di quelle dell’anno che stiamo salutando.
Buon anno a tutti, amici interisti.

