Fifa: Infantino, il Nobel dei ruffiani e l’Elogio della Follia
Gianni Infantino, presidente della Fifa, con l’aria di chi conosce in anticipo e sta per rivelare l’esito del prossimo Campionato del mondo, consegna a Donald Trump un Peace Prize di sua sopraffina invenzione. Non può che trattarsi del Nobel di Zurigo, la versione calcistico-burocratica del premio di Stoccolma che, ahinoi, non era arrivato al Tycoon. Una vera tragedia per l’acchiappatutto Donald. Ci pensa lui, Infantino. Puntuale come la pubblicità della Coca Cola ai Mondiali, il presidente della Fifa si autoproclama Comitato dei Nobel in maglietta, pantaloncini e scarponcini, e pone rimedio.
C’è da stupirsi? Macché. Oggi, in America e nel mondo intero, pare sia sport nazionale compiacere “il papà”: lui, il patriarca insolente che sgrida, redarguisce, ammonisce, espelle con la stessa grazia dell’arbitro Moreno in Italia-Corea del Sud agli ottavi dei Mondiali del 2002. L’arrogante presidente che urla alla tremante Europa, sorpresa ancora con le mani nella marmellata ucraina che intima: “Siete molli! Dormite! Vi costringerò a chiudere”.
Del resto, non dimentichiamo l’ammirazione, tanto sbandierata quanto scenografica, che il magnate riceve dai palazzi più gelidi dell’Est. La geopolitica moderna, pare, funziona come una globalizzata classe delle medie: basta che uno dei più grossi si autoproclami capoclasse e subito arrivano sorrisetti, passaggi di bigliettini, colpetti di gomito e ammiccamenti di complicità.
Così, quando vediamo Infantino che con passo felpato avanza verso il Maestro e lo glorifica, la nostra mente vola alla prossima estate del Mondiale in America che per l’italo svizzero, nato nel Vallese, sarà lunga e torrida. E lo sarà non solo per il caldo ma perché dovrà trascorrerla vicino, vicinissimo, a quella testolina bionda e bollente che pretende costante adorazione come un idolo eletto a furor di telecamere.
Nel grande barnum del pallone la politica è quella cosa che invece di star fuori è sempre al centro del campo e, per questo possiamo immaginare quanto sia difficile resistere quando il vento del potere soffia così forte che riesce a spettinare anche chi non ha il ciuffo.
Ma il premio della pace consegnato come una medaglia di consolazione, quello no, quello è un colpo di genio talmente folle che pare un bel regalo all’Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam: “Comunque parlino solitamente di me i mortali, conosco bene la brutta fama della Follia anche tra i più folli, io sola tuttavia, io sola vi dico, rallegro con la mia divina potenza dei e uomini. Prova grande e più che sufficiente è che appena mi sono presentata a parlare in questo affollatissimo consesso, tutti i volti si sono illuminati di nuova allegria. Avete subito spianato la fronte, applaudito con uno scoppio di risa lieto ed affettuoso.”
Forse il filosofo olandese lo aveva già previsto, cinque secoli fa.
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