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RISVEGLI

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La Roma si risveglia a Cagliari, scossa da un pomeriggio storto che la riporta con i piedi per terra dopo settimane vissute in quota. La sconfitta di ieri non è un incidente di percorso: è un segnale che la squadra di Gasp, pur protagonista fin qui di un campionato straordinario, sta attraversando la prima vera fase di flessione. Non è un disastro, né un tracollo tecnico, ma una frenata evidente: la Roma che fino a due giornate fa comandava la classifica oggi mostra limiti che erano rimasti nascosti finché ritmo, intensità e fiducia viaggiavano al massimo.

Ora che quelle certezze vacillano, emergono le crepe — fisiche, tecniche e anche mentali — con le quali Gasperini dovrà misurarsi senza perdere tempo. E se contro il Napoli c’era l’alibi dell’aver affrontato una squadra superiore e con ambizioni diverse, stavolta all’Unipol Domus si è vista una Roma brutta, lenta, prevedibile e fisicamente schiacciata da un avversario che ha semplicemente messo in campo più fame.

Il Cagliari ha fatto ciò che Gasp chiede da sempre alla sua squadra: aggressività, ritmo, gamba. Paradossalmente, lo ha fatto meglio della Roma. I giallorossi sono entrati molli, confusi, senza una vera identità offensiva. L’attacco resta un rebus irrisolto: Baldanzi falso nove è un esperimento che Gasp continua a proporre, ma che continua anche a smentirlo. Ferguson fuori, Dybala non al meglio, centravanti assente: la Roma è partita già monca. E quando ti presenti senza peso davanti, devi almeno avere velocità, tecnica e spinta sulle corsie. Niente di tutto questo si è visto ieri in Sardegna.

L’assenza di Wesley è pesata come un macigno. Senza di lui, le fasce si sono trasformate in una palude: Celik e Tsimikas sono stati tra i peggiori in campo, lenti nelle letture e imprecisi tecnicamente. E il turco, per completare il quadro, ha scelto il momento peggiore per complicare le cose: la sua espulsione a inizio ripresa ha tolto alla Roma anche quel filo di equilibrio che ancora teneva insieme la baracca.
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Da lì in poi, la partita è diventata un monologo rossoblù, con la Roma incapace di ripartire e in grado solo di pregare che Svilar continuasse a compiere miracoli. E il portiere serbo, ancora una volta, ha salvato tutto ciò che era umanamente possibile. Ma non poteva nulla contro il destro chirurgico di Gaetano.

Dalla panchina non sono arrivati segnali di svolta. I cambi non hanno inciso, anzi: Dybala e Ferguson non hanno spostato mezzo grammo in avanti il peso offensivo della Roma, mentre la scelta di Ghilardi largo a sinistra su Palestra si è dimostrata un azzardo che ha ulteriormente complicato una serata già storta.

La Roma esce dall’Unipol Domus con la seconda sconfitta consecutiva e con la peggior prestazione della stagione. Un campanello d’allarme che suona forte, perché quando la squadra non riesce più a tenere ritmi alti — vero marchio di fabbrica di Gasp — emergono tutte le crepe tecniche e strutturali.

La classifica resta positiva, grazie alla grande mole di punti costruita prima di questo calo, ma il calendario non perdona: giovedì c’è la (scomoda) trasferta in Scozia di Europa League, poi Como e Juventus in campionato. È il momento di rimettere in campo corsa, idee e identità. Perché questa Roma, quando gira, sa essere una squadra vera. Ora sta a lei riaccendersi e tornare subito a dimostrarlo.

Giallorossi.net – Andrea Fiorini
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