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EFC | Domani la ripresa. Da Chiavari un passo avanti… verso la “crisi”

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Riprenderà domani il lavoro degli azzurri in vista del prossimo impegno di campionato. La giornata odierna sarà dedicata al riposo: di fatto, il primo vero giorno libero da quando Alessio Dionisi ha assunto la guida tecnica dell’Empoli, trovandosi immediatamente immerso in un tour de force che lo ha portato a giocare quattro partite nello spazio di due settimane. Da capire se, da qui alla gara con il Catanzaro, ci saranno recuperi tra i giocatori attualmente ai box per problemi fisici: Haas, Ceesay, Lovato e Nasti restano monitorati dallo staff medico. Sicuramente rientrerà a disposizione Salvatore Elia, che ha scontato il turno di squalifica. Quella che si apre sarà quindi la prima vera settimana tipo a disposizione di Dionisi, qualche giorno in più per lavorare sul gruppo e provare a imprimere i primi segnali della sua idea di squadra. Dopo il match contro il Catanzaro, inoltre, arriverà una nuova sosta per le nazionali: un periodo che andrà sfruttato al meglio, soprattutto alla luce della gestione non ottimale dell’ultima pausa, che aveva complicato il passaggio tra l’era Pagliuca e l’arrivo del nuovo allenatore. La partita contro il Catanzaro diventa inevitabilmente un banco di prova molto importante. Se alla vigilia della gara di Chiavari si parlava ancora di leggerezza e dell’assenza di obblighi, oggi — dopo quanto visto contro l’Entella — quelle attenuanti non possono più bastare. Non vincere, o peggio ancora offrire un’altra prestazione impalpabile, aprirebbe scenari ancora più inquietanti di quelli che già aleggiavano, seppur mitigati dal poco tempo avuto fin qui da Dionisi per lavorare. Il giudizio sulla gara di ieri, infatti, non può che essere completamente negativo. La squadra ha perso, e nel calcio il risultato resta sempre la chiave che definisce la classifica e spesso anche il giudizio complessivo su una stagione. Ma al di là del punteggio, è stata la prestazione a preoccupare: anche con un eventuale 0-0 strappato per caso sarebbe stato difficile parlare di prova sufficiente. Dopo la brutta partita contro la Sampdoria — dove il pareggio era arrivato più per episodi che per convinzione — ci si aspettava contro l’Entella una reazione emotiva, di orgoglio, di coraggio. Lo stesso coraggio evocato più volte da Dionisi. Ci si aspettava un Empoli capace di far valere quella qualità che, almeno sulla carta, dovrebbe essere superiore a quella dei liguri. Invece, nulla di tutto questo si è visto. La prestazione di Chiavari è stata scialba, povera di idee, vuota da un punto di vista emotivo. Il primo tempo è stato ai limiti dell’imbarazzante: l’Entella, pur con evidenti limiti tecnici, ha messo in campo intensità, aggressività, fame. Valori che l’Empoli non ha mai mostrato. Gli azzurri sono apparsi bassi, sfilacciati tra i reparti, incapaci di creare pericoli, con una mole di errori — spesso elementari — davvero difficile da comprendere per una squadra che vuole competere in questa categoria. La ripresa ha mostrato qualcosa in più, ma troppo poco per essere significativo. Nei primi minuti è stato Fulignati a tenere a galla la squadra con un doppio intervento miracoloso. Per vedere l’Empoli affacciarsi in avanti con una certa continuità è stato necessario attendere la metà del secondo tempo, e anche in quel caso ci si è affidati più a conclusioni casuali da fuori che a un reale costrutto di gioco. Il gol subito — e anche questo è un refrain ormai preoccupante — è arrivato nel modo più prevedibile: su palla inattiva. Nonostante la fase difensiva generale sia migliorata rispetto alla precedente gestione, resta un dato inequivocabile: in 13 gare ufficiali tra campionato e Coppa Italia, l’Empoli ha sempre subito almeno un gol. Nel finale è arrivato il classico assalto della disperazione, che ha portato all’unico tiro realmente pericoloso degli azzurri, respinto dal portiere dell’Entella. Un fuoco di paglia, mentre i padroni di casa avevano già sfiorato il raddoppio in precedenza. Una reazione tardiva, più figlia della disperazione che di un vero carattere di squadra.

Molto male. C’è poco da girarci intorno e praticamente nulla da salvare. Da settimane ripetiamo che questa squadra dà la sensazione di avere qualità ancora inespresse, un potenziale che potrebbe emergere con continuità. Ma prestazioni del genere — e soprattutto la loro ripetitività — iniziano a mettere seriamente in discussione questa convinzione. Perché, dopo undici giornate di campionato, con un cambio di allenatore avvenuto alla settima e con una “scossa” che sotto la gestione Dionisi, di fatto, non si è mai vista, è difficile continuare a cercare appigli. I numeri parlano chiaro: due pareggi interni e due sconfitte esterne da quando è cambiata la guida tecnica. Una media punti che anche un bambino potrebbe definire da retrocessione diretta. E se l’analisi interna continua a puntare il dito su problemi mentali e caratteriali, è evidente che trovare una soluzione non sarà semplice. Nel calcio — come in tutto lo sport — sono i risultati a curare le ferite: senza vittorie, il rischio è scivolare in una sorta di depressione tecnica e psicologica dalla quale diventa poi complesso riemergere. Senza voler cercare ironie fuori luogo, forse più che un nuovo allenatore a questa squadra servirebbe un mental coach, capace di lavorare sulla testa dei singoli. Con il passare delle settimane, anche una piazza tradizionalmente equilibrata e poco incline all’allarmismo come quella empolese comincia, inevitabilmente, a far crescere le proprie pretese. E questo vale anche guardando al traguardo più basso ma più realistico: la salvezza. Parlare oggi di lotta per non retrocedere sembra ancora prematuro, ma solo perché ci si limita a fotografare l’idea che abbiamo dell’Empoli in cadetteria. Però, continuando così, anche l’obiettivo dichiarato dal club sarebbe oggettivamente a rischio. E, di riflesso, iniziano ad affiorare dubbi sempre più consistenti anche sulla costruzione della rosa e sulle scelte operate in estate. La fiducia, per quanto ancora ci si sforzi di mantenerla, si sta assottigliando. Il dispiacere sportivo uscito da Chiavari è forte, ma sono soprattutto i dubbi a pesare: dubbi sulla reazione del gruppo, sulla capacità di rialzarsi, sulla direzione intrapresa. La speranza è che, con un minimo di tempo in più a disposizione, Dionisi possa finalmente iniziare a lavorare davvero sulla squadra, inserire quei correttivi tattici che tutti attendiamo e provare a innescare quella svolta che adesso sembra lontana. Ritrovare i risultati diventerebbe così il primo passo per recuperare la leggerezza mentale che oggi è totalmente assente e che potrebbe invece restituire all’Empoli un’identità tecnica finalmente riconoscibile. Lo abbiamo scritto ieri e lo ribadiamo: non vogliamo ancora usare apertamente la parola “crisi”. Ma quella parola, ormai, è dietro l’angolo. E la gara di sabato, l’ultima prima della sosta, contro il Catanzaro, rischia di essere “decisiva”: se le cose non dovessero andare come auspicato, potrebbe essere proprio lì che, per la prima volta, saremo costretti a pronunciarla.

Guardando alle prestazioni dei singoli, è evidente che ci sia davvero poco da salvare. La sconfitta e la prova collettiva negativa finiscono inevitabilmente per mettere in risalto anche le criticità individuali. E, a conti fatti, i giocatori che si sono distinti in positivo sono pochissimi. Premesso che i giudizi restano sempre soggettivi, non ci è dispiaciuta del tutto la prova di Moruzzi: uno dei calciatori più criticati nelle ultime settimane, ieri impiegato su una fascia che non è propriamente la sua. Almeno in termini di orgoglio e volontà è stato tra quelli che hanno provato a metterci qualcosa in più. Nel complesso, anche la linea difensiva non ha demeritato: è vero che il gol è arrivato, è vero che Fulignati ha dovuto compiere tre interventi prodigiosi ed è vero che l’Entella ha colpito un incrocio dei pali su punizione, ma i tre dietro non hanno dato l’impressione di muoversi male. Resta da capire — e sarà compito del tecnico chiarirlo — cosa non abbia funzionato nella marcatura sull’azione che ha portato alla rete dei liguri. Per il resto, davvero poco. Ha deluso molto Belardinelli, che aveva un’occasione importante per dimostrare di poter stare a questo livello e ha invece disputato una partita difficilmente decifrabile. Anche Ghion si è limitato a giocate elementari, senza mai far valere quell’esperienza che pure dovrebbe essere un suo punto di forza. Ilie, schierato in una posizione più congeniale alle sue caratteristiche, è stato complessivamente evanescente e, col senno di poi, siamo stati fin troppo generosi nelle valutazioni a fine gara. Pellegri, ancora lontano dalla condizione, schierato da solo lì davanti, finisce per risultare quasi inutile: ciò che prova a fare o ciò che non riesce a fare non produce comunque nulla. Carboni mette impegno e voglia, ma sbaglia moltissimo. Chi è entrato nel finale, complice anche una freschezza superiore rispetto agli avversari, ha provato a dare un contributo, ma in modo troppo marginale. Il migliore in campo, ancora una volta e senza alcuna sorpresa, è stato di gran lunga Fulignati. Una frase fatta? Forse, ma tremendamente vera; senza di lui, l’Empoli probabilmente avrebbe chiuso anche ieri con un passivo più pesante e, più in generale, avrebbe qualche punto in meno in classifica. A lui dobbiamo aggrapparci: alle sue parate, ma anche alle sue parole, da vero capitano. Perché questa squadra, tolto Fulignati, manca di un vero leader tra i giocatori di movimento. Le sue dichiarazioni, importanti e sentite, sono un’ancora alla quale restare appesi e nella quale credere ancora. Dionisi stavolta non l’ha preparata bene. È vero, continua ad avere pochissimo tempo per lavorare e ieri si giocava su un terreno complicato, quel sintetico più volte definito insidioso per chi non ci è abituato. Ma questo non può e non deve diventare un alibi. Alcune scelte iniziali non ci hanno convinto, e all’intervallo ci saremmo aspettati cambi più immediati, non arrivati invece che nella seconda metà della ripresa. Come detto più volte, vogliamo aspettare ancora prima di esprimere giudizi definitivi sul tecnico. Sta vivendo una situazione anomala, con tante partite e poco lavoro reale sul campo, e sta guidando un gruppo costruito per un’idea calcistica diversa dalla sua. Ma è altrettanto vero che la scintilla non si è vista e che, a livello mentale, la squadra non sembra ancora aver recepito il suo messaggio. Una sensazione — e sottolineiamo: una sensazione — percepita anche dalla tribuna stampa di Chiavari, estremamente vicina al campo, è che la squadra non ascoltasse con grande attenzione le indicazioni che arrivavano dalla panchina. Le parole di Dionisi erano nitide, costanti, ma la risposta in campo non è stata immediata né incisiva. Segno che c’è molto lavoro da fare. Ha scelto lui di tornare a Empoli, ha scelto lui di imbarcarsi in questa avventura: ora ha il compito, l’onore e l’onere, di rimettere a posto le cose. Perché, dopo undici giornate, non possiamo certo dirci soddisfatti. Il tempo inizia a stringere, la fiducia la diamo ancora — ma a patto che dalla prossima gara non si sbagli più. Contro il Catanzaro l’Empoli ha l’obbligo di vincere. E, possibilmente, anche convincere.

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