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Conte, ci spieghi perché Lang non gioca mai

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di [Vincenzo Letizia]

C’è una domanda che, a un certo punto, diventa inevitabile: perché Lang non gioca mai?

Perché anche quando manca mezza squadra, anche quando l’attacco arranca e le alternative scarseggiano, il talento olandese resta lì — seduto, dimenticato, quasi un corpo estraneo a questo Napoli che sembra averlo già archiviato.

È una curiosità legittima, ma anche un dubbio tecnico e gestionale. Lang non è un ragazzino alle prime armi: ha vinto, ha convinto, ha giocato in contesti dove la pressione non manca. Eppure qui, sotto la guida di Conte, non trova spazio nemmeno quando l’emergenza lo renderebbe una scelta naturale.

Viene da chiedersi: è stata davvero una richiesta di Conte, oppure un arrivo imposto dalla società?
Perché se il tecnico non lo vede, allora la domanda si sposta sul piano dirigenziale — e diventa: perché investire su un giocatore che l’allenatore non intende utilizzare?
E se invece Lang fosse effettivamente un profilo gradito a Conte, allora il problema è un altro, ancora più serio: la mancanza di fiducia verso un talento che, evidentemente, non rientra nei dogmi del suo calcio.

Conte, si sa, è uomo di principi e schemi rigidi: esige equilibrio, disciplina, corsa. Ma il calcio moderno vive anche di imprevedibilità, di giocatori che spaccano le partite con una giocata diversa. Lang è uno di questi. Tenerlo ai margini non è solo una scelta tecnica: è un segnale di chiusura verso la fantasia, verso l’istinto, verso ciò che può accendere una squadra spenta.

E allora sì, Conte dovrebbe spiegare. Perché in un Napoli che a vomte fatica a creare, lasciare ai margini uno come Lang non è solo un mistero tattico — è un lusso che non ci si può permettere.

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