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Inter di Chivu, tra segnali incoraggianti e nodi da sciogliere: cosa ci dicono pre–stagione e prime uscite

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Cambio di guida tecnica, eredità pesante e calendario subito denso: l’Inter di Cristian Chivu nasce in corsa e sotto i riflettori. Il tecnico rumeno ha preso il posto di Simone Inzaghi dopo la finale di Champions persa, iniziando il proprio percorso con il Mondiale per Club (passaggio del girone e KO agli ottavi con il Fluminense), quindi amichevoli estive e l’avvio del campionato. Il quadro che emerge fin qui è sfaccettato: alcune certezze resistono, i principi sono chiari, ma non mancano fragilità che hanno già inciso sul punteggio.

Il contesto: rodaggio accelerato

La squadra ha trovato subito minutaggio “vero”: al Mondiale per Club è arrivato un 2–0 al River Plate con reti di Esposito e Bastoni, che ha certificato il passaggio del girone, prima dell’eliminazione con il Fluminense (0–2). Poi, nei test di agosto, 7–2 in famiglia con l’Inter U23 e un 2–0 convincente all’Olympiacos a Bari. Sono stati match utili per fissare principi e dare peso specifico ai nuovi inserimenti.

L’avvio di Serie A: montagne russe

Debutto scintillante con il 5–0 al Torino (doppietta Thuram, reti di Bastoni, Lautaro e Bonny), poi la brusca frenata con l’1–2 casalingo contro l’Udinese e il 4-3 a Torino con la Juventus in un derby d’Italia pirotecnico (doppio Çalhanoğlu e gol di Thuram, ma sorpasso bianconero nel recupero). Numeri e dinamica delle gare raccontano una squadra capace di colpire in serie quando l’inerzia è favorevole, ma vulnerabile quando la partita prende velocità nelle transizioni.

Le criticità emerse

Transizioni e gestione dei “momenti”

Contro Udinese e Juventus l’Inter ha sofferto quando l’avversario ha alzato i ritmi o ha attaccato campo aperto: a San Siro il pari friulano nasce da un rigore per mani di Dumfries e la rimonta è completata prima dell’intervallo; a Torino, nonostante il possesso prevalente, la squadra ha concesso ripartenze pulite e gol pesanti nei minuti chiave. È un punto su cui lo stesso Chivu ha insistito: “Abbiamo un’identità, ma in partita bisogna capire i momenti e trovare le varianti”. Tradotto: principi chiari, ma letture e coperture preventive ancora altalenanti.

Reparto arretrato in (ri)costruzione

Il mercato ha spostato equilibri dietro: Benjamin Pavard è partito in prestito all’OM, mentre Manuel Akanji è arrivato in prestito dal Manchester City. Due mosse che cambiano profilo e gerarchie del pacchetto difensivo, anche solo per tempi di adattamento e caratteristiche in uscita palla. Nel frattempo, i “senatori” restano un riferimento – ma la sincronizzazione collettiva (uscite aggressive dei braccetti, coperture della mezzala lato palla) è ancora intermittente.

Centrocampo: equilibri da rifinire

Il reparto ha qualità (Barella, Çalhanoğlu, Mkhitaryan) e nuovi profili da integrare. Kristjan Asllani è andato al Torino in prestito con opzione, Andy Diouf è stato acquistato dal Lens ad agosto: nomi che spiegano come il club stia cercando gamba e verticalità per accompagnare il doppio binario “pulizia in costruzione + corsa senza palla”. Il mix, oggi, funziona a tratti e va oliato in termini di distanze e pressione post–perdita.

Fase psicologica e gestione del vantaggio

L’uscita al Mondiale per Club ha lasciato qualche scoria a livello emotivo – Lautaro lo aveva fatto intendere – e nelle prime giornate si è vista un’Inter che può passare in pochi minuti da dominante a vulnerabile se cala l’attenzione collettiva. La tenuta mentale quando l’inerzia cambia è un’area di miglioramento prioritaria.

I segnali positivi

Capacità di produrre gol (e di diversi interpreti)

Il 5–0 al Torino fotografa un potenziale offensivo di prima fascia: oltre alla coppia Thuram–Lautaro, hanno segnato Bastoni (palle inattive sempre pericolose) e Bonny, subito dentro la partita. A Torino, contro la Juventus, Çalhanoğlu ha preso in mano i tempi e colpito due volte da fuori: segnale che i gol possono arrivare anche dal vertice basso e non solo dagli attaccanti.

Giovani e nuovi innesti davvero “utili”

Chivu sta dando minuti veri: il gol di Francesco Pio Esposito al River nel Mondiale per Club è stata una scossa, Luis Henrique e Petar Sučić hanno già fatto intravedere perché sono stati scelti, Bonny ha già timbrato il cartellino in A. Se il processo di integrazione procede, l’Inter avrà più soluzioni – anche a gara in corso.

Identità tattica chiara con margini di evoluzione

Chivu non ha stravolto: base 3–5–2 (o 3–4–2–1 in alcune fasi) e principi di pressione più dettati che in passato. La squadra prova a comprimere il centro, attivare trigger più rapidi e attaccare con rotazioni sulle corsie. È una continuità con l’era precedente, ma con qualche punto di aggressione in più: il tecnico lo ha ribadito più volte, “siamo riconoscibili, ma pronti ad adattarci in partita”.

Catena sinistra e palle da fermo

Dimarco rimane un moltiplicatore di cross e soluzioni (si è visto anche nell’amichevole con l’Olympiacos e contro la Juventus), mentre Bastoni è una minaccia costante sui piazzati. In un campionato spesso deciso dai dettagli, sono armi già “pronte”.

Cosa monitorare nelle prossime settimane

  • Integrazione di Akanji: letture in avanti, gestione dell’uscita palla e coordinamento con Bastoni/de Vrij. L’ingresso graduale dello svizzero può alzare la linea senza perdere controllo.

  • Diouf nel mix: capire se può dare quella corsa “box to box” che oggi l’Inter alterna a momenti più posizionali.

  • Rotazioni davanti dopo l’addio di Taremi: con Bonny e Luis Henrique, Chivu ha profili diversi per cambiare le partite senza snaturare i principi.

  • Gestione dei vantaggi: ridurre gli alti/bassi visti con Udinese e Juventus, lavorando su marcature preventive e “falli tattici” di reparto nei momenti di inerzia avversa.

Nel frattempo, chi vuole seguire l’andamento giornata dopo giornata può consultare i risultati partite Serie A e, per avere il polso immediato di infortuni, formazioni e variazioni in corso d’opera, affidarsi al flusso di calcio live del weekend: il quadro statistico delle prossime 4–5 partite dirà molto sulla stabilità dell’identità che Chivu sta provando a consolidare.

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