MANCINI: "Alla Roma per tutta la vita. Mou mi ha cambiato. Gasp è un martello. Pellegrini farà una grande stagione"
CORRIERE DELLO SPORT - Gianluca Mancini , ex vice capitano della Roma, ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano sportivo. Il difensore si è soffermato su tanti temi, da Mourinho al suo rapporto con i colori giallorossi. Ecco le sue parole: Lei lo sa cosa dice la gente? "Mancio in campo fa quello che farei io, ha le reazioni che avrei io, ci mette il cuore che ci metterei io". Più che un'empatia, sembra una simbiosi.
«Sin da subito Roma ti abbraccia e ti porta dentro questo vortice emotivo. Ti beccano in giro e ti parlano della Roma, li incontri al bar e ti chiedono perché la Roma non vince o quanto siamo forti quest'anno. La Roma è ovunque, è un'idea che cammina su tante gambe, ed è meraviglioso. I nostri tifosi non possono scendere in campo, così provo a farlo io per loro.
Reagendo alle ingiustizie come reagirebbero loro».
Si sente un simbolo?
«Forse mi vedono come quello più carismatico, simbolo però è una parola grossa. Chissà, magari quando smetterò mi ci sentirò».
Una volta raccontò che da ragazzino, nel vivaio della Fiorentina, rischiava di essere taglia to ogni anno. L'Italia non e un paese per giovani.
"Dai 9 ai 19 anni giocavo poco, è vero. Mi dicevo "non sarai mai un calciatore". Non è facile resistere, devi essere forte di testa. Diciamo che sono un sopravvissuto. Anche grazie a quella vocina che continua a salirmi dallo stomaco».
E cosa le dice?
«Non mollare, non smettere di pensare che davanti a te c'è sempre una salita. Sai, bisogna avere anche un po' di paura per andare avanti. Parlo della paura di perdere tutto, che tutto questo un giorno finisca».
Si legherebbe alla Roma a vita?
«Sì, assolutamente sì. Sono qua dal 2019 e diventare una bandiera sarebbe un sogno. La Roma a vita, mi piace».
La scadenza del contratto fino al 2027 però è dietro l'angolo.
«Non ne stiamo ancora parlando. Per me non è un problema. Non c'è alcun tipo di preoccupazione».
Gasp ha detto che ci sono 7-8 leader in questo gruppo e che il capitano lo sceglierà in base alle presenze. A conti fatti, però, lei passerebbe da vice a quarta scelta.
«Non è importante, non mi pesa. Anzi è positivo che nel nostro gruppo i leader si sentano capitani. La fascia è solo un simbolo della domenica».
Da bambino ce l'aveva un mito?
«Marco Materazzi, una fonte d'ispirazione. Quando sono arrivato a Roma hanno cominciato a parlarmi di Aldair e così ho guardato tutti i suoi video».
Cos'è il derby per Mancini?
«Lo stomaco che frulla, l'attesa che quasi ti uccide. Pensi, io ho debuttato con la Roma in un derby. La rivalità ti logora, quella partita ti toglie il sonno, vivi una settimana da incubo e non vedi l'ora che inizi».
Di solito che metodi utilizza per allentare la tensione?
«Non la allento mica. Sul pulIman metto la playlist "allenamento forte". Sento solo "bum bum bum". E nel frattempo giro nella mia testa il film della partita che sto per giocare».
L'attaccante che l'ha snervata di più?
«Ho fatto una fatica bestiale a marcare Higuain»
E nell'ultimo campionato?
«Moise Kean, rostissimo. Non si ferma un attimo».
Fonseca, Mourinho, De Rossi, Juric, Ranieri, Gasperini. C'è un segreto per adattarsi così velocemente a tecnici così diversi tra loro?
«Il mio è fare tutto quello che mi chiedono».
Ad esempio?
«Se lei fosse il mio allenatore e per assurdo mi dicesse "Gianluca, oggi per vincere la partita dai 5 testate a un albero", io lo farei. Mi fiderei di lei, rispetterei i compiti che mi assegna. Non sto mai a pensare a cose tipo "sono abituato a questo", "per me sarebbe meglio quest'altro". Sono pensieri che inquinano la mente e basta. Quando non mi sento capace di fare qualcosa, cerco di impararla».
La cavalcata con Ranieri cosa vi ha dimostrato?
«Che nulla è impossibile. E che se possiamo fare 46 punti nel girone di ritorno, allora dobbiamo farli anche in quello d'andata. Ranieri ci ha dato serenità, ha fatto ordine. Che eravamo forti già lo sapevamo, io l'ho sempre detto pure nei momenti bui, rischiando di passare per scemo».
Si è detto che a Bergamo qualche volta discuteva con Gasperini.
«Mai vero. Quando sono venuto alla Roma è stata la prima persona che ho chiamato. Io so cos'è la gratitudine» Che tipo è Gasp?
«Il più grande insegnante di calcio e tattica che io abbia mai avuto. In campo è un martello, è molto esigente e non cerca mai alibi. Con lui alzi l'asticella, è inevitabile».
Cos'è stato invece Mourinho per la sua carriera?
«Un mostro che è arrivato e mi ha fatto dire "sì, lui può cambiare la mia storia e quella di tutti noi". José ci ha dato carisma, mentalità, convinzioni. In campo ero il suo condottiero, a volte ho esagerato andando un po' oltre...ma lo facevo perché sentivo che lui ci avrebbe portati alla vittoria».
E oggi cosa sente?
«Abbiamo tutto per riprovarci, anche in Europa».
Budapest quanto le fa male?
«Me la sogno spesso. E me la sogno male». È una ferita aperta o è già una cicatrice?
«Ferita che provoca dolore. Io non riguardo mai immagini di quella finale di Europa League, non ho mai rivisto quella partita e quando su Instagram scrollo i reel e mi ritrovo davanti agli occhi i video di quel rigore chiudo il telefono. Meritavamo quella coppa, quell'episodio ci ha condannati. Io poi sono stato un protagonista in negativo con l'autogol e con un rigore sbagliato. Budapest la porterò per sempre dentro».
La Champions è un obiettivo concreto?
«Sì lo è. Una squadra come la Roma non può stare fuori dalla Champions League per tutto questo tempo. Io poi non ci ho mai giocato». È vero che ci sono state offerte dall'Arabia?
«Ci sono stati degli interessamenti, dei sondaggi. Perà ho detto al mio procuratore che sto troppo bene qua. Amo questa società e questa maglia e non voglio pensare ad altro».
Lei ha visto l'alba dell'era Friedkin. Cinque anni dopo il loro arrivo, come è cambiata la Roma?
«Sono alla Roma dal 2019, arrivato insieme a tanti acquisti: sembrava ci fosse una rivoluzione in corso. Oggi, grazie ai Friedkin, la Roma è un punto di arrivo. Basta vedere Trigoria per rendersene conto: è migliorata in tutto, dai campi ai macchinari, fino alle strutture. Ora tocca a noi fare qualcosa di speciale».
Le esclusioni di Spalletti quanto le hanno fatto male?
«Dicono che abbiamo discusso. Non è così. L'ho sempre ringraziato anche quando mi ha convocato da riserva o se un collega si faceva male. Quando chiama la Nazionale, si corre. Anche a piedi. Aggiungo che non tutti hanno la fortuna di fare un Europeo. Poi il ct ha fatto altre scelte. Ho sempre detto che quando non ti chiamano devi essere il primo tifoso a casa».
Ha già parlato con il ct Gattuso?
«Sì, ci siamo conosciuti. Voglio convincerlo, di sicuro l'azzurro passa dalla Roma».
Sua moglie Elisa, le tre figlie Ginevra, Lavinia e Bianca. Lei è circondato da donne.
«Fino a 50 anni infatti giocherò a calcio, visto che a casa non tocco palla».
Le mancano quando è in ritiro?
«Da morire, sono gli amori della mia vita, tutto quello che ho, il mio rifugio. Guai a chi me le tocca, sono geloso».
Ed è anche felice?
«Nella vita? Sì, tanto. Soprattutto quando posso fare qualcosa per gli altri».
Nel suo paese, hanno organizzato un evento per ricordare Mattia Giani, il fratello di suo cognato venuto a mancare ad appena 26 anni mentre giocava a calcio. La sua foto mentre sparecchiava ha fatto il giro del web.
«E non me lo spiego. Ho visto ragazzi montare, smontare, preparare, cucinare, pulire, apparecchiare, servire ai tavoli. Così l'ho fatto anche io. Sono un ragazzo normale come tanti. Abbiamo bisogno di normalità in questo mondo. Riguardo Mattia, il vuoto che ci ha lasciato è impossibile da colmare».
Esiste l'amicizia vera nel calcio?
«Eh, non è mica facile. Ma io ho due amici che sono come due fratelli: con Leonardo Spinazzola ci completiamo, il destino ci ha separati alla nascita e poi ci ha fatti ritrovare. E poi c'è Lorenzo Pellegrini, con il quale condivido tutto».
Cosa si augura per lui?
«L'ho visto stracarico. Abbiamo fatto le vacanze insieme e non si vedeva mai perché era sempre ad allenarsi. Doppie sedure tutti i giorni».
La Roma lo aspetterà?
«A braccia aperte. E lui farà una grande stagione».