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Turone: "Quel mio gol alla Juve: ci ripenso e mi arrabbio. Ma che fortuna giocare con Rivera e Falcao"

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GASPORT - Maurizio Turone , detto Ramon. Vive a Varazze, dalle parti di Savona, classe 1948, bella casa, nonno felice. Dice: « Ho il mare dentro» . Ma non ha fatto il marinaio o il pescatore. «Mio padre era meccanico. Una volta sono andato ad aiutarlo in officina e mi sono schiacciato un dito con una martellata. Mi ha detto: "Va' a casa, va'". Non mi ha più chiamato, sono an-dato all'oratorio a giocare al calcio».  (...)

Perché il nome Ramon?

«Ero un moretto piccolino, pelle scura, un incrocio tra un argentino e un messicano. Nel calcio, e non solo, mi conoscono tutti come Ramon».

I l morettino ne ha fatta di strada. Ha sempre colpito al cuore?

«Ho colpito anche di testa e fatto pure gol. Pochi, ma buoni. Come quella volta alla Juventus nel 1981» .

Il famoso "Er gol de Turane era bono"? Hanno fatto anche un docufilm.

«Ce l'ho, lo guardo e tutte le volte m'incazzo».

In questi ultimi quarant anni qualche domanda gliel'hanno fatta. Non si stanca di parlarne?

«No, mai. Ma senza fare tanti discorsi, moviole, Var, analisi. Era "bono". E basta. Era gol, me l'hanno tolto, è stata una grande porcata». (...)

Paolo Bergamo l'ha più incontrato?

«Una volta in pinna a Bologna, giocavo lì. Mi ha guardato, mi ha riconosciuto. Gli ho detto: "Ti ricordi di me?". Lui ha detto una specie di sì. Ognuno è andato per la propria strada».

Le tappe gloriose della sua storia?

«Prima il Genoa. Ho avuto la fortuna di giocare con Angelillo. Io un ragazzo, lui un maestro. Era in fase discendente, ma quanta classe. Poi Milan e Roma. Non ho vinto scudetti, sono andato via l'anno prima, dal Milan e dalla Roma. Non ho rimpianti, sono stato bene, ho vissuto un calcio importante». (...)

Con Paulo Falcao alla Roma.

«Mostruoso, giocava a tutto campo. Leale, serio e generoso. Ero al Bologna e, a tutti i ragazzi che avevano lasciato la Roma l'anno prima, ha dedicato lo scudetto. Ma ho giocato anche con Conti. Che valore di mercato avrebbe oggi Bruno? Un miliardo di euro. E Nela? Lo chiamavo Nelinho, un brasiliano. Ogni tanto ci penso, se giocassimo oggi...». (...)

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