Mondiale per Club, la sparizione del calcio italiano
Un portiere e due allenatori. Ecco quello che resta del calcio italiano nella fase decisiva del Mondiale per Club. Poco, troppo poco per un movimento che ha sperato di andare più avanti con almeno una delle due squadre iscritte e che ha dovuto registrare la resa, per certi versi differente ma pur sempre resa, di Inter e Juventus. In rigoroso ordine di sparizione temporale dal tabellone dei quarti di finale e, forse, anche di delusione per come è andata la trasferta in terra americana.
Non il massimo come segnale all’inizio dell’estate che dovrà portare alla resa dei conti della nazionale ereditata da Rino Gattuso, presa dalle ceneri di quella maltrattata in Norvegia con in panchina Luciano Spalletti e condannata a un’affannosa rincorsa per non vedersi scivolare via la terza partecipazione di fila al Mondiale. Che sarà sempre negli Stati Uniti, con tutti i limiti ambientali vissuti dal Mondiale per Club, nell’estate del 2026.
Gli italiani che restano in corsa nel Mondiale per Club
Il portiere si chiama Gianluigi Donnarumma ed è una delle colonne del Psg campione di Francia e d’Europa che punta a conquistare anche il Mondiale per Club sotto la guida di Luis Enrique. Rispetto a quanto gli ha riservato la primavera del cammino in Champions League dei parigini, il torneo americano è stata una passeggiata nella prima fase, il modo giusto di consolidare la propria leadership con un pensiero al contratto che è in scadenza nel 2026 ed è tutt’altro certo di rinnovo.
Sulle panchine ci sono due allenatori italiani che si giocano il trofeo. La sorpresa per molti (non per tutti) è Simone Inzaghi che è stato autore dell’impresa più importante con la vittoria contro il Manchester City di Pep Guardiola, eliminato a sorpresa dall’Al Hilal. Non che servissero conferme sulla sua bravura, due finali di Champions League in tre anni non si guadagnano per caso, ma adesso è chiaro a tutti il valore di Inzaghi prima che si rinchiuda nella quotidianità ricca ma invisibile del campionato saudita.
L’altro è Enzo Maresca che sta facendo cose eccellenti con il Chelsea, ma che fin qui si è segnalato soprattutto per il duro attacco alla Fifa e agli organizzatori dopo la surreale sospensione per rischio fulmini della sfida con il Benfica a una manciata di minuti dalla fine. Parole evidentemente poco gradite dal presidente Infantino col quale poi ha dovuto chiarirsi.
Mondiale per club, le statistiche dei giocatori italiani
Il resto è poco. Anzi, pochissimo. A livello di club Inter e Juventus hanno messo insieme 4 vittorie, un pareggio e 3 sconfitte nelle 8 partite disputate tra prima fase e ottavi di finale. Preoccupante, anche perché i successi sono arrivati contro gli improponibili Al Ain e Wydad (Juventus) e con i poco più che volonterosi giapponesi dell’Urawa Red Diamonds (Inter). Solo la vittoria nerazzurra con il River Plate ha un certo spessore, seguita poi dal ko con il Fluminense.
La Juventus è uscita combattendo con il Real Madrid, non senza rimpianti, ma prima aveva macchiato la sua presenza negli States facendosi prendere a schiaffi dal Manchester City. Insomma, bene ma non benissimo.
Anche a livello di statistiche dei calciatori, la fotografia restituita dal Mondiale per Club non è confortante. Gli azzurrabili hanno realizzato 3 sole reti: Pio Esposito e Bastoni con la maglia dell’Inter e Jorginho su calcio di rigore. Non deve sorprendere perché a livello di numeri c’erano almeno otto nazioni con più partecipanti rispetto all’Italia, sparsi nelle diverse rose delle squadre: Gattuso ne aveva 27 da seguire, esattamente come il commissario tecnico del Marocco.
Per dare un metro di paragone, i brasiliani erano 121 e gli argentini 91 ma anche restano all’Europa, la Spagna ne contava 47 e il Portogallo 44. Inutile stracciarsi le vesti, insomma. E’ vero che al Mondiale per Club non c’era necessariamente tutto il meglio del calcio internazionale, ma uno spaccato rappresentativo di certo. E anche qui si sono confermate alla radice le ragioni della crisi del pallone italiano.
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