Il primo Chivu all’Inter: elasticità tattica, cambi e psicologia
In attesa di conoscere l’esito dei gironi del Mondiale per Club, in casa Inter si ragiona su ciò che è successo fino ad ora a partire dai risultati fino ad arrivare alle prime disanime del nuovo corso targato Cristian Chivu. Con la dovuta premessa, che Chivu non ha ancora fatto la preparazione e che, tra mercato e infortuni, non ha tutta la squadra al completo, provoamo ad analizzare le prime idee dell’allenatore rumeno.
Elasticità tattica, il modulo
Un primo aspetto che risalta all’occhio immediatamente, è l’elasticità tattica. Un’elasticità che ha il suo massimo esempio nel modulo, o meglio, nei moduli. L’allenatore rumeno, infatti, in due partite, ha utilizzato tre moduli differenti evidenziando una predisposizione maggiore al 3-4-2-1, ma andiamo con ordine
L’Inter ha iniziato la prima gara del mondiale con il canonico 3-5-2 che ha accompagnato i quattro anni inzaghiani. Già nel corso della ripresa, però, si sono visti i primi cambiamenti con il passaggio a due centrocampisti centrali, (Barella e Asllani e poi Sucic) e l’utilizzo del trequartista, prima singolo e poi due trequartisti dietro la punta. E’ soprattutto quest’ultima variante che, al momento, sembra aver maggiormente intrigato Chivu che l’ha riproposta, almeno inizialmente anche nella seconda gara contro l’Urawa Reds.
Le prove fatte in America, ovviamente, risentono di due componenti importanti: la prima è la forma fisica, (non al top in questo finale di stagione), mentre la seconda è il materiale umano a disposizione, con molti big infortunati. Con Calhanoglu, al netto del mercato, Thuram e Dumfries, ad esempio, il cambio modulo potrebbe essere una variante interessante con un punto di domanda importante a cui rispondere: chi nei “3” davanti? Ad oggi la sensazione, al netto dei giocatori impegnati in questi match, è che su quelle zolle vedremo impegnati Mkhitaryan e Lautaro dietro Thuram. Le alternative sicuramente non mancano e alcune arriveranno dal mercato. Zalewski, Zielinski e Luis Henrique, ad esempio, sono giocatori in grado di giocare in una trequarti a due. Bonny, ad esempio, potrebbe fare la punta centrale. Certo acquisire più qualità e iniziativa sulla trequarti, (Paz?), sarebbe il top ma sappiamo essere argomento difficile in questo periodo. Questa prima novità potrebbe essere interessante e rappresentare la giocata che spariglia le carte.
Cambi e pressing alto, un’alba nuova?
Cambi e pressing alto. Sono due aspetti diversi ma che racchiudono alcune componenti che le vedono dipendere l’una dall’altra. In questi scampoli stagionali abbiamo già analizzato come la condizione fisica non è propriamente delle migliori e questo influenza sicuramente i due aspetti di cui parliamo ora, ma andiamo per gradi.
Il pressing alto sappiamo essere uno dei temi portanti del calcio odierno. E’ caratterizzato da intensità e crea un dibattito continuo legato al come e, soprattutto, al quando farlo. In tal senso non c’è un dogma corretto o uno sbagliato. Dipende tutto dalle idee messe in pratica dal tecnico. In questo caso emerge un’altra differenza tra Inzaghi e Chivu. Il primo preferiva perlopiù aspettare e non attuare un pressing troppo alto. L’allenatore rumeno preferisce, invece, pressare più alto per favorire un recupero palla in prossimità degli ultimi 16 metri avversari. Questa scelta comporta un maggiore dispendio fisico che, soprattutto in questo mondiale inusuale sta portando oltre ad uno sbilanciamento tattico, anche ad una gestione di cambi differente rispetto a quanto accadeva con Inzaghi. Eccoci dunque al secondo aspetto. I cambi.
La componente fisica non ottimale sicuramente incide, ma, ad oggi, possiamo dire che anche il tema legato alle sostituzioni rappresenta un punto di non contatto tra Inzaghi e Chivu. L’allenatore italiano era solito effettuare i cambi molto tardi, intorno al 70′. L’Eroe del Triplete, al contrario, effettua le prime sostituzioni molto prima. Nella prima partita, contro il Monterrey, ad esempio i primi cambi sono stati effettuati al 58′, mentre nella seconda gara i primi cambi, legati all’esigenza del risultato, sono stati all’intervallo con un conseguente prolungamento del tempo prima di farne altri, (terzo e quarto al 72′). Ovviamente non rappresenta un qualcosa scalfito su pietra perché conseguenza di tanti piccoli aspetti, (risultato, infortuni…), ma la sensazione è che Chivu attingerà prima dalla panchina, aiutando prima i giocatori in difficoltà in campo
Lo psicologo, l’altro ruolo di Cristian Chivu
Cristian Chivu non ha solo un ruolo prettamente di campo. L’allenatore rumeno, infatti, in questa prima fase della sua esperienza da allenatore dell’Inter, dev’essere anche capace di fare lo psicologo. Uno spogliatoio che rivive, ancora, gli incubi di Monaco, deve ritrovare la serenità e la compattezza che ne hanno contraddistinto il passato recente.
Ancor prima di un qualcosa di tattico, dunque, i nerazzurri hanno bisogno di ritrovare la fame che ne ha contraddistinto i successi. Ritrovare quella voglia di azzannare la palla e l’avversario per portarla il prima possibile nella metà avversaria e ridare gioia all’ambiente frastornato. Fame che si accompagna, necessariamente, a quella voglia di sudare la maglia e giocare con il sangue agli occhi per ottenere il massimo da ogni scontro e per farsì che non possa essere rimproverato nulla a nessuno
La testa ancor prima del fisico e della tattica. Solo cosi si può costruire il futuro