Ranieri cita Dante prima del derby: ecco la storia del padre del Daje Roma Daje
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Citare Dante prima di un derby. E non parliamo dei versi della Divina Commedia, ma della figura storica di un tifoso immortale. Claudio Ranieri colpisce ancora dritto al cuore e nel raccontare le sue stracittadine da tifoso ha rievocato la figura del celebre inventore del Daje Roma Daje". "Andavo in Sud quando era ancora divisa e si aspettava Dante che era il capo tifoso", ha detto il tecnico. Ma per i più giovani (anche se l'età non deve essere un alibi) spieghiamo chi era Dante Ghirighini. Una figura immensa di una curva d'altri tempi. Gilet giallorosso a righe orizzontali, zuccotto fatto da nobili mani di popolo e sorriso stampato in faccia come fosse sempre Natale. Lo aspettavano tutti in trepidante attesa neanche fosse un calciatore. "Ao ma Dante quando ariva?". Poi si sentiva il clacson della sua Vespa. Il boato della Sud subito dopo. Dante saliva sul muretto: mani sui fianchi e schiena dritta, piccola pausa e il corpulento netturbino partiva con le formazioni e col discorso di apertura terminato con il "Daje Roma Daje". Poi iniziava a intonare i cori, c'è chi dice che la sua voce si sentisse fino in curva Nord. Insomma, senza di lui la curva non si accendeva. Nato nel 1936 al Trionfale, cresce tra una partitella sotto l'ombra della Basilica di San Giuseppe, il lavoro da garzone presso un macellaio dell'omonimo mercato rionale e il mito della prima Roma scudettata; quella di Testaccio. L'Olimpico a portata di mano diventa una seconda casa, le amicizie e la battuta sempre pronta. Gli sfottò agli amici laziali, le trasferte e le feste in piazza dopo le vittorie nei derby. Una figura istituzionale, una sorta di secondo sindaco. Il giorno X che lo consegna alla leggenda però è datato domenica 20 novembre 1960. La Roma capolista, dopo aver schiantato la Lazio grazie ad un Manfredini sontuoso, ospita il Padova per conservare il punto di vantaggio sulle inseguitrici. "Piedone" con l'ennesima tripletta stagionale manda in estasi i 55mila presenti. A un tratto, anticipando le gesta di un altro protagonista della storia romanista, Dante decide di scavalcare le allora brevi restrizioni tra campo e spalti. Bandiera alla mano e volto baciato dal sole si dà ad una fuga di gioia memorabile: tre giri di campo e gli "olè" che accompagnano quel fiume in piena mentre rompe gli argini di forze dell'ordine scorrazzanti in compagnia dei cani. Dante godrà con i "figli" del Commando anche per lo scudetto del 1983, ma non per quello portato a casa nel 2001. Il 4 novembre del 2000 infatti Dante ci lascia. Il giorno dopo la morte, la futura Roma tricolore gioca con il lutto al braccio a Brescia, il 9 è la volta della sua Curva che lo omaggia con uno striscione eloquente durante la sfida di coppa contro i portoghesi del Boavista: «Daje Roma Daje… Dante ti guarda». Tre giorni dopo prima di Roma-Reggina si vede la bianca e vecchia Vespa parcheggiata a bordocampo con un mazzo di fiori portati in dono da un giovane Totti. Ranieri in quella stagione era al Chelsea, ma anche nella fredda Londra quel "Daje Roma Daje" gli sarà tornato alla mente. Proprio come oggi.