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Ti ricordi…. Djalminha, l’effimero applicato al calcio: il più divertente dei brasiliani che non andò al mondiale per la lite con Irureta

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Ti ricordi…. Djalminha, l’effimero applicato al calcio: il più divertente dei brasiliani che non andò al mondiale per la lite con Irureta

Un Ti ricordi mondiale per uno che un mondiale non l’ha giocato mai. È possibile? Non solo è possibile, ma doveroso. Doveroso perché se si parla di calcio, se si ha voglia di calcio intesa come voglia di godere di calcio nel senso più effimero la ricetta è ricordare Djalminha, null’altro. Cinque minuti almeno nei vari video online, per chi non l’ha visto, per chi ha avuto la fortuna di goderne: chiudere gli occhi e sognare. Ci sarebbe dovuto andare a un mondiale Djalminha, nel 2002, quando ormai aveva 32 anni, ma fu estromesso per il solito problema: la testa. Questa volta proprio in senso fisico: poco prima dei mondiali aveva appoggiato la sua, in maniera non amichevole, al volto del suo allenatore al Depor Irureta, e tra le pressioni dei media brasiliani e l’effettiva preoccupazione per il carattere del calciatore, Scolari lo sacrificherà convocando al suo posto Kakà. Però i numeri di Djalminha in un mondiale…

Già, perché se “con il pallone fa quello che vuole” è una frase sentita un sacco di volte, mai è stata vera quanto per Djalminha. Figlio di un difensore centrale, Djalma Dias, nipote di un terzino, quel Carlos Alberto capitano del Brasile del ’70. Viene su un calciatore che praticamente non ha ruolo, se non quello di ammaliare e ingannare chiunque, pallone compreso. In una partita tra vecchie glorie brasiliane, con Pelè e Garrincha il papà se lo porta dietro e lui a 16 anni gioca pure, incantando, ovviamente. All’epoca era solo un ragazzino del Vasco Da Gama, poi quando passa tra i professionisti del Flamengo si capisce che è un campione: ha un sinistro che è un incanto, ma soprattutto fa cose in campo che nessuno, compreso Djalminha, può prevedere (almeno fino a qualche secondo prima di farle nel caso del calciatore stesso). Finte di corpo irridenti che mandano gli avversari a metri di distanza seppur il pallone non si muova, colpi di tacco, biciclette, palloni alzati di punta mentre sono fermi in terra: istinto puro senza sovrastrutture e col solo fine di irridere l’avversario e divertire il pubblico.

Ci vuole follia per fare cose del genere, e non solo: mentre diventa una stella del Flamengo vincendo titoli e coppe, si fa notare anche per le intemerate, tipo quando in un Flamengo-Fluminense litiga furiosamente con Renato Portaluppi, suo compagno di squadra, e ciò gli costa la convocazione per la Copa America del ’93. Dal Flamengo passa al Guarani, poi una parentesi in Giappone allo Shimizu Pulse poi il rientro in Brasile in un Palmeiras che può schierare Cafu, Edmilson, Doriva e dove vince il campionato e anche il pallone d’oro brasiliano. Ha già 27 anni quando arriva la chiamata del Deportivo La Coruna: al Riazor trova il suo ambiente ideale, ogni giocata è pensata per il pubblico e per divertirsi. La prima stagione per il Depor non è un granché, ma Djalminha segna 10 gol ed è capocannoniere della squadra. Molto meglio quando arriva Irureta e iniziano le prove generali di Superdepor: prove generali che culminano nel titolo del 2000, che resta l’unico nella storia del Deportivo, con Makaay che segna 22 gol nella Liga e Djalminha che fa cose da pazzi. Come la Lambreta (la bicicletta) in faccia a una difesa intera del Real Madrid, ad esempio: che non porterà a nulla, ma che ancora oggi viene ricordata come uno dei colpi più belli mai visti in un campo di calcio.

Raul gli chiederà dopo la gara, stizzito: “Perché fai quelle scemenze”. Djalminha risponderà: “Perché gioco a calcio, tu fai gol, io gioco a calcio”. Numeri stupendi dunque, come il gol col Saragozza, come le finte contro il Barcellona: insomma, il sublime applicato al calcio, effimero sì ma in una maniera che non si vede in nessuna altra parte al mondo per caratteristiche. Numeri che Djalminha continua a fornire anche nella stagione successiva, sebbene con minor regolarità per la presenza di Valeron che non regge minimamente il confronto con il brasiliano, ma è più affidabile. Poco importa: con quelle ottime partite riconquista anche la nazionale, e sarebbe sul punto di andare ai mondiali dopo che Scolari lo inserisce stabilmente nelle amichevoli che arrivano prima di partire per Giappone e Corea. Poi però il litigio con Irureta in allenamento: per la verità non è una vera e propria testata ma un brutto gesto comunque. Gli costa il mondiale, e anche la permanenza al Depor: passa all’Austria Vienna, ma ormai è in fase calante e chiuderà la carriera a 33 anni. Ribadendo: “Volevo divertirmi e far divertire”. E’ riuscito in entrambe le cose. La domanda quindi è se sia la partecipazione ad un mondiale a mancare a Djalminha…o la partecipazione di Djalminha a mancare al mondiale.

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