Matteo Santoro: “Ho rischiato un grave infortunio. I tuffi in Italia hanno svoltato, non sento la pressione”
Il futuro dei tuffi in Italia ha un nome e cognome ben preciso: Matteo Santoro. La carta d’identità recita solo 18 anni, ma il palmares del romano è già molto importante tra medaglie mondiali ed europee, senza dimenticare i trionfi a livello juniores. Il tuffatore azzurro si è raccontato ad OA Sport all’inizio di un anno per lui molto importante, con i Mondiali di luglio ed una stagione nella quale può arrivare la definitiva consacrazione.
La stagione è iniziata ed è tempo di preparazione. Prima d tutto come stai?
“Sono stato fermo due mesi per un problema al ginocchio, che si sta risolvendo ed ora sto andando, diciamo, a provare. Ho avuto una cosa abbastanza grave e, se non fossi intervenuto, c’era la possibilità che mi rompessi il tendine rotuleo. Ho fatto una serie di trattamenti, sono stato fermo e adesso piano piano sto ricominciando”.
Un infortunio non è mai una bella cosa, ma se proprio deve arrivare forse meglio in questo periodo che in altri. Quanto ti ha tolto e quanto può influenzare la tua preparazione il problema al ginocchio?
“Questo infortunio mi ha levato i Mondiali giovanili a Rio, ma è vero: se proprio doveva esserci un infortunio, molto meglio che avvenga subito dopo le Olimpiadi e ad inizio stagione. Adesso sto recuperando, anche se non so effettivamente quando sarò in grado di rifare tutto. Sto lavorando per le gare dell’estate”.
Che giudizio dai al tuo 2024?
“Non mi aspettavo di poter fare tutto questo. Erano le mie prime uscite senior e non mi aspettavo agli Europei di Belgrado di conquistare due argenti. Pensavo poi di andare peggio alle gare juniores, anche perché ero convinto di avere dato tutto in quelle senior, ed invece non è stato così. Sicuramente un anno che è andato molto bene”.
Il primo Europeo da senior e subito grandi risultati. Come hai approcciato quelle gare e quali sono state le emozioni, le sensazioni e le tensioni della prima manifestazione da protagonista?
“Mi ricordo molto bene quando ho finito le eliminatorie dal metro ed ero primo, perché quando avevo iniziato la gara il mio obiettivo era entrare in finale. Poi mi sono visto primo e ho pensato che si potesse fare. Per la gara dal metro mi sono fatto prendere un po’ dall’ansia, mi sono reso conto che potevo vincere o comunque prendere delle medaglie, forse non ero pronto mentalmente. Quella dei 3 metri invece era la gara che mi preoccupava di più, anche perché facevo dei tuffi difficili, l’ho vissuta in maniera diversa. Mi sono divertito tantissimo sia in eliminatoria sia in finale. Poi ovvio in finale ho sbagliato il penultimo tuffo e sono arrivato secondo, ma nella mia testa sono consapevole che il primo posto era possibile e poi nella mia testa non ho rosicato perché non bisogna correre e le esperienza vanno fatte. Perdere la medaglia d’oro è sicuramente un’esperienza”.
Sei considerato da sempre il futuro dei tuffi in Italia. Avverti la pressione di questo ruolo e le aspettative per i tuoi risultati?
“A volte sì e a volte no. So che l’aspettativa la hanno molte persone, ma è anche vero che sono circondato da tante persone che sono comprensive, brave e che mi fanno crescere nel modo giusto. La pressione, così, è l’ultima cosa che sento. Io parlo molto con la mia allenatrice, con i miei allenatori e loro sono i primi che mi dicono durante le gare di non aspettarmi nulla e di viverle il più sereno possibile. Ho la fortuna di avere intorno a me persone veramente brave”.
Qualche cambiamento nel programma dei tuffi nel 2025? Un possibile aumento dei coefficienti o è ancora troppo presto?
“Ormai i tuffi da senior li ho fatti praticamente tutti. Quest’anno punto soprattutto a rifarli, perché comunque non ho fatto molte gare da senior. Sicuramente è un obiettivo migliorare il programma, ma non c’è urgenza. Devo solo imparare a gestire tutti i tuffi difficili in una sola gara, anche perché mi è capitato di farne due bene al posto di tre, mentre mi è capitato poche volte di farli tutti bene in una gara e quando è successo ero veramente stanco morto alla fine. Devo abituarmi a questo ritmo”.
L’obiettivo del 2025 è partecipare ai Mondiali?
“Sì, assolutamente lo è”.
In questi primi anni di carriera hai avuto davanti due figure importanti come Giovanni Tocci e Lorenzo Marsaglia. Che rapporto hai con loro e cosa rappresentano nel tuo percorso?
“Sono due persone che ammiro tantissimo e ho avuto la fortuna di conoscerli bene, perché abbiamo avuto tante trasferte insieme. Giovanni è il nostro capitano ed è il capitano migliore che potessimo avere. Anche durante le riunioni che facciamo lui trova sempre il modo di motivarci a tutti. Lorenzo ha un modo di fare diverso da Giovanni, è un po’ più giocherellone, con lui riesco a scherzare molto. Sono due persone che ammiro veramente tanto”.
Giovanni e Lorenzo sono stati quarti alle Olimpiadi dopo una finale bellissima. Hai visto la loro gara?
“Hai beccato l’unica gara che ho visto, insieme a quelle di Chiara. Sul sincro maschile mi sono concentrato di più. Una gara bellissima e dal livello altissimo. Sono stati eccezionali”.
Restando sul sincro maschile, le tue ambizioni e speranze in questa gara?
“Io ho un compagno di sincro che è Stefano Belotti, ma lui è di Bergamo e ci alleniamo insieme davvero pochissimo. Personalmente mi piacciono di più le gare individuali, anche se nel sincro c’è sempre quella cosa che se vinci una medaglia è condivisa ed è un’emozione speciale. Con Stefano ci alleniamo davvero poco o niente, forse solo una settimana prima della gara. Avendo, però, gli stessi tempismi, lo stesso peso e la stessa velocità, riusciamo a riprenderci il tempo mancante in fretta“.
Ti sei fatto conoscere al grande pubblico con le medaglie nel sincro misto con Chiara Pellacani, con cui ormai formi una coppia che è una certezza mondiale. Quali sono le difficoltà di questa gara? Sono più per l’uomo o per la donna?
“Parlo dal mio punto di vista perché non so quanto per Chiara possa cambiare. Per l’uomo è difficile dosare la forza. Sembra una banalità, ma spingere di meno è molto più difficile che farlo di più, perché non si riesce a dosare la potenza e la velocità nei movimenti. Io so che a Chiara nella fase iniziale di rincorsa aiuto ad allungare i tempi. Quello che deve seguire l’altro è sicuramente l’uomo, perché altrimenti non c’è il sincro. Io il sincro con Chiara l’ho sempre amato e mi è sempre piaciuto farlo”.
Il movimento tuffi in Italia è in continua crescita. Cosa è cambiato rispetto agli anni passati?
“C’è stato un importante ricambio generazionale già a Belgrado, ma la squadra giovanile spinge ancora di più da dietro. C’è stata un’importante evoluzione tecnica in questi anni rispetto al passato. Il primo passo era stata la costruzione della palestra dell’Acqua Acetosa, poi ora in Nazionale ci sono figure importanti come uno psicologo, un nutrizionista, una preparatrice dei pesi, un preparatore atletico che ai tempi non c’erano. Era tutto un po’ sottovalutato, mentre ora adesso ci sono tutte queste figure che riescono a completare la preparazione di un atleta”.
Cosa ti auguri per il tuo 2025?
“Intanto mi auguro di riuscire a saltare e di levarmi i problemi di questo dannato ginocchio. Poi di riuscire a partecipare alle gare più importanti come i Mondiali”.