il cheating ovvero la questione morale negli scacchi
Il comportamento sleale nel gioco degli scacchi non è un fenomeno nuovo, in fondo anche il leggendario automa “Turco” del XVIII secolo era un inganno, un’illusione facilmente smascherabile. Sappiamo tutti, fa parte ormai della leggenda degli scacchi, che all’interno della macchina c’era un uomo, mentre oggi purtroppo è l’uomo che nasconde una macchina per barare.
Il cheating si verifica quando un giocatore utilizza aiuti esterni, sia da un motore informatico che da un’altra persona, per trovare le mosse migliori, suggerimenti, analisi e compromettendo così l’esperienza competitiva e la lealtà sportiva.
L’evoluzione del gioco nel XXI secolo ha radicalmente alterato la natura della frode. L’introduzione e il costante miglioramento dei motori di scacchi (come Stockfish) hanno stabilito un limite insuperabile per la performance umana. Fin dagli inizi degli anni 2000, questi motori superano costantemente i migliori giocatori del mondo, rendendo l’assistenza informatica la forma di cheating di gran lunga più potente e diffusa.
Il periodo compreso tra il 2020 e il 2025 è stato segnato da un’escalation senza precedenti del cheating. La causa principale di questa accelerazione è stata la pandemia, che ha costretto la quasi totalità degli eventi in presenza a migrare rapidamente online. Questo boom di popolarità ha attratto milioni di nuovi giocatori sulle piattaforme digitali (come Chess.com e Lichess). E contemporaneamente è aumentato enormemente il numero dei cheaters.
Il Presidente della FIDE, Arkady Dvorkovich, ha definito il “computer doping” una “vera piaga”. Il Direttore Generale della FIDE, Emil Sutovsky, ha descritto la lotta al cheating come un’enorme questione che richiede “dozzine di ore di lavoro ogni settimana”.
In questi giorni, le vicende legate al cheating sono tornate alla ribalta in seguito alla improvvisa e prematura morte di un giovane e famoso scacchista americano, il G.M. Daniel Naroditsky, scomparso all’età di 29 anni. La famiglia, nella nota del 20 ottobre scorso, non ha fornito particolari spiegazioni. Ma nell’ambiente cresce un sospetto inquietante: le accuse ossessive di cheating ricevute dal russo Vladimir Kramnik potrebbero aver spezzato psicologicamente il giovane campione americano.
Kramnik, campione del mondo dal 2000 al 2007, ha trasformato la sua battaglia contro i bari in quella che i top player hanno definito come “isteria” e “accanimento”. Dall’autunno 2024 aveva preso di mira proprio Naroditsky, giocatore dalla reputazione impeccabile e stimato streamer con centinaia di migliaia di follower sui canali social. Un’offensiva ripetuta, implacabile.
Secondo alcuni tra i suoi più intimi amici, Naroditsky non avrebbe retto alla pressione, come rivela anche il suo ultimo video pubblicato pochi giorni prima della morte.
L’ipotesi del gesto volontario si fa strada tra dolore e rabbia, mentre il mondo scacchistico si interroga sulle conseguenze della “crociata” di Kramnik e sull’uso a volte spregiudicato di accuse gravi non corroborate da prove inconfutabili.
Ma cerchiamo di comprendere come si attua nella pratica il cheating negli scacchi.
La forma più comune di frode online è l’assistenza del motore: il giocatore consulta un software di analisi (come Stockfish o anche un motore più debole, poco importa, visto il livello raggiunto dai vari programmi) per individuare le mosse migliori.
I cheater più sofisticati hanno imparato a eludere i sistemi di rilevamento statistico attraverso una sorta di occultamento strategico, chiamato dagli esperti smart cheating. Essi non utilizzano l’assistenza del motore per ogni singola mossa. Al contrario, selezionano 2 o 3 posizioni critiche all’interno di una partita e introducono l’analisi del motore solo in quei momenti decisivi. Questo approccio parsimonioso serve a mantenere il loro profilo statistico di performance (la deviazione dall’analisi del motore) più vicino alla media umana, evitando di superare le soglie che innescano l’allarme. Ciononostante, anche un solo suggerimento da parte del motore in una posizione critica può essere sufficiente a ribaltare l’esito finale della partita. In alcune interviste, il N° 1 al mondo, Magnus Carlsen, ha spiegato che se volesse barare, gli basterebbe consultare il motore 1 o 2 volte nell’arco di una partita.
Chess.com chiude attualmente più di 100.000 account al mese per violazioni delle regole di fair play, un aumento significativo rispetto ai dati del passato. Nel primo trimestre 2025, hanno chiuso circa 314.000 account, dato indicativo di un’intensa attività di rilevamento e cancellazione di giocatori sospettati di praticare cheating. Nel tempo, Chess.com ha migliorato i suoi sistemi di controllo, con una squadra anti-cheating dedicata e sofisticati algoritmi che analizzano milioni di partite ogni giorno, permettendo di chiudere rapidamente un gran numero di account sia vecchi che nuovi (accade di frequente che un giocatore bannato ricominci a barare con un nuovo account il giorno successivo).
Il cheating, purtroppo, è praticato anche nei tornei in presenza.
Le regole della FIDE proibiscono rigorosamente l’uso di dispositivi elettronici o altre fonti di informazione nella sala da gioco. Molti scandali registrati in passato (come quelli di Gaioz Nigalidze nel 2015 e Igors Rausis nel 2019) hanno sfruttato il bagno come zona franca per accedere a dispositivi elettronici nascosti. Si posiziona il dispositivo di cheating (miniaturizzato, a volte non metallico) in un punto nascosto della sede del torneo prima che i giocatori passino attraverso i metal detector. Il giocatore recupera il dispositivo durante il gioco e lo distrugge o lo occulta prima di lasciare la sede. Oppure si bara con l’utilizzo di micro-auricolari a conduzione ossea o sensori corporei che trasmettono segnali o impulsi facilmente decodificabili.
Non mancano eccessi e rigidità nell’applicazione dei regolamenti. L’ultimo episodio è recentissimo e riguarda il campionato mondiale seniores 2025 che si sta svolgendo in Italia a Gallipoli. Un nostro stimato maestro internazionale, Giulio Borgo, ha perso una partita al secondo turno perché l’arbitro si è accorto che indossava un orologio: non uno smartwatch sofisticato collegato al cellulare o qualche altra diavoleria elettronica, ma un normalissimo Swatch analogico del tutto inidoneo a suggerire le mosse. È vero che il regolamento del torneo vieta di indossare un qualunque tipo di orologio, ma di fronte ad una palese inoffensività dell’oggetto in questione, la perdita del punto appare una sanzione eccessiva.
È pur vero che un normale dispositivo di uso comune potrebbe nascondere un micro congegno elettronico, ma per coerenza dovrebbe essere vietato indossare nella sala di torneo anche gli occhiali, una protesi ortopedica, un apparecchio acustico, finanche le scarpe… Ma stentiamo a immaginare che un Maestro di scacchi si rifornisca, prima di un torneo, da mister Q, il famoso personaggio dei film di James Bond che inventava armi e strumenti sofisticati di spionaggio…
In alcuni casi, per barare i cheater hanno utilizzato metodi più rudimentali, come semplici segnali visivi, ovvero body language codificati, come accadde nello scandalo del 2010 in cui il capitano della squadra francese, Arnaud Hauchard, aiutò un giocatore del suo team, Sébastien Feller, comunicandogli le mosse con gesti concordati.
Il caso che negli ultimi anni ha creato più scalpore è quello che ha coinvolto il campione americano Hans Niemann, giocatore entrato nella Top 15 mondiale, e l’ex campione del mondo, il norvegese Magnus Carlsen nel corso della Sinquefield Cup, importante torneo che si è svolto nell’anno 2022 negli Stati Uniti.
Carlsen, dopo aver subito una sconfitta inaspettata contro Niemann, si ritirò improvvisamente dal torneo, un gesto interpretato da molti come un’accusa implicita di cheating nei confronti dell’avversario. Pochi giorni dopo, durante un loro successivo incontro online, Carlsen abbandonò dopo la prima mossa. E scoppiò subito un vero e proprio scandalo.
La risonanza di questo evento è stata globale. Carlsen, pur non fornendo prove dirette di frode, dichiarò in seguito di ritenere che Niemann avesse “barato di più – e più recentemente – di quanto avesse ammesso pubblicamente”. Ciò che destò sospetti, anche nel comune spettatore, fu l’atteggiamento di Niemann sia durante i momenti cruciali della partita (a volte con un comportamento stranamente distratto) sia dopo la sfida, nella fase di commento in cui non riusciva, davanti alle telecamere dei commentatori che lo intervistavano, a giustificare con puntuali analisi certe scelte che aveva effettuato.
Per chi volesse approfondire il caso, ecco un video (tra le opzioni c’è anche la traduzione automatica) in cui Carlsen parla apertamente di Hans Niemann, dei sospetti, e del cheating in generale:
A un certo punto dell’intervista egli dichiara (con riferimento a Niemann): “non sembrava in quel momento che stesse giocando con uno stile particolare. Sembrava che giocasse o in modo così così, oppure che giocasse più o meno molto bene ogni posizione in certe partite, come se potesse passare dal gioco tattico a quello posizionale molto facilmente”. Carlsen conclude: “Sì, non mi convinceva. Non mi convince tuttora.”
Ma si tratta pur sempre di sensazioni, impressioni… possiamo considerarli elementi sufficienti per giustificare una squalifica?
Hans Niemann, oggi ventiduenne, in precedenza aveva confessato di aver barato da adolescente in partite online. Un’indagine approfondita condotta da Chess.com ha concluso che Niemann aveva probabilmente barato in oltre 100 partite online.
Nel 2022, il GM americano intentò una causa da 100 milioni di dollari per diffamazione contro Carlsen, la sua compagnia Play Magnus Group, Chess.com e il GM Hikaru Nakamura il quale aveva rilanciato le accuse sui suoi canali online.
Nell’agosto 2023, le parti raggiunsero un accordo extragiudiziale: Chess.com ha reintegrato Niemann sulla sua piattaforma e Carlsen si è impegnato a giocare contro di lui in futuri eventi.
Nel dicembre 2023, la FIDE ha emesso una decisione finale che sa di compromesso. Carlsen è stato multato di €10.000 per il suo ritiro non giustificato dalla Sinquefield Cup 2022, ma non è stato condannato per aver mosso accuse sconsiderate o manifestamente infondate di cheating contro Hans Niemann. Il fatto che la FIDE abbia sanzionato il ritiro dalla competizione ma non le accuse dimostra che l’organo direttivo non ha ritenuto diffamatorie e antisportive quelle dichiarazioni.
Resta il fatto che la questione fondamentale delle accuse di cheating nei confronti di Niemann è rimasta irrisolta a causa dell’altissimo standard di prova richiesto.
La causa legale, conclusa con un accordo extragiudiziale, ha messo in luce il rischio di diffamazione che i giocatori di alto livello devono affrontare quando denunciano pubblicamente il cheating.
Il caso Niemann si inserisce in una serie di scandali che hanno coinvolto numerosi Grandi Maestri negli ultimi anni, evidenziando le vulnerabilità del gioco in presenza e online Ripercorriamoli brevemente:
- Igor Rausis (anno 2019): Squalificato per aver utilizzato un telefono in bagno durante un torneo in presenza. È stato successivamente squalificato a vita.
- Gaioz Nigalidze (2015): G.M. colto con un dispositivo elettronico nascosto in bagno durante un evento in presenza.
- Sébastien Feller (2010): Coinvolto in uno scandalo alle Olimpiadi, riceveva suggerimenti sulle mosse tramite segnali codificati trasmessi dal capitano della squadra. Fu radiato dalla Federazione Francese.
- Tigran L. Petrosian (2020): Squalificato per frode online durante la Pro Chess League.
- Kirill Shevchenko, Grande Maestro di scacchi, giocatore della federazione rumena, è stato accusato di cheating durante il Campionato Spagnolo a Squadre del 2024 e poi squalificato.
Quest’ultimo caso presenta alcuni aspetti singolari. Il sospetto di cheating è sorto a causa delle ripetute e prolungate assenze del giocatore dalla scacchiera per recarsi in bagno. Lì, fu rinvenuto un telefono cellulare nascosto con un biglietto su cui era scritto: “Non toccare! Questo telefono è stato lasciato perché il proprietario possa rispondere di notte!”. Gli arbitri hanno ritenuto che l’oggetto appartenesse a Shevchenko e che fosse stato utilizzato per consultare un motore scacchistico.
Ciò che caratterizza questo episodio è la tempestiva ammissione di colpevolezza del giocatore, il quale ha confessato di aver utilizzato lo smartphone per trarre vantaggio durante una partita.
Kirill Shevchenko è stato subito espulso dal torneo e le sue due partite giocate (un pareggio e una vittoria) sono state tramutate in sconfitte. Successivamente, la FIDE lo ha squalificato per 3 anni da tutti gli eventi gestiti dalla Federazione con un solo anno di sospensione condizionale della pena. Il successivo appello, la cui decisione è intervenuta alcune settimane fa, ha confermato le sanzioni senza alcuna riduzione di pena, nonostante la spontanea confessione da parte del giocatore, il che ha destato una certa perplessità nel mondo scacchistico, considerata la difficoltà di trovare riscontri oggettivi e prove inconfutabili in casi analoghi (uso effettivo del telefono per truccare la partita).
La Federazione internazionale, infatti, richiede uno standard estremamente elevato di certezza per sanzionare un giocatore per cheating. Questo rigore, necessario per evitare una sorta di “caccia alle streghe” scacchistica, rende estremamente difficile condannare un giocatore basandosi unicamente su prove statistiche ambigue, specialmente per le frodi in presenza che non lasciano tracce digitali accertabili con certezza.
Le piattaforme online più diffuse, come Chess.com e World Chess, applicano politiche di Fair Play estremamente severe. È categoricamente vietato l’uso di software, qualsiasi tipo di estensione del browser o l’assistenza nell’ambiente di gioco di altre persone, inclusi amici, genitori o allenatori. È anche proibito utilizzare l’account di un’altra persona o avere più account attivi. Per gli eventi ufficiali online, è richiesto l’uso obbligatorio di sistemi di videoconferenza per la supervisione, includendo spesso la ripresa con telecamera, la condivisione dello schermo e il microfono attivo.
Il cheating in alcuni casi può essere presunto anche quando l’evidenza statistica non è sufficiente, purché vi siano prove aggiuntive, come testimonianze video, opinioni di esperti (GM, IM) o altri elementi caratteristici. Le piattaforme si riservano il diritto di monitorare tutte le partite e, come nel caso di World Chess, di chiudere un account senza dover fornire prove pubbliche, al fine di garantire l’integrità della piattaforma.
Tuttavia, le sanzioni imposte per il cheating online non si estendono automaticamente alle sanzioni in presenza se mancano ulteriori prove. Questa separazione sottolinea la difficoltà di trasformare la prova algoritmica statistica in una prova inequivocabile, necessaria per giungere a una pesante squalifica.
Le sanzioni previste e applicate per il cheating sono severe. Includono la squalifica immediata dal torneo, l’annullamento dei risultati, l’eventuale revoca del titolo (come nel caso di Sébastien Feller) ed esclusione a lungo termine o a vita dagli eventi organizzati (come nel caso di Igor Rausis).
C’è un aspetto che ha sempre stimolato la mia curiosità: il parallelo tra il cheating negli scacchi e il doping negli sport fisici di resistenza come l’atletica leggera e il ciclismo.
Da un lato, la pura forza mentale; dall’altro, lo sforzo fisico brutale. Eppure, quando si parla di barare, questi sport sono sorprendentemente gemelli. La caccia al “doping” sulla scacchiera e quella sulle due ruote seguono copioni quasi identici, basati su un semplice principio: scovare chi ottiene risultati troppo belli per essere veri. In entrambi i casi, lo scopo è uno solo: vincere superando i limiti umani.
Nel ciclismo e in altri sport di resistenza, il doping è praticato da tempo: EPO per aumentare l’ossigeno nel sangue, steroidi per la potenza, trasfusioni per recuperare in fretta. Si trucca il motore biologico, il corpo, per avere più resistenza e forza.
Negli scacchi, il “doping” è digitale: un software potentissimo che calcola miliardi di mosse al secondo. Si trucca la mente, trasformando una sfida di intelletto in una gara impari tra un uomo e una macchina.
L’impatto è identico: la fiducia va in frantumi. Il pubblico non sa più se sta guardando un atleta eroico o un prodotto della chimica farmaceutica, un genio della strategia o un imbroglione con un apparecchio elettronico nascosto chissà dove.
Come nascono i sospetti? Con prestazioni fuori dalla norma. Nel ciclismo, scatta l’allarme quando un atleta di medio livello improvvisamente stacca tutti in salita, sprigionando una potenza (i famosi “watt/kg”) che i dati storici associano solo a campioni notoriamente dopati. O quando un corridore recupera in un baleno le fatiche accumulate tra una tappa e l’altra.
Negli scacchi, il risultato è molto simile. Un giocatore inizia a giocare con una “precisione da motore”, non umana. Non fa mai un errore, trova sempre la mossa ottimale, anche quella più complessa e controintuitiva che solo un computer vedrebbe. Oppure, un giocatore mediocre vede il suo punteggio schizzare alle stelle in pochi mesi, un miglioramento che normalmente richiederebbe anni di studio.
Come si trovano le prove? Qui le somiglianze si fanno ancora più strette, specialmente nei metodi più avanzati.
Nel ciclismo o nell’atletica leggera si usa il test antidoping. Si cercano le sostanze proibite (l’EPO, lo steroide) nelle urine o nel sangue. È la cosiddetta pistola fumante.
Negli scacchi il primo step è l’ispezione fisica. Si usano scanner e metal detector per cercare dispositivi elettronici nascosti. Si controlla se il giocatore va troppo spesso in bagno (magari per consultare un telefono) o se fa segnali strani.
Ma esiste un metodo più sofisticato: il cosiddetto “Profilo Sospetto”.
Questa è la parte più interessante. E se il baro fosse così furbo da non farsi trovare positivo alle analisi (o con il telefono in tasca)? Gli investigatori hanno smesso di cercare solo la causa (la sostanza) e hanno iniziato a cercare l’effetto (il risultato anomalo).
Nel ciclismo e nell’atletica leggera si adotta il cosiddetto “passaporto biologico” (ABP). Invece di cercare la singola sostanza, si monitorano i valori del sangue di un atleta nel tempo (ematocrito, emoglobina, ecc.). Se questi valori hanno un picco improvviso e ingiustificato, anche senza trovare la sostanza specifica, l’atleta viene squalificato. È l’anomalia nel profilo biologico a tradire il doping.
I test antidoping vengono sempre più spesso eseguiti in competizione e fuori competizione, in modo casuale e su base regolare. Tecniche di rilevazione individuano agenti mascheranti e sostanze non originate in modo naturale.
Negli scacchi potremmo definirlo il “passaporto statistico”. Si fa esattamente la stessa cosa, ma con le mosse. I sistemi anti-cheating analizzano il “profilo” di un giocatore partita dopo partita. Se l’accuratezza delle mosse si discosta troppo dal suo standard abituale e combacia (entro un determinato range) con quella di un computer, può scattare la squalifica. L’anomalia nel profilo statistico tradisce l’imbroglio.
Alla fine, che si tratti di analizzare campioni di sangue o database di mosse, la lotta è la stessa: difendere l’integrità del gioco e assicurarsi che a vincere sia l’uomo, non la sua “pozione magica” chimica o digitale.
La lotta al cheating negli scacchi richiede un costante aggiornamento tecnologico. Attualmente si fa un uso congiunto di algoritmi statistici per il gioco online e di misure di sicurezza fisica per i tornei in presenza.
Un ruolo significativo ha assunto il cosiddetto “Metodo Regan”, utilizzato anche dalla FIDE. Vediamo in che cosa consiste. Questo algoritmo si basa sul calcolo dell’Intrinsic Performance Rating (IPR) di un giocatore. L’IPR valuta la qualità delle mosse effettuate in una partita o in una serie di partite, misurando la deviazione di tali mosse rispetto alle raccomandazioni fornite dai motori di scacchi di massimo livello.
In parole povere, questo metodo si può paragonare al lavoro di un “professore” super esperto che deve correggere un compito in classe. Questo professore fa una cosa molto concreta: esamina il compito e lo confronta, parola per parola, con un modello quasi “perfetto”, quello scritto dallo studioso o esperto più bravo del mondo (il motore scacchistico). A questo punto, calcola quanto il compito è stato vicino alla perfezione. Questo voto si chiama IPR (Intrinsic Performance Rating). Con pochissimi errori si otterrà un IPR altissimo.
Ora, il professore fa l’ultimo controllo. Tira fuori il curriculum scolastico dell’alunno (nel nostro esempio il punteggio ELO maturato nel tempo), e individua i voti mediamente ricevuti.
Se il professore vede che uno studente da 7 (uno scacchista con Elo di 2000 raggiunto nel corso di diversi anni), ha improvvisamente fatto un compito da 10 e lode (ELO schizzato a 2500 in 12 mesi), si accende una lampadina, perché è statisticamente troppo anomalo.
Nonostante la sua base tecnica evoluta, il sistema Regan affronta criticità significative. È vulnerabile al cosiddetto “cheater intelligente” che utilizza l’assistenza del motore con parsimonia, solo in 2-3 momenti chiave, mantenendo l’IPR medio al di sotto della soglia di allarme. Inoltre, lo stesso Regan ha suggerito che il suo metodo necessita di una quantità notevole di dati per un rilevamento efficace.
La prevenzione in presenza si concentra, invece, sulla sicurezza fisica e sull’isolamento della sala da gioco, fermo restando che gli arbitri devono agire con cautela e riservatezza durante le ispezioni.
La FIDE e gli esperti raccomandano che la sala da gioco sia concepita per essere il più isolata possibile, La videosorveglianza con strumenti ad alta fedeltà deve coprire non solo la scacchiera ma anche i giocatori e l’intera area di gioco.
Una misura difensiva fondamentale per i tornei in presenza è l’applicazione di un ritardo di trasmissione di almeno 30 minuti per tutte le partite a cadenza classica, attualmente già adottato in molti tornei. Questo impedisce a complici esterni di analizzare le posizioni in tempo reale con il motore e di inviare il suggerimento al giocatore prima che la mossa debba essere eseguita.
Ecco in sintesi cosa propongono gli esperti per arginare il fenomeno:
1. Integrazione Algoritmica-Umana: è necessario sviluppare e standardizzare protocolli ibridi che non si affidino esclusivamente ai dati statistici. L’analisi algoritmica va integrata dalla valutazione di esperti (GM e IM) che forniscano opinioni motivate sui casi dubbi.
2. Rafforzamento della Sicurezza in presenza: l’investimento in sicurezza fisica deve essere obbligatorio e severo. Non solo metal detector avanzati capaci di rilevare anche materiali non metallici, ma anche una rigorosa videosorveglianza delle aree sensibili, come le aree di riposo e i bagni, anche se ciò è difficile da conciliare con le problematiche relative alla tutela della privacy. Inoltre, il ritardo di trasmissione di 30 minuti deve essere standardizzato per impedire l’assistenza esterna in tempo reale.
3. Trasparenza Controllata e Normativa sul Comportamento: sebbene il rischio legale imponga cautela, la FIDE deve trovare un equilibrio per aumentare la trasparenza riguardo ai risultati delle indagini, specialmente quelle che coinvolgono giocatori di alto livello. È essenziale ristabilire la fiducia della comunità.
La battaglia contro il cheating è in crescita costante. L’evoluzione continua dell’intelligenza artificiale non solo fornisce strumenti di frode più potenti, ma offre anche la possibilità di difese algoritmiche più sofisticate. Il futuro degli scacchi competitivi, in particolare ai massimi livelli, dipende dalla capacità degli organismi direttivi di mantenere l’equilibrio tra la massima sicurezza tecnologica e il ripristino della fiducia tra i concorrenti.
In assenza di questo equilibrio, la crisi di integrità continuerà a minare la credibilità degli scacchi.
Le conseguenze più profonde del cheating non sono solo sanzionatorie, ma culturali. Le dichiarazioni di giocatori di spicco, come Magnus Carlsen e Fabiano Caruana, riflettono una profonda crisi di fiducia all’interno dell’élite.
L’ex campione del mondo Magnus Carlsen ha sottolineato come il cheating minacci il fondamento stesso della competizione. Carlsen ha affermato che “alla fine, il gioco non funziona se non ti fidi dei tuoi avversari”: se qualcuno dubita fondatamente della correttezza dell’avversario, giocherà tutta la partita con un evidente handicap psicologico.
Fabiano Caruana, uno dei più forti Grandi Maestri al mondo è stato ancora più esplicito, dichiarando pubblicamente, in riferimento al gioco online: “Qualcuno nella top 10 ha barato. Scommetterei su questo”.
Caruana ha spiegato che i giocatori di élite hanno la capacità di “sentire la differenza” tra il modo in cui i loro colleghi giocano in presenza e la loro performance online, sostenendo che un giocatore non può improvvisamente diventare 200 punti Elo più forte o iniziare a vincere costantemente contro i migliori se non è aiutato da un motore. Ha avvertito i cheater di alto livello che non basta essere furbi usando in modo parsimonioso il motore, perché i colleghi più forti percepiscono l’anomalia.
Ma il problema è proprio questo: l’opinione degli esperti, la percezione soggettiva dei top player, il “sentire la differenza” sono elementi sufficienti a colmare le incertezze delle sole prove statistiche?
Sta di fatto che ogni affermazione non suffragata da prove e accuse specifiche, rischia di delegittimare l’intero vertice del ranking mondiale.

