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‘La regina degli scacchi’ di Netflix evidenzia la connessione scacchi-tennis-

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Si dice spesso che il tennis sia l’evoluzione atletica degli scacchi. Si può invece affermare che gli scacchi siano una forma di tennis mentale? Forse una risposta può essere trovata ne “La regina degli Scacchi” (The Queen’s Gambit è il titolo originale), popolare serie TV in sette episodi incentrata su un giovane prodigio degli scacchi. Sebbene si faccia solo un breve accenno al tennis, essa rivela un’affinità precipua e duratura fra i due sport.

La protagonista è Elizabeth “Beth” Harmon, una giovane orfana, sopravvissuta a un terribile incidente d’auto causato dalla madre. Mandata a vivere in un orfanotrofio, si imbatte negli scacchi grazie alla passione di un bidello e dimostra rapidamente un’eccezionale attitudine al gioco. Di notte, sotto l’influsso di tranquillanti, Beth fissa il soffitto e visualizza una scacchiera immaginaria. Di giorno, Beth divora libri di scacchi, studiando giocatori, schemi e mosse del passato – in poco tempo diventa una stratega come Martina Hingis e un killer spietato come Rafael Nadal.

Durante una partita, ben consapevole di avere un avversario completamente in pugno, Beth chiede alla sua imminente vittima: “Vedi come andrà a finire o vuoi aspettare che sia segnato sul tabellone?” Come ha detto il produttore esecutivo dello show, William Horberg, viene mostrato il suo killer instinct, il bisogno esistenziale di vincere”.

Il modo in cui gli scacchi diventano la principale fonte di salvezza di Beth suonerà familiare a molti tennisti. Dice Beth in un passaggio significativo: “Mi sento al sicuro. Posso controllarlo. Posso dominarlo. Ed è prevedibile. Quindi, se mi faccio male, ho solo me stessa da incolpare”.

Questa definizione si avvicina ad una celebre frase detta una volta dal grande Jimmy Connors riguardo al singolare DNA del tennis. A differenza degli sport di squadra, nel tennis, “il tuo destino dipende esclusivamente da te stesso”. Inoltre, come Connors, John McEnroe e Pancho Gonzales, ci sono diversi momenti nei quali Beth attinge alla propria rabbia come strumento motivazionale. In maniera non troppo velata si deduce che gli scacchi e il tennis sono sport adatti alle persone diffidenti.

A livello concettuale, la connessione scacchi-tennis è evidente. Un conto è essere in grado di colpire bene una pallina da tennis, un altro è sapere cosa è necessario per conquistare punti e competere in modo costante. Il gioco [del tennis] proietta dei pezzi in costante movimento, dice il finalista di Wimbledon del 1983 Chris Lewis, che attualmente gestisce la Brymer Lewis Tennis Academy con sede nella California meridionale. 

È in questo modo che lo studio e la pratica di vari giochi, modelli e strategie alza l’asticella nello sport. Jim Egerton, insegnante di scacchi e tennis a Chicago, le profonde somiglianze fra i due sport sono un tema fondamentale. Un articolo che Egerton ha scritto per TennisPro evidenzia che “molte delle strategie utilizzate in entrambi i giochi sono generate dal fatto che una scacchiera ed un campo da tennis sono formati da quattro forme laterali con proprietà geometriche simili”. Come spiega Egerton, l’idea è quella di far arrivare il tuo avversario in una brutta posizione del campo“.

“Una corretta mentalità scacchistica consiste nel sapere dove indirizzare il match”, afferma Gene Mayer, due volte campione Slam di doppio e N.4 ATP in singolare nel 1980. Bimane con entrambi i colpi da fondo, Mayer ha applicato il suo approccio scacchistico al tennis, disorientando completamente gli avversari con una vasta gamma di colpi, angoli e rotazioni, ridisegnando il campo coi suoi colpi. “Ci sono metodologie molto differenti per attaccare nel tennis”, afferma Mayer. “[John] Isner cerca l’attacco fin dal primo colpo. Io invece, cercavo di colpire tra le sei e le otto palline a punto. Preferivo che lo scambio andasse per le lunghe”.

Audrey Grigore, membro della squadra di tennis della Marshall University, in gioventù ha gareggiato diversi anni negli scacchi – l’equivalente di una tennista junior classificata nelle prime posizioni a livello nazionale – e percepisce un legame diretto con il tennis. “Gli scacchi mi hanno aiutato a pensare”, dice Grigore. Cerco di captare le debolezze del mio avversario e gli scacchi mi hanno aiutato tanto da questo punto di vista“.

Dice Sophia Nguyen, una tennista junior residente a Santa Rosa, California: “La pazienza è una virtù fondamentale degli scacchi. Bisogna usare il cervello così come nel tennis. Sono entrambi molto tattici. Devi guardare oltre il semplice punto, prevedendo cosa succederà, senza focalizzarti troppo su di esso”. “Sono entrambi basati su studio, emozioni e istinto”, dice Martina Navratilova, che ha praticato entrambi gli sport. “E poi la tua personalità si riflette nel modo in cui giochi a tennis o a scacchi. Stai pensando già ai colpi successivi? Nel caso di Navratilova, ciò significava cercare costantemente modi per arrivare in rete, spesso con la combinazione del suo slice di rovescio incrociato e del dritto topspin.

Paragonando diversi tennisti ai pezzi degli scacchi, Navratilova considera Roger Federer come la Regina: “Può fare ciò che vuole”. L’inclinazione di Monica Seles nel colpire la palla in anticipo e creare angoli taglienti la rende simile all’alfiere, che si muove in diagonale. Fabrice Santoro, che ha ampliato il suo campionario di colpi lavorando con Mayer in gioventù, è come il cavallo: “Ti sconfigge in maniera subdola”. 

Dal 2013, Dan Lucas, direttore del reparto di comunicazione della US Chess Federation, nonché appassionato di tennis, organizza un’esibizione tennistica per giocatori e familiari durante lo US Open di scacchi. Secondo Lucas, per conquistare un punto nel tennis o per vincere una partita di scacchi devi costruirti lentamente una posizione di superiorità accumulando piccoli vantaggi. Anche gli errori commessi dai principianti sono simili: i tennisti alle prime armi cercano esclusivamente di tirare un servizio il più forte possibile; ai giocatori principianti di scacchi piace attaccare l’avversario in maniera diretta fin dalle prime mosse [strategie facilmente contrastabili da giocatori migliori]”.

Eppure, per ogni aspetto positivo che circonda gli scacchi e il tennis, ci sono anche aspetti negativi. La pressione per la vittoria, la sfiducia e la solitudine possono degenerare in paranoia ed isolamento. Nel caso di Beth, questa serie di fattori porta a una fase di esaurimento che, come successo a varie star del tennis, degenera in abuso di sostanze, una casa sempre più disorganizzata e depressione. Solo l’arrivo di un amico conosciuto ai tempi dell’orfanotrofio riaccende Beth, riconducendola sulla retta via.

Il fatto di essere americani gioca inoltre un ruolo significativo nel viaggio di Beth, così come nella vita sportiva di molti tennisti. Come si vede nella serie tv, infatti, la Russia è la nazione dominante degli scacchi, non solo per il suo impegno di lunga data in questo sport, ma anche perché i suoi giocatori lavorano insieme per studiare le partite passate, valutare gli avversari e sostenersi a vicenda. Al contrario, i giocatori di scacchi americani spesso lavorano da soli, così come succede con i tennisti a stelle e strisce. Anche se le star del tennis americano uniscono le forze per eventi mondiali come la Coppa Davis e la Billie Jean King Cup (ex Fed Cup), la solidarietà tra compagni nel mondo del tennis americano è sempre stata molto lontana da ciò che invece avviene in Spagna, Svezia e Australia. Così come per i lupi solitari americani Connors e Gonzales, non è facile per Beth competere ed avere contatti col mondo esterno.

Ha chiaramente problemi di socializzazione, afferma Horberg. “Su questo problema è basato il suo personaggio nella serie: col passare degli episodi cerca di accettarsi e comunicare con le persone”. 

Nella settima e ultima puntata di The Queen’s Gambit, Beth sconfigge il campione del mondo in carica, il russo Vasily Borgov. “Lui è come Bjorn Borg”, dice Horberg. “Non commette errori”. Avendo perso contro Borgov in precedenza, Beth viene intrappolata dallo stile di gioco del russo, metodico ed estremamente disciplinato. Beth si rende finalmente conto che per battere Borgov deve attingere dall’esperienza e dalla collaborazione dei suoi compagni di scacchi. Assieme al gruppo di scacchisti americani, nel corso di una lunga telefonata, Beth sceglie le sue strategie di gioco, studiando una serie di mosse alternative ed elaborando un piano di gioco che si rivelerà vincente.

Fiduciosa ed incoraggiata come un giocatore della Billie Jean King Cup che ha allenato i colpi per ore in allenamento con i propri compagni, Beth gioca in modo intelligente ed aggressivo, sconfiggendo Borgov. Al termine del suo entusiasmante percorso ha quindi superato i suoi demoni emotivi, costruito delle amicizie, e trovato la redenzione personale.

Dopo il grande trionfo, Beth cammina per le strade di Mosca e vede un gruppo di uomini anziani giocare a scacchi, in un’atmosfera che ricorda il più classico dei raduni di ex-giocatori in un qualsiasi circolo di tennis. Nella scena finale della serie, Beth si siede di fronte ad una scacchiera per gareggiare contro un signore che per certi versi somiglia al suo primo mentore ai tempi dell’orfanotrofio. Il cerchio si chiude, in un percorso che mostra più di qualche similitudine con questa clip di YouTube del 2013 di un Connors di 60 anni che colpisce metodicamente la pallina contro il muro:

“Non smetteremo di esplorare”, scrisse il poeta T.S. Eliot, “E la fine di tutte le nostre esplorazioni / Sarà ritornare da dove abbiamo iniziato / E scoprire quel posto per la prima volta”.

Scacchi e tennis: sport eccentrici, sottilmente ma potentemente collegati dalle nostre relazioni con l’avversario, ai pezzi, al tabellone, a noi stessi, al gioco. Come Beth dice al suo avversario nelle ultime parole della serie: “Giochiamo”.


Traduzione a cura di Marco Tidu

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