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Cappuccetto e il Lotti

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Ovvero: Le interviste di Scribacchino (5)

Oggi ben tre interviste per il mio giornale “La stronzata”! Con Fabio, Cappuccetto Rosso e il Lupo cattivo. Al telefono Fabio l’ho sentito piuttosto arrabbiato, per non dire incazzato. Ad essere sincero mi è sembrato un po’ fuori di testa…
Intervista a Fabio
Eccolo che arriva.
– Salve Fabio mi…
– Ci deve essere in giro qualcuno, nascosto da qualche parte, ovvero un gruppo di disgraziati maledetti che ce l’hanno con me.
– Qualcuno che ce l’ha con te? Ma chi…
– Una banda. La banda degli stronzi che si diverte a far sparire o a sgretolare crudelmente quelli che sono stati i miei miti!
– Scusa, ma di quali miti parli.
– Prendiamo Totò. Il mio grande Totò sbeffeggiato a suo tempo dalla critica ufficiale. Quello di siamo uomini o caporali o di noio volevam savoir con Peppino De Filippo e ricordo pure la famosa lettera con l’intestazione autonoma. L’hai presente?

– Veramente io sono molto più giovane di te.
– Molto più giovane e molto più ignorante! Quello che con grande charme apre l’occhio allo pseudo artista pittore e gli ci sputa dentro con festosa meraviglia dei presenti tra i quali l’eccelsa Franca Valeri. E che nello stesso film dichiara estremamente convinto, contro chi la pensa diversamente, che la serva serve. Eccome se serve, soprattutto se bene arrotondata nei posti giusti. Non ti ricordi nemmeno di questo?
– Beh, insomma…
– Totò, il mio grande Totò che me l’hanno fatto morire. Quello ancora della pernacchia al Terzo Reich o della carta bianca con cui ci si pulisca il culo e di altre mille scene da mandare a memoria che ho tutte qui nella capa pelata.
– Te l’hanno fatto morire. Via, non diciamo sciocchezze. Tutti, prima o poi dobbiamo andarcene sperando di cascare tra le braccia di nostro Signore.
– No, non c’entra niente nostro Signore. Lasciamo perdere la religione. Qua c’è una banda di vigliacchi che godono nel farmi soffrire. Ma ogni limite ha una sua pazienza e verrà un giorno…
– Calmati, bevi un sorso di Chianti classico.
– Mi hai già fregato una volta e non mi freghi più. Lo stesso vale per Alberto Sordi, il mio Albertone. Cazzarola quante risate! Di lui, almeno ti ricorderai qualcosa.
– Di lui, sì, mi ricordo qualche scena.
– Meno male. Quello che lui è lui e noi non siamo un cazzo ma, soprattutto, l’Albertone di “Un americano a Roma” che distrugge i “maccaroni” perché l’hanno provocato, dopo che la tartina di pane con yogurt, marmellata e mostarda gli ha fatto venire il voltastomaco. Te lo ricordi?
– Sì, mi sembra di sì, sai sono molto…
– Sei molto giovane. Praticamente un bambino in fasce. Lasciamo perdere. Oppure, oppure, fra le tante la famosa pernacchia agli operai a cui aggiunge il gesto dell’ombrello nel film “I vitelloni”. Albertone con il faccione rotondo, capace anche di suscitare profonde emozioni insieme a Vittorio Gassman ne “La grande guerra”, perché lui non sa niente, è un vigliacco, lo dice apertamente ai tedeschi. E non aggiungo altro. Ci deve essere, lo ripeto, una banda di delinquenti, disgraziati maledetti che si tramandano le loro trame di padre in figlio per farmi star male.
– Ma no, via, siamo seri…
– Siamo seri un corno! Basta ricordare il già citato Vittorio Gassman. Grande attore. Recita da divino l’Otello e si butta, magnificamente balbettante, nella banda de’ “I soliti ignoti.” Tanto per dirne un paio, e infiliamoci pure il bizzarro eloquente Brancaleone da Norcia con la scoppiettante colonna sonora che mi apre al sorriso solo a pensarci.


– Questa mi sembra…
– Ma che ti sembra e ti sembra. Non sai niente, nemmeno, sono sicuro, di Stanlio e Ollio, la coppia più comica del mondo. Il mio povero Ollio che, prima di finirlo, lo hanno ridotto come uno stecchino striminzito. Lui, così giovialmente panciuto, così bello cicciotto e rotondo. Ah…
– Insomma, cosa vuoi dire, cosa vorresti fare?
– Semplice, scovare la banda dei deficienti che tolgono di mezzo i nostri miti e farli fuori. Perché i miti devono esistere e vivere…
– Ma già vivono dentro di noi!
– Devono vivere anche fuori di noi! Finché siamo noi a vivere! Non devono lasciarci per nessuna ragione al mondo. Lo vuoi capire sì, o no! Sempre belli arzilli e pimpanti a ricordarci i nostri momenti più belli. Altrimenti…
– Altrimenti?…
– Altrimenti la vita si riduce ad una semplice, ignobile stronzata come il titolo del tuo giornale. Scrivilo, scrivilo. Una bella stronzata. Scrivilo sul tuo giornale e chiedilo anche ai nostri lettori.
– Lo…lo scriverò. E lo chiedo subito anche ai lettori del blog. Senza i nostri miti ancora vivi la vita è una semplice stronzata?
– Bene, vedrai che tutti saranno d’accordo con me.
– Mah…


Intervista a Cappuccetto Rosso
Buongiorno Cappuccetto Rosso
• Buongiorno.
• Beh, ti immaginavo diversa, più piccola con il mantello e il cappuccio rosso. Sembri molto più grande, una ragazzina di oggi, vestita alla moda con i jeans strappati, il piercing al naso…
• Infatti sono così. Mi hanno costretta e mi costringono, truccandomi, a essere la deficiente che appaio nella fiaba. Non ne posso più, lo faccia sapere a tutti i suoi lettori!
• Incredibile, ma…
• Sono stufa di portare tutti i santi giorni la merendina alla nonnina malatina, fare cinque chilometri a piedi e incontrare quel bischero di lupo…
• Ma non è il lupo cattivo? Non ti fa paura?
• Ma che cattivo e cattivo, si è pure innamorato di me e non mi lascia in pace un secondo.
Squilla il cellulare di Cappuccetto Rosso.
• Eccolo! Allora quante volte te lo devo dire di non chiamarmi più! Non mi piaci, puzzi, hai troppi peli dappertutto, lo vuoi capire sì, o no?
Spenge il cellulare.
• Ha visto? Che le dicevo?
• Incredibile. Ci scriverò sopra un bell’articolo…
• Ecco, bravo, lo scriva, lo scriva. E scriva anche che non ne posso più di fare quelle stupide domande sulle mani grandi, sugli occhi grandi, sulla bocca grande del lupo-nonna e di ritrovarmi nella sua pancia schifosa. Un puzzo insopportabile e, una volta che quell’altro bischero di cacciatore è arrivato in ritardo, ho rischiato pure di morire asfissiata.
• Acc…, non ci posso credere.
Cappuccetto Rosso tira fuori un pacchetto di sigarette, si alza di scatto e si mette a fumare.
• Ne vuole una?
• No, grazie.
• Mi scusi ma mi devo sfogare con il fumo, che ho addosso una rabbia! Io mi sento adatta per altri ruoli, più belli, più femminili, più importanti. Ma niente, nessuno mi dà ascolto. Insomma mi sono rotta e quindi…
• E quindi?
• Non voglio essere più chiamata Cappuccetto Rosso ma…
• Ma?
• Cappuccetto Rotto! Arrivederla.
• Arrivederci. Caspiterina che colpo giornalistico, ragazzi!

Intervista al lupo cattivo di Cappuccetto Rosso
Nell’ufficio dello Scribacchino ecco che arriva l’altro personaggio.
• Buongiorno lupo.
• Buongiorno.
• Si sieda, la prego. Vedo che si è vestito di tutto punto con giacca e cravatta e…
• E profumo, vero? Ce l’ho messa tutta questa volta. Mi sono versato addosso tre litri di Armani. Così non potrà più dire che puzzo.
• Chi?
• Cappuccetto Rosso. Ne sono innamorato. Il suo bel volto, il suo sorriso, la sua dolce voce…
• Splendida notizia per il mio giornale. Ma credo che ne abbia qualche altra succulenta da darmi, altrimenti non avrebbe fissato questo appuntamento.
Il lupo ulula, stringe le zampe, allarga gli occhi rossi che mettono paura.
• Voglio scappare, andare via dalla fiaba, diventare un attore di successo! Non ne posso più di correre per il bosco, mangiare una nonna schifosa e anche la mia bella Cappuccetto Rosso.
E qui il lupo improvvisamente si commuove e, incredibilmente, singhiozza.
• La mia bella Cappuccetto Rosso, capisce? Ogni volta che la mangio mi si stringe il cuore.
• La capisco, la capisco, su non pianga. Chissà quante lupacchiotte le faranno la corte! Un lupo così elegante, e così bello…
• Grazie, lei è molto gentile. Comunque stanotte scapperò dalla fiaba, porterò via con me Cappuccetto Rosso, lo scriva, e mangerò quel cretino di cacciatore che mi taglia sempre la pancia. Lo scriva, lo scriva.
Il lupo si alza e se ne va lanciando nell’aria un ululato che fa tremare l’ufficio.
• Lo…lo scriverò.
Scribacchino si frega le mani. Un’altra notizia bomba per il suo giornale.

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