Notte prima degli esami, anzi dell’ultima prova. Dorothea Wierer, nostra signora del biathlon, sfoggia una calma ancora olimpica e quel bel sorriso che è un marchio di fabbrica, nonostante la sua terza settimana oltre muraglia. Al collo ha il suo bronzo olimpico più nuovo: è il terzo dopo le staffette miste, mixed relay del 2014 e del 2018, ma stavolta è tutto suo, in una gara individuale sprint. Fra poche ore, però, ci sarà di nuovo da caricare la carabina e fa andare gli sci, su nei boschi di Zhangjiakou, nella mass start, la gara con partenza in linea anticipata di un giorno per il maltempo in arrivo (dirette tv e web 18 febbraio dalle 8).

Finalmente arriva la mass start. È la tua cup of tea: prima dei Giochi hai vinto ad Anterselva e con un altro quarto posto sei in testa al ranking. Quante forze restano per affrontarla?

«Le troveremo, le raccogliamo tutte. Non è facile ma ci proviamo come sempre: credo che il poligono domani farà la differenza».

Ci spieghi questa Cina difficile? Vento, gelo, neve…

«Le condizioni ci hanno messo a dura prova. Fa freddissimo, c’è stato spesso vento, gareggiamo quasi sempre al crepuscolo e mettiamoci pure che la neve è lentissima. Ah, poi il fuso che ancora ogni tanto da problemi…».

E la quota: perché 1700 metri sono tanti per un biatleta abituato sulle Alpi?

«Perché la quota si unisce ad una neve molto diversa, lenta, tutta da spingere. Sono, in effetti, condizioni in cui ci siamo alleanti meno, più simili al contesto in cui vivono russi o canadesi. Però lottiamo!».

Salviamo qualcosa di questa Cina: mandaci una cartolina!

«Be, ci metto la medaglia e un bel bagaglio di esperienza in più! C’erano molte aspettative. Sulla squadra, sui i singoli atleti, mi sono tolta un peso e sono felicissima».

Immagina la scena: mentre tu gareggi, in Italia splende il sole, la pasta bolle in pentola e magari vi guardiamo in tv facendo l’uncinetto, il tuo passatempo preferito…

«Ah, no! Non infierite! Non vedo l’ora di tornare. Qui è stata dura, anche dopo anni ai vertici, non mi aspettavo condizioni così dure. Le bolle per il Covid sono giustamente rigidissime e quindi spesso ci si sente soli. E poi, lasciatemelo dire: il cibo. I primi giorni il menù mi sembrava sempre quello: plastica condita con disinfettante. Poi ti abitui, ma posso dirlo?»

Una campionessa può dire tutto…

«Noi siamo abitati benissimo in Italia e mi rendo conto, ogni volta che mi allontano, di quanto siamo fortunati e di tutto il bello che ci circonda. Anche nel piatto!».

Forza Dorothea: ritrova la bimba di Anterselva che era in te per lottare ancora un giorno!

«Ma certo: quella bimba sono ancora io, perché un campione evolve, ma resta un “animale da gara” e vive per lottare e battersi sempre al meglio, senno avremmo cambiato lavoro!».

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Teknica Srl - courtesy press office Omega

Parliamo di tempo, che con Omega vi accompagna in questo percorso olimpico: misurarlo, riempirlo batterlo, che cos’è per te e com’è cambiata la percezione che ne hai?

«Il tempo è un concetto fondamentale per un atleta e il tempismo è cruciale per un biatleta. Il tempo è sempre un avversario in pista, perché noi gareggiamo anche contro un cronometro, oltre che contro i “colleghi”, ma il tempo è anche ciò che ti rende campione nell’organizzarti al meglio, fuori dalla pista, quando devi imparare a gestirlo e a riempire… quei preziosi momenti liberi che ti restano. Essere atleti significa essere anche campioni nel tempo».

E allora il tempo può essere anche un alleato che ti porti per mano fino a Milano-Cortina 2026 con le gare di biathlon che saranno proprio a casa tua, fra i boschi di Anterselva?

«Eh, si è un alleato… ma in questo caso direi che andrebbe fermato: ho 32 anni!».

Capisco che sia difficile immaginare ora i Giochi del 2026, alla vigilia di un’altra gara olimpica, ma un pensiero ce lo fai?

«Certo, ma bisogna essere realistici e capire una cosa: il nostro percorso non è sempre lineare. Mi alleno tanto, quindi andrò bene: non è sempre così. Può succedere che ci siano alti e bassi e che gli sforzi non corrispondano ai risultati. Un anno fai uno step gigante, quello dopo ti fermi. E questo è anche il tempo che passa».

Intanto a Pechino 2022 è stato il tempo delle donne! La maggior parte delle medaglie è in rosa.

«È vero, penso che sia dovuto anche al fatto che i risultati di Tokyo 2020, strepitosi ma più al maschile, ci abbiano dato una bella sferzata. Così quelli sono stati i Giochi degli uomini e Pechino delle donne. Siamo pari, ma con un bel record qui in Cina dove la spedizione azzurra è la seconda più vittoriosa di sempre per i Giochi Invernali, con 16 medaglie… per ora».

O forse è merito di una donna, armata come te, che fa ancora paura agli uomini?

«Ah, ma non credo di aver mai fatto paura!».

Al tuo ritorno avrai ancora molti compiti da fare: lo sai?

«Mi potrò riposare qualche giorno, poi avremo una settimana per riprendere gli allenamenti e quindi altre 3 settimane di coppa del Mondo».

E tu sei in testa alla classifica della mass start

«Già, diamo tempo al tempo!».

Gli italiani vincono molte medaglie, ma poi ci sono carenze negli impianti, nell’organizzazione sportiva. Come mai?

«È vero, in tante discipline ci sono pochi praticanti, pochi impianti, diversi temi su cui lavorare, ma io penso proprio che è da qui, da questi limiti, dalle maggiori difficoltà che nasce una grandezza ancora più pura delle impresa di molti. Ed è una bella storia».

E allora qual è la medaglia più bella? L’ultima o la prossima?

«Vorrei dire la prossima, intanto dico l’ultima!»