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Andrea Amato è il protagonista della 32a puntata di Post&Dual Career

C’è un tipo di leadership che non si distingue solo per le schiacciate o le giocate spettacolari, ma anche per visione e responsabilità. Andrea Amato, capitano dell’Urania Milano, appartiene a quella categoria di atleti che non si limitano a giocare, ma costruiscono.

Laureato in Scienze Motorie e prossimo al titolo in Management Sportivo, Amato è uno dei pochi cestisti italiani ad aver intrecciato studio e professione con coerenza e curiosità. È attualmente componente del GIBA Senior Players Advisor Board

La sua collaborazione con l’Università Bocconi per l’“Andrea Amato Summer Camp” ne è la prova più concreta: un progetto che unisce sport, formazione e cultura in un’esperienza pensata per ispirare i più giovani. Perché il basket è molto più di un gioco: è un modo per crescere, dentro e fuori dal campo.

Laureato in Scienze Motorie e a breve anche in Management Sportivo: oltre al giocatore, che cosa ci racconti dell’Andrea Amato al di fuori del campo?
Fuori dal campo sono una persona curiosa, determinata e con tanta voglia di costruire e conoscere. Lo studio mi ha accompagnato in questi ultimi anni, perché credo fermamente che un atleta debba pensare al futuro mentre è ancora nel presente. Mi appassiona tutto ciò che riguarda il mondo dello sport a 360 gradi: dall’organizzazione di eventi alla gestione, fino alla formazione dei giovani. 

Il tuo legame con l’ambiente universitario si estende anche oltre lo studio: come è nata l’idea e la collaborazione con Bocconi per l’ ”Andrea Amato Summer Camp”?
L’idea dell’Andrea Amato Summer Camp nasce dal desiderio di restituire qualcosa allo sport che mi ha dato tanto, creando un progetto che fosse molto più di un semplice camp estivo. Ho voluto costruire un’esperienza che unisse crescita personale e cultura, in un contesto d’eccellenza come quello dell’Università Bocconi, con cui condivido valori fondamentali come l’impegno, l’etica e la visione internazionale.
La collaborazione con Bocconi è nata in modo naturale. Ho presentato l’idea del camp come un’iniziativa che potesse valorizzare lo sport come strumento educativo, e da subito ho trovato grande apertura e sostegno. L’obiettivo è offrire ai giovani partecipanti non solo allenamenti di alto livello, ma anche momenti di ispirazione e confronto, coinvolgendo ospiti unici, professionisti del mondo dello sport, giocatori ed allenatori di NBA, Eurolega e Serie A.
Il camp è un’estensione dei miei valori e del mio percorso, e rappresenta un punto d’incontro tra ciò che sono come atleta e ciò che sto studiando come professionista nel mondo dello sport management.

Qual è il valore, per te, di collaborare con Bocconi e lavorare con le sue strutture moderne e all’avanguardia?
Collaborare con l’Università Bocconi rappresenta per me un enorme valore, sia dal punto di vista professionale che personale. Bocconi è un punto di riferimento internazionale per l’innovazione, la qualità della formazione e la visione strategica, ed è proprio questo approccio che cerco di trasferire anche nell’esperienza del mio Summer Camp.
Avere la possibilità di lavorare in strutture moderne, tecnologicamente avanzate e progettate per valorizzare lo sport e l’apprendimento, mi consente di offrire ai ragazzi un ambiente stimolante, sicuro e altamente formativo. Ma oltre alle infrastrutture, ciò che conta davvero è il contesto culturale: Bocconi è un luogo dove si respira eccellenza, dove ogni iniziativa è pensata per costruire futuro.
Per me, significa poter trasmettere ai giovani partecipanti un messaggio chiaro: lo sport non è solo fatica e talento, ma anche cultura, visione e preparazione. E farlo in un’università che incarna questi valori rende il progetto ancora più significativo.

Oggi vediamo sempre più giocatori di basket e atleti che scelgono di laurearsi. Cosa rappresenta per te questo traguardo e che opportunità pensi possa offrirti?
Per me, laurearmi rappresenta una forma di crescita personale e professionale fondamentale, che va oltre la carriera sportiva. Lo sport insegna molto: disciplina, sacrificio, lavoro di squadra. Ma l’università ti offre gli strumenti per dare struttura a queste competenze e per guardare al futuro con una visione più ampia.
In un mondo dello sport sempre più complesso e interconnesso, formarsi a livello accademico è un vantaggio competitivo. Ti permette di comprendere dinamiche manageriali, economiche e strategiche che, da atleta, spesso si vivono solo “dall’interno”.
Personalmente, credo che investire nella mia formazione sia il modo migliore per prepararsi al dopo-carriera, ma anche per contribuire in modo più consapevole allo sport già oggi. Il mio percorso in Management dello Sport, ad esempio, mi ha permesso di ideare e gestire, con l’aiuto delle mie due socie, in prima persona l’Amato Camp, applicando concretamente quanto appreso.
Credo fortemente che un atleta formato possa diventare un leader anche fuori dal campo, capace di creare valore nello sport e nella società.

Cosa significa avere un ruolo attivo nell’Organigramma GIBA come Senior Players Advisor e quali sono, secondo te, gli argomenti più “urgenti” da affrontare per la tutela dei giocatori?
Essere Senior Players Advisor in GIBA significa rappresentare i giocatori, ascoltare le loro esigenze e portarle al centro del dialogo con le istituzioni. È un ruolo che mi permette di dare un contributo concreto alla crescita e alla tutela della nostra categoria.
Tra i temi più urgenti, per me, ci sono: la sicurezza contrattuale, la tutela sanitaria e psicologica, e il supporto per il post-carriera. Credo sia fondamentale che ogni giocatore sia messo nelle condizioni di vivere il proprio percorso sportivo con dignità, professionalità e una visione chiara del futuro.

Foto Ciamillo&Castoria e Andrea Amato

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