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Pecile: «Pallacanestro Trieste, la pazienza paga, un orgoglio rivedere il Red Wall»

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Pecile: «Pallacanestro Trieste, la pazienza paga, un orgoglio rivedere il Red Wall»

TRIESTE Da Trieste in Romagna e ritorno, per alcuni giorni ricchi di emozioni, di gioie vere, di amicizie ed affetti. Andrea Pecile in pochi giorni ha potuto brindare alla promozione in A della “sua” Pallacanestro Trieste e da giocatore ancora in piena forma alla Coppa Italia Gold Uisp a Rimini, con la Muiesana vittoriosa in finale sull’Albergo Le Rose grazie anche ai suoi 20 punti.

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Esaurita la stagione in Spagna, il “Pec” si era fatto una promessa con alcuni amici protagonisti della cavalcata della Pallacanestro Trieste. Arrivare in finale per consentire a Pecile di volare dalla penisola iberica nella sua città a spingere i biancorossi verso la A. Con i tifosi in 6000 bardati di rosso, un’idea partorita anni fa in epoca Alma proprio da Andrea e dai protagonisti di allora per generare il “wall” risultato decisivo. Tornato da Granada dove ha terminato la stagione nello staff tecnico di quel team, con la moglie Giulia e i piccoli Liam e Emma ha potuto godere della splendida promozione biancorossa.

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Una promozione per certi aspetti incredibile. Dopo un quinto posto deludente..

«Le prestazioni durante la stagione regolare lasciavano l’amaro in bocca, è vero, alcuni dei protagonisti emersi poi nei play-off magari erano stati sottotono in campionato».

Poi?

«È arrivata una metamorfosi, radicale, dall’ultima di campionato ai play-off, una metamorfosi strepitosa».

La società ha tirato dritto proteggendo sempre il coach, una decisione vincente.

«Quando tante cose vanno in modo negativo, la cosa classica che si vede fare è cambiare coach. Bisogna dire che Trieste fin dall’inizio è stata costruita da gente esperta che sapeva benissimo dove arrivare o dove bisognava arrivare. Probabilmente anche più del corpo tecnico, magari un po’ più inesperto dell’A2 italiana».

Quale è stato quindi l’elemento decisivo?

«La pazienza. È stata reciproca e ha dato i suoi frutti. La A2 per vincerla bisogna arrivare nel momento giusto al massimo della forma».

Un mese perfetto per beffare tante rivali.

«Cantù è tanti anni che ci prova, altre società importanti ci provano ogni anno, per Trieste è stata una cosa straordinaria risalire in un anno solamente, peraltro in un campionato in cui non è stata schiacciasassi come noi nel 2018, o come Trapani di quest’anno».

A Vildera il premio di top scorer in gara4, poi con un Ruzzier così…

«Protagonisti assoluti dell’ultima gara che ha chiuso i giochi. Il livello di gioco dei play-off di “Ruzz” spiega il perché della sua carriera fatta fuori da Trieste e che ora speriamo tutti continui a Trieste da leader della squadra. Vildera e Candussi sono cresciuti nei play-off in termini di concretezza, si sono mostrati una coppia che ha funzionato alla grande. La panchina inoltre è stata un valore aggiunto, nessuno in A2 l’aveva come Trieste».

Come giudica la stagione dei due stranieri?

«Hanno fatto una annata solida, quando ad esempio mancava Reyes, Brooks ha tenuto su la baracca. Reyes è evidente sia di altra categoria, ai play-off ha dominato».

Trieste ha ritrovato al contempo quel muro rosso. Ha sentito brividi a rivederlo e risentirlo?

«La felicità di questa partecipazione della città è uno dei motivi di orgoglio che ho avuto nell’essere parte di questa ricostruzione. Da quando arrivai il primo vero sold-out di questo tipo lo facemmo nel derby con Udine, da lì l’idea di regalare le magliette rosse nei play-off con Treviglio avvicinò la gente. Il merchandising è andato avanti ed è bellissimo ad esempio vedere le maglie rosse in giro per città il giorno della partita, sai già dove andranno quelle persone».

È vero che aveva chiamato tempo fa qualche ex compagno per essere sicuro di tornare in tempo per il gran finale?

«Verissimo, sapevo che avremmo potuto tornare a casa proprio per le finali, conclusa la stagione in Spagna. La speranza era di vedere trionfare Trieste, e così è stato». —

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