Volete vivere un'intera stagione di basket NBA fianco a fianco con Michael Jordan? Allora non potete perdere The Last Dance, la docu-serie di 10 puntate in onda su Netflix dal 20 aprile al 18 maggio.

Un viaggio emozionante nei segreti di una delle squadre più vincenti di tutti i tempi (e che avrebbe potuto vincere anche di più senza la pausa di 18 mesi che Jordan si prese per giocare a baseball), l'ultima recita di un gruppo di uomini a caccia di un sogno.

Perché i Chicago Bulls della stagione 1997-98 avevano già vinto cinque titoli NBA nei sette anni precedenti (1991, 1992, 1993, 1996, 1997) e puntavano al loro sesto anello. Impresa difficile, ma non certo impossibile per quella squadra guidata dal numero uno, Michael Jordan, un gruppo unico e forse irripetibile, con icone del basket come Dennis Rodman, Scottie Pippen e coach Phil Jackson in panchina.

Prodotta da Mandalay Sports Media in collaborazione con NBA Entertainment e Jump 23, The Last Dance racconta gli ultimi dodici mesi di una squadra destinata a sciogliersi.

I Chicago Bulls con i sei trofei NBA

The Chicago Bulls win their 6th title in 1998

I Chicago Bulls con i sei trofei NBA
Andrew D. Bernstein

Tutti contro la società

All'inizio di quella stagione, infatti, la società disse a Phil Jackson che quello sarebbe stato il suo ultimo anno alla guida dei Bulls (il cattivo della storia è il general manager Jerry Krause, odiatissimo da tutta la squadra), e siccome Michael Jordan tempo prima aveva detto che non avrebbe giocato per nessun altro allenatore che non fosse lui, i patti erano chiari, tutti lo sapevano. L'ultima stagione, la fine di un ciclo vincente, l'ultimo chilometro di un gruppo di uomini uniti dallo stesso sogno: vincere e poi dirsi addio. 

A partire dall'autunno del 1997, le telecamere sono entrate nei luoghi più sacri, come lo spogliatoio, la sala medica, il campo d'allenamento del Berto Center, per respirare l'atmosfera e raccontare la storia di quel gruppo, tra momenti di gioia e di rabbia, i dietro le quinte e le immagini che nessuno aveva mai visto. Eccola, «the untold story».

Jordan e Scottie Pippen. MJ ha detto: «Non avrei vinto niente senza di lui»

1998 NBA Finals - Chicago Bulls v Utah Jazz

Jordan e Scottie Pippen. MJ ha detto: «Non avrei vinto niente senza di lui»
Andy Hayt

Una storia che però parte da più lontano, dall'infanzia del protagonista principale, Michael Jordan. Il liceo, il college, fino al suo arrivo, poco più che ragazzino, ai Bulls (che, si racconta nel documentario, in quegli anni avevano meno spettatori della squadra di calcio indoor), in un processo di lenta ma costante costruzione di una squadra che nel 1991 vinse il suo primo titolo NBA, trampolino di lancio verso una serie di vittorie entrate nella storia. «Voglio che proviate ciò che provo io - racconta Jordan -, voglio che vi commuoviate come quando vinsi la prima. Quelle lacrime e quel dolore volevo provarle alla fine di ogni campionato. Ed è difficile, è come una droga, sarà sempre parte di te». La vittoria come traguardo, il successo ripetuto come l'unico modo per alleviare la sofferenza degli scontri, degli allenamenti, dei salti verso il canestro, del dolore di muscoli e ossa sottoposte a sforzi ripetuti. Con un solo scopo: vincere, sempre. 

Michael Jordan a canestro contro i Clippers

Chicago Bulls v Los Angeles Clippers

Michael Jordan a canestro contro i Clippers
Andrew D. Bernstein

«Che ora è?», urla Jordan ai suoi. «È ora di andare in campo!», rispondono in cerchio i suoi compagni. E via, verso il parquet, verso il teatro dei sogni, loro e del popolo dei Bulls, convinti di poter scrivere un'altra pagina di una storia eterna, destinata a rimanere per sempre negli annali del basket americano. 

Il racconto inizia con l'immagine del Michael Jordan di adesso, seduto di spalle di fronte a una vetrata della sua casa. In mano ha un sigaro, e nei suoi occhi si legge il ricordo di quei dodici mesi indimenticabili. 

«Abbiamo il diritto di difendere ciò che abbiamo finché non lo perdiamo», disse Michael Jordan all'indomani del quinto titolo, quando la dirigenza parlava già di rifondazione e di addii. No, niente da fare, lasciare non era un'opzione per il numero uno: «Non permetterei mai a qualcuno che non indossa ogni giorno la maglietta per giocare di dirmi che cosa fare in campo». 

E da lì nasce il racconto dell'ultima, grande stagione di quei Bulls, iniziata con la tensione tra Jordan e la società, che pensava di sostituire Phil Jackson. 

Jordan e il coach dei Bulls Phil Jackson

Phil Jackson Talks With Jordan

Jordan e il coach dei Bulls Phil Jackson
Barry Gossage

Michael Jordan, dal liceo al college

Ma chi era Michael Jordan? The Last Dance ce lo racconta ai tempi dell'università, quando scriveva lettere alla mamma chiedendole denaro e francobolli («perché mi sono rimasti solo 20 dollari sul conto»), in un processo di crescita che lo faceva restare in palestra a sudare più degli altri, fino al tiro vincente da tre punti che diede la vittoria a North Carolina nella finale del campionato NCAA del 1982: «Da Mike divenni Michael Jordan, una cosa che mi diede la sicurezza per eccellere nel basket».

Michael Jordan ai tempi dell'università a North Carolina

North Carolina Basketball

Michael Jordan ai tempi dell'università a North Carolina
Focus On Sport

Il tutto raccontato anche attraverso le parole dei più grandi del basket, da Magic Johnson a Charles Barkley, da Isiah Thomas a Gary Payton, da Kobe Bryant al più illustre cittadino di Chicago, l'ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, da sempre tifoso dei Bulls e di MJ («Quando arrivò a Chicago non potevo permettermi i biglietti per i Bulls, neanche quelli scontati»).

La timeline scorre poi veloce di nuovo verso l'autunno del 1997, al racconto della memorabile annata che portò al sesto titolo dei Bulls. 

Un racconto appassionato e meticoloso, costruito attorno ai dialoghi tra i compagni, i silenzi nel santuario dello spogliatoio, la rabbia per una partita persa con porte sbattute e scatoloni presi a calci. Parole, ricordi, immagini raccolte là dove gli occhi dei tifosi non potrebbero mai arrivare, segreti svelati vent’anni dopo. 

Una tipica azione di Michael Jordan

Charlotte Hornets v Chicago Bulls - Eastern Conference Semifinals

Una tipica azione di Michael Jordan
Scott Cunningham

The Last Dance, il nome che coach Jackson fece stampare sul manuale consegnato alla squadra nel giorno del primo allenamento di quella stagione.

L'ultimo ballo doveva essere indimenticabile. Lo è stato.

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