Piloti Ferrari, le scelte che hanno funzionato e alcuni azzardi fallimentari
L’arrivo di Lewis Hamilton a Maranello ha sicuramente creato un interesse ancora maggiore del solito nei confronti di ciò che avviene dietro i cancelli della sede Ferrari. Al di là di ciò che avverrà in pista, occorre sicuramente sottolineare come uno dei target prefissatosi dal management sia già stato raggiunto: l’hype è infatti a mille.
Nel corso della sua lunga storia, la Scuderia del Cavallino ha già avuto modo di stupire tutti facendo scelte coraggiose e inaspettate. Alcune di esse hanno funzionato alla grande, dando il via a cicli vincenti che sono diventati leggendari. Altre, invece, si sono spesso rilevate dei veri e propri boomerang, ritornati in faccia a coloro che li avevano lanciati. Il sito ufficiale F1.com ha raccolto alcuni di esse, le più significative.
Da Gonzalez a Niki, successi leggendari marcati di rosso
In ordine di tempo, guardando alle mosse che hanno segnato un’epoca a Maranello, è impossibile non partire da Josè Froilan Gonzalez. El cabezòn, argentino di Buenos Aires, aveva già debuttato in un paio di gare del primo Mondiale della storia, nel 1950, alla guida della Maserati. Un anno più tardi, eccolo alla guida della Ferrari già al GP di Francia, a conquistare un secondo posto che farà da preludio alla storia. Sì, perché due settimane più tardi, a Silverstone, l’argentino andrà a conquistare la prima vittoria della storia della Ferrari in F1, dominando il Gran Premio d’Inghilterra. Insomma, la scelta fatta dal Drake e dai suoi collaboratori dell’epoca aveva fato i suoi frutti.
Negli anni ’70, in particolare dal ’74 in poi, la Ferrari era diventata senza dubbio il punto di riferimento per il mondo della F1. Per raggiungere la vetta, però, la Rossa era dovuta passare attraverso un periodo di vacche magrissime. Solo l’approdo a Maranello di personalità importanti e talentuose aveva portato ad una svolta, insieme al genio assoluto di Mauro Forghieri.
Tra questi, uno su tutti: Niki Lauda, strappato alla BRM alla fine del ’73. Dopo aver sfiorato il titolo nel’74, l’austriaco conquistò l’alloro nel ’75, inaugurando un ciclo interrotto solo dal rogo del Nurburging (oltre alla pioggia del Fuji) e dagli exploit della Lotus di Andretti. Nel ’77, quando se ne andò sbattendo la porta in faccia al Drake, il secondo titolo era già stato messo in cascina, e la strada era segnata.
Due anni più tardi, ecco un’altra mossa da dieci e lode: l’ingaggio di Jodi Scheckter dalla Wolf. La scelta del sudafricano fu certamente coraggiosa, vista la sua nomea di pilota incline all’errore e all’esagerazione, e considerando che il suo team mate era un certo Gilles Villeneuve. Ma diede i suoi frutti, con quel titolo conquistato a Monza nel 1979, per chiudere un decennio che ha segnato la storia della F1, e ovviamente della Ferrari.
Michael e Kimi, i ruggenti anni 2000
Dopo Scheckter, occorrerà attendere ben 21 anni per poter tornare a gioire per un titolo Piloti dalle parti di Maranello. A rompere quella che sembrava essere una vera maledizione fu (probabilmente) il più grande di tutti i tempi: Michael Schumacher. Anche l’arrivo del tedesco, per quanto negli anni successivi sia stato tutto minimizzato, fu spesso messo in discussione. Due Mondiali vinti non avevano sopito i dubbi in merito al suo operato in pista. Ci volle una certa dose di coraggio da parte di Todt e Montezemolo per portare Michael a Maranello. La storia, poi, parlerà da sé, ed è inutile elencare tutti i successi ottenuti in quegli anni magici.
Infine, perché non inserire nelle scommesse vinte anche quella di Kimi Raikkonen, l’ultimo in grado di portare un titolo Piloti a Maranello, nel 2007. Il finlandese fu scelto per sostituire proprio Michael Schumacher. Proveniente da McLaren, aveva certamente mostrato tutta la propria classe, ma quella annata fu il sigillo su una carriera che forse avrebbe meritato di più.
Prost, Alonso e Seb: le delusioni più cocenti
In 75 anni di storia, è ovvio che non tutte le ciambelle siano riuscite con il buco, anche per un colosso come Ferrari. Il fatto è che, quando le cose non sono andate come avrebbero dovuto, il “rumore” è stato assordante. Il caso più recente è stato sicuramente quello di Sebastian Vettel. Il tedesco quattro volte Campione del Mondo con Red Bull era stato accolto a braccia aperte, osannato come colui che avrebbe riportato il Cavallino davanti a tutti, aprendo un nuovo ciclo di vittorie.
Come sono andate le cose lo sappiamo tutti, con quella maledetta uscita nel GP di Germania 2018 a cambiare per sempre un pilota che di colpo ha perso tutto lo smalto dei giorni migliori. Certo, Seb a Maranello è arrivato in un’epoca turbolenta, dove la direzione tecnica non è mai stata particolarmente chiara, e ne ha risentito pesantemente. Un po’ come era successo al suo predecessore, a ben vedere.
Dal 2007 in poi, a guardare bene, chi è andato più vicino a riportare il titolo a Maranello è stato Fernando Alonso. Lo spagnolo ha rischiato di far saltare il banco soprattutto nel 2010, al primo anno in Rosso, e solo una strategia sciagurata ad Abu Dhabi lo privò di un trionfo tanto meritato quanto agognato. Da lì in poi, inutile negarlo, fu una discesa verso il fondo, e solo nel 2012 l’asturiano poté ancora una volta tentare la zampata, ma contro una Red Bull nettamente superiore. I rimpianti, sono ancora tanti, per quello che poteva essere e non è stato, con uno dei piloti più forti visti in circolazione dal 2000 in avanti.
Prost, quando la Ferrari sembrava un camion
Ma, forse, per trovare il più grosso “buco nell’acqua” della Rossa, dobbiamo risalire ai primissimi anni ’90. Alain Prost, fresco di Mondiale ’89, arrivò in Emilia dalla McLaren, dove la coabitazione con Ayrton Senna era ormai diventata impossibile. Quel primo anno fu certamente positivo, con solo una enorme scorrettezza del brasiliano a togliere dalle mani del francese il quarto titolo (che poi sarebbe arrivato nel ’93 con la Williams). Il 1991, fu tutta un’altra storia, con una macchina difficile da guidare e sistemare dal punto di vista del set-up.
Clamorosa fu la fine del rapporto tra Prost e la Ferrari, in seguito ad un’intervista in cui, per spiegare le proprie difficoltà al volante, il francese paragonò, in realtà senza malizia alcuna, ma solo per potersi far capire meglio, la F1-91 ad un camion. Il management di Maranello non la prese bene, tanto da arrivare al licenziamento in tronco per far spazio a Morbidelli nell’ultima gara stagionale.
Insomma, la storia Ferrari è costellata di scelte coraggiose, alcune con risultati ottimi, altre meno positive, giudicandole a posteriori. Lewis Hamilton inizierà a lavorare questa settimana a Maranello, e c’è da scommettere che lotterà per ottenere quell’ottavo titolo che lo consacrerebbe ancor di più nella leggenda. Tra un paio d’anni, rileggendo questo articolo, capiremo in quale sezione andrà posizionato il suo ingaggio.
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