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«Io, realizzatore di sogni, in partenza per il rally di resistenza Pechino-Parigi»

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RIVAROLO CANAVESE. Sulla carta d’identità, alla voce professione, c’è scritto “artista”. Non male per un ingegnere meccanico, con un percorso di studi che si è sviluppato tra l’talia e la Svizzera (Friburgo), tutta una serie di corsi di specializzazione in aeronautica (vanta anche una licenza di manutentore) e una gioventù trascorsa «trafficando con gli elicotteri». Ma artista, Filippo Basolo, 48 anni compiuti da poco, solide origini rivaresi, ma con residenza a Rivarolo, lo è per davvero, perché ciò che tocca lo plasma, lo trasforma, lo reinventa. Niente tele, blocchi di marmo o spartiti musicali, ma moto e ora anche macchine, visto che su una Fiat 124 Coupè, 1800 di cilindrata, immatricolata nel 1973, completamente “customizzata”, per usare un termine molto in voga che sta per “adattata alle esigenze del singolo utente”, è ai nastri di partenza della Pechino-Parigi, o meglio, del Peking to Paris Motor Challenge, un vero rally automobilistico di resistenza sulle tracce dei pionieri che l’istituirono nel lontano 1907.

Domani mattina, domenica, c’è un volo per la capitale cinese che lo aspetta. Giusto il tempo di riappropriarsi dell’auto, spedita da Amsterdam, mesi fa («L’ho portata su io, fin lì», confida), rimetterla in moto, prima di tutto («Ferma tutto questo tempo, non si mai», confessa divertito), predisporre gli ultimi accorgimenti e sabato 18… via, si parte, dalla Grande muraglia, tutti e 110 gli equipaggi provenienti da 128 diversi Paesi del mondo, per poi approdare nella Ville Lumière, in pieno clima olimpico, il 23 giugno.

In questa impresa non è solo, naturalmente. Alla guida del mezzo, infatti, c’è quello che negli anni è diventato un buon amico, anzi, più di un amico, Federico Grom, il re del gelato. Insieme hanno lavorato a questo ambizioso progetto che ha visto la sua genesi addirittura nel 2013. «Diciamola tutta: partecipare al rally non è affatto facile – spiega Filippo - . C’è una selezione mostruosa, intanto, perché non si tratta di una competizione tra auto storiche e appassionati di esse, ma molto di più. Non si vince niente, alla fine, ma in compenso si spende una barca di soldi. Per questo l’età media dei partecipanti è, per così dire, agée, gente benestante con spirito d’avventura, disposta a rischiare pur di arrivare alla meta, sempre che ci arrivi, viste le insidie del percorso».

La gara, giunta alla sua ottava edizione dopo essere stata rilanciata, avrebbe dovuto svolgersi ne 2022, ma il Covid ha costretto gli organizzatori a rinviarla. Quattordicimiladuecentocinquanta i km della Pechino - Parigi, la sfida più lunga e difficile che esista sul pianeta per le auto d’epoca e classiche (possono partecipare macchine immatricolate dall’inizio del secolo scorso sino al 1975), viaggiando attraverso la Cina, la Mongolia cinese, il Kazakistan, l’Azerbaigian, la Georgia, la Turchia, la Grecia, l’Italia e la Francia, in situazioni estreme, con gli equipaggi che dovranno in tutto e per tutto provvedere a sé stessi.

«È per questo che la preparazione dev’essere minuziosa e può durare anni, come avvenuto per noi, perché al di là della trasformazione del mezzo per renderlo adatto ai diversi tragitti, occorre pensare a tutto ciò che potrà servire e nei contesti più differenti – sottolinea Filippo – . Se in pieno deserto, piuttosto che su un altipiano innevato, dovessi trovarti in difficoltà, dovrai essere in grado di dimostrare di sapertela cavare. È il brutto, per modo di dire, e il bello di questa avventura pazzesca. Sì, c’è un’organizzazione dietro che non ti mollerà mai sperduto nel Gobi, ci mancherebbe, ma non è e non sarà mai un’assistenza scontata».

La macchina, come detto, è una Fiat 124 Coupè 1800 del 1974, che è anche l’anno di nascita di Federico Grom. Acquistata a Biella, ha avuto alcuni passaggi in centri e officine specializzate per capire come riattrezzarla, rinforzarla, in grado di affrontare deserti e non solo. «Abbiamo chiesto dei preventivi in giro, ma nulla di ciò che ci è stato proposto ci soddisfaceva – puntualizza Filippo - . Piuttosto che far lavorare gli altri per un prodotto che non avrebbe risposto alle nostre, di esigenze, abbiamo deciso di farcelo in casa». Ed ecco che nel progetto entrano di diritto Adriano Rolle, anche lui di Rivara, come Basolo, e Alessandro Botto, eporediese.

«Abbiamo messo a disposizione l’uno dell’altro le nostre competenze dando vita ad una bella sinergia – assicura Filippo - . Nel gennaio del 2020 l’auto è andata ad Ivrea per il rinforzo della struttura perché diventasse più alta, più robusta. Il Covid, paradossalmente, mi ha aiutato perché ho consapevolizzato che quel periodo sospeso andava sfruttato al meglio. Nel 2021 sono cominciati i test tra Rivara, Barbania, Levone, Forno, strade di campagna e di collina dove spremere la Fiat 124 sino a romperla in tutti i modi possibili, ed è accaduto. Una volta è volata via persino una ruota. Del resto, la simulazione era necessaria perché dovevo poter prevedere ciò che nel rally potrebbe accadere, e dimostrare a me stesso di avere conoscenze a sufficienza per sapere come e dove intervenire».

Posticipata altre due volte, la Pechino-Parigi (nel 2023 in Cina c’era ancora un semi lockdown) è sulla rampa di decollo, dunque. In macchina, stipato, c’è di tutto ma solo ciò che serve veramente per un viaggio che è anche dentro sé stessi.

«La roba che ti porti, alla fine, non è che lo stretto necessario, tenuto presente che starai via di casa un mese e mezzo, come quando affronti il cammino di Santiago, in un certo senso, non me ne vogliano chi lo fa per fede – rimarca Filippo - . Io la vivo come una sfida, ma ciò che mi aspetto è di tornare a casa migliorato perché avrò imparato delle cose senza aver cercato di cambiare le persone che avrò incontrato o l’ambiente e le cose che avrò attraversato. Al massimo, sono io che sarò cambiato. E questa sarà la mia vittoria».

Ad attenderlo ci saranno la moglie Teresa, il figlioletto Francesco, di appena 5 anni (del papà dice che “fa avventure”), il padre Rino che da una cascina al Boschetto, borgata immersa nel verde delle campagne di Rivara, mucche e cavalli, a un certo punto della vita, morto il patriarca della famiglia, Domenico, ha capito che anche lui poteva cambiare qualcosa della sua vita e da un’oasi rurale nella quale condividere il lento scorrere dell’esistenza è approdato al Campo volo Pegasus di Busano: hangar, al posto della stalla, elicotteri ed ultraleggeri, invece di bovini ed equini. Ed è lì che il figlio si è fatto le ossa.

«Un giorno mi disse “Devi imparare e non puoi farlo qui – ricorda Filippo - . Vai in Francia a lavorare, a Parigi”. E così ho fatto, una padronanza della lingua da terza media, le cartine per orientarmi, nient’altro. I francesi sono dei costruttori abilissimi: ho visto, appreso e messo a frutto quanto imparato. E a me stesso ho detto: “Questo diventerà il bagaglio di esperienza per la seconda parte della mia vita”. È ciò che faccio, dopotutto: trasformo. Il mio potenziale cliente ha una moto? Io la vesto come un sarto, secondo le esigenze, le necessità, le aspettative del suo proprietario, rendendola qualcosa di speciale, di unico. E il cliente, i clienti, mi diventano amici. Sì, credo sia una forma d’arte, ecco perché mi sento un artista. A chi mi chiede che cosa faccio, oggi, nella vita, rispondo : “Il realizzatore di sogni”».Mauro Michelotti

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