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F1, Hamilton e muretto box Mercedes: un rapporto che scricchiola?

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La gara di Austin ha messo in evidenza per l’ennesima volta in stagione come la superiorità del pacchetto Hamilton-Mercedes vista in queste ultime stagioni sia ormai alle spalle. Ma non c’è solo questo: il pilota inglese, da qualche tempo a questa parte, sembra aver perso buona parte della sua fiducia nel team e nel muretto box.

A Monaco e Le Castellet cambia il vento

E dire che questo 2021 era iniziato in maniera perfetta, con tre vittorie su quattro gare, e un secondo posto a Imola. Il primo GP in cui si intuisce che qualcosa non quadra è quello di Monte Carlo; Hamilton si accontenta di un misero settimo posto, e si lascia andare a commenti negativi sulla squadra nel post gara, quasi a volersi togliere ogni responsabilità, addossandola per intero al team, che a suo dire non aveva lavorato in modo corretto.

A Le Castellet, poi, Verstappen ottiene una vittoria “alla Hamilton”. Con una sosta in più, nel finale di gara l’olandese passa un Hamilton ormai inerme, con le gomme finite. La cosa è significativa, perché a Barcellona era successo l’esatto opposto; in Red Bull hanno fatto bene i compiti, andando ad effettuare un undercut che ha messo alle strette gli strateghi di Brackley.

Da qui in poi le rimostranze di Hamilton nei confronti del muretto si fanno sempre più insistenti, fino al GP di Turchia, in cui Lewis deve sottostare di malavoglia agli ordini di squadra.

Quel cambio gomme indesiderato

A Istanbul la pioggia è leggera e finissima, ma la pista continua ad essere assolutamente bagnata per tre quarti di gara. Tutti i piloti (tranne Ocon, Leclerc e Hamilton), si fermano verso la metà del GP per montare in set di gomme intermedie nuove. A questo punto, in molti cominciano a pensare che questi tre arriveranno in fondo senza fermarsi, cosa concessa dal regolamento in caso di pista bagnata.

Leclerc si ferma a una quindicina di giri dal termine, nonostante la prima posizione in pista. Hamilton comincia insistentemente a chiedere di non fermarsi, di arrivare fino alla fine, perché lui ce la può fare. La discussione si fa sempre più serrata e accesa, ma l’ordine è perentorio: l’inglese si deve fermare e montare un set di intermedie nuove.

L’unico che arriva alla fine senza pit stop alla fine è Ocon, le cui Pirelli sono ormai sulle tele, con preoccupanti bolle sulla carcassa. Il commento di Hammer: “Se ce l’ha fatta lui, potevo farcela anch’io!”. Sono però due i fattori da considerare: il primo è la sicurezza, l’altro è puramente prestazionale. Un eventuale degrado delle gomme, infatti, avrebbe portato ad un calo nel ritmo con conseguente caduta di Hamilton ben oltre il quarto posto finale.

Austin, quando il talento non basta

Nell’ultimo GP degli Stati Uniti, poi, Hamilton e la Mercedes avevano tutte le carte in regola per stare davanti ai rivali e prendere la leadership del Mondiale, almeno dopo quanto visto nelle prove libere del venerdì.

Sabato e domenica, però, raccontano una storia totalmente diversa: Verstappen si prende pole e vittoria. Lewis fa tutto quanto possibile, e anche di più, prendendosi la prima posizione in partenza. La strategia, però, non è delle migliori, sempre in ritardo rispetto ai rivali, e per questo l’inglese si trova ad un distacco di sei secondi che saranno fatali nel conto finale.

Anche in questo caso, quel “Lasciami da solo” risposto a Toto Wolff via radio ha il sapore amaro della sbottata di un pilota che sta facendo del suo meglio, ma non si sente sostenuto dal suo team. Attenzione, perché questa potrebbe essere una svolta in ottica Mondiale; la solidità del pacchetto, dal 2014 ad oggi, è stata la vera forza della corazzata Mercedes.

Da questo momento, con dodici punti di svantaggio, Hamilton e il suo team dovranno assolutamente ritrovare quella sintonia che fino ad oggi era la loro forza; dovrà lavorare l’inglese, ma anche il suo ingegnere Peter Bonnington e Toto Wolff, boss e anima di questa squadra!

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