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Gp Australia F1 | La Red Bull mette le ali alla Honda

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Honda, finalmente!

Il Mondiale di Formula 1 2019 si apre nel segno dei colpi di scena: la tanto straripante quanto inattesa vittoria di Valtteri Bottas, l’altrettanto inatteso naufragio delle Ferrari SF90, la riscossa delle Mercedes F1 W10, il primo podio della Honda nell’era delle “power unit” ibride.

Per il motorista giapponese si tratta del miglior risultato dal 2015 — anno del ritorno in F1 della Honda in qualità di motorista — e del 175° podio conquistato in Formula 1 (cifre all’interno delle quali sono comprese anche le 72 vittorie sinora conseguite). Era dal GP di Gran Bretagna del 2008 che un motore Honda non gustava il sapore del podio: in quell’occasione, Rubens Barrichello portava la sua Honda RA108, spinta dal V8 RA808E, in terza posizione.

Il GP d’Australia ha spazzato via i numerosi dubbi che aleggiavano sopra le teste di Red Bull e Honda. I test invernali, infatti, ci avevano consegnato una Red Bull-Honda ancora in fase di rodaggio e lontana da Ferrari e Mercedes. Invece, il bel tracciato di Melbourne — probante e ostico tanto per i piloti quanto per le vetture — ha messo in luce una Red Bull RB15-Honda pimpante, veloce e incredibilmente affidabile.

Nel corso delle qualifiche ufficiali, Max Verstappen conquista un incoraggiante 4° tempo: 1’21”320 alla media di 234,761 km/h. Un crono sì distante 0,834 secondi dalla pole-position di Lewis Hamilton (1’20”486, alla media di 237,194 km/h), ma in linea coi tempi segnati dalle due Ferrari SF90 (Sebastian Vettel, 3°: 1’21”190 alla media di 235,137 km/h; Charles Leclerc, 5°: 1’21”442 alla media di 234,410 km/h). Contraltare delle ottime prestazioni sfoderate dal talento olandese è Pierre Gasly. Il nuovo pilota del team di Milton Keynes, infatti, non va oltre un negativo 1’23”020 (media di 229,954 km/h), tempo che gli vale la 17a posizione in griglia. Un errore del muretto, infatti, impedisce al pilota francese di tentare di accedere alla Q2.

I 58 giri di gara mostrano una Red Bull RB15-Honda veloce, consistente e affidabile. Ineccepibile la saggia e al tempo stesso aggressiva condotta di corsa di Max Verstappen (partito su gomme C4 usate; nell’unico pit-stop monta pneumatici C3 nuovi) il quale, liberatosi della Ferrari di Vettel, marcia regolare alle spalle delle due Mercedes sino alla bandiera a scacchi. Lontana la F1 W10 di un Bottas particolarmente in palla, assai vicina quella di Hamilton; a separare le due vetture, infatti, poco più di 1 secondo e mezzo. Verstappen è anche autore del 3° miglior giro in gara, ancora alle spalle delle due Mercedes: 1’26”256 (giro 57) alla media di 221,327 km/h. A conquistare il punto riservato all’autore del giro più veloce in gara è Bottas: 1’25”580 alla media di 223,075 km/h.

Regolare anche la gara di Gasly. Il francese, però, non riesce ad acciuffare la zona punti: nelle fasi iniziali, entra in contatto con la McLaren MCL34-Renault di Carlos Sainz — circostanza che, tra l’altro, provoca la rottura dell’ala anteriore della Williams FW42-Mercedes di Robert Kubica —, quindi, dopo una corsa regolare ma senza particolari acuti, riesce a centrare l’11° posto (doppiato di 1 giro), alle spalle — ironia della sorte — della Toro Rosso STR14-Honda condotta dal rientrante Daniil Kvyat. Anche Gasly è autore di un buon giro veloce: il suo 1’27”229 alla media di 218,858 km/h (giro 39), infatti, equivale al 5° miglior crono in gara (partito con gomme C3 nuove; al pit-stop monta pneumatici C4 nuovi).

La Red Bull RB15 ed il motore Honda RA619H, pertanto, escono rafforzati dall’esame australiano. Il primo GP della stagione, infatti, ha posto la vettura anglo-austriaca al vertice delle classifiche. La Red Bull RB15 è parsa, sin dalle prime Libere, auto solida e veloce: probabilmente, siamo di fronte all’ennesimo capolavoro di telaistica e aerodinamica partorito dallo staff tecnico capitanato da Adrian Newey. Rivisti i deviatori di flusso a monte delle pance laterali così come le paratie di estremità dell’ala anteriore, ora provviste di “taglio” (eseguito in corrispondenza dello spigolo superiore immediatamente a monte delle ruote anteriori) a valle delle stesse, finalizzato a favorire il cosiddetto “outwash” (i flussi che investono l’ala vengono deviati all’esterno delle ruote anteriori anziché all’interno), riprendendo, quindi, i concetti lanciati dalla Sauber C38 e dalla Ferrari SF90. Il motore Honda, dal canto suo, ha palesato degne prestazioni (ma ancora inferiori rispetto al più esuberante Mercedes M10 EQ Power+: come ha dichiarato Verstappen stesso, la Mercedes di Hamilton era in grado di allungare nei tratti veloci) e, soprattutto, una accresciuta affidabilità. Affidabilità, peraltro, ricercata e (presumibilmente?) raggiunta senza compromettere le prestazioni stesse.

Il podio agguantato dalla Honda in quel di Melbourne appare come una vittoria. Stiamo parlando, infatti, di un risultato impensabile sino a pochi mesi fa. La Honda ha, finalmente, progettato un motore vincente e affidabile? Le premesse ci sono tutte. Ora servono le conferme. Non solo: la stessa Honda ha trovato finalmente un partner solido e provvisto di un’auto assai valida, la Red Bull, fattore che può contribuire ad uno sviluppo ragionato e mirato del motore.

Il GP del Bahrain, in programma il prossimo 31 marzo, offrirà ulteriori riscontri e responsi. Un GP che, nel 2018, è stato un autentico incubo per la Red Bull: nell’arco di appena 3 giri, entrambe le RB14-Renault, condotte rispettivamente da Max Verstappen e Daniel Ricciardo, erano costrette al ritiro a seguito di problemi tecnici. Ma nello stesso GP, Pierre Gasly conduceva la sua Toro Rosso STR13-Honda al 4° posto.

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