«C’è gusto ad umiliare, con una modesta utilitaria, vetture di classe e prezzo superiori» è la frase più famosa pronunciata da Karl Abarth, quella che racchiude tutta la sua visione dei motori e delle automobili. Quest'anno l'azienda fondata dall'ingegnere austriaco, poi naturalizzato italiano, compie settanta anni, un periodo in cui ha avuto alti e bassi e alterne fortune. Ma prima di parlare della Abarth vale la pena concentrarsi sul suo fondatore, che nacque a Vienna il 15 novembre 1908 e fin da piccolo manifestò una grande passione per la velocità e la tecnica. A sedici anni iniziò a lavorare in diverse aziende meccaniche e quattro anni più tardi realizzò un telaio motociclistico. Negli anni Venti partecipò alle prime gare come pilota di moto, ottenendo diversi successi ma essendo costretto a ritirarsi presto, già nel 1930, a causa di un incidente con cui si fece male gravemente a un ginocchio.

Così Karl Abarth passò ai sidecar, ma poco dopo abbandonò anche quelli a seguito di un altro incidente a Lubiana alla fine degli anni Trenta. Nel 1937 si trasferì in Italia a Merano, che era il Paese di origine del padre. Qui dopo una breve esperienza come albergatore, diresse una fabbrica a Lubiana ma quando la città slovena fu occupata dalle truppe tedesche tornò in Trentino-Alto Adige e ottenne la cittadinanza italiana, diventando «Carlo» Abarth. Dopo il ritorno in Italia fu chiamato a Torino dall’imprenditore piemontese Piero Dusio per gestire il reparto sportivo della Cisitalia insieme all’amico di famiglia Ferry Porsche (fondatore dell'omonima Casa automobilistica), al connazionale Rudolf Hruska (che più avanti progetterà l’Alfa Romeo Alfasud) e ai piloti Piero Taruffi e Tazio Nuvolari.

Ma l'avventura non andò in porto e nel 1949, dopo il fallimento della Cisitalia, Abarth si mise in proprio e creò la società che ancora oggi porta il suo nome, con il simbolo lo scorpione (il segno zodiacale) come logo. All'inizio creò subito una squadra corse, con alcune vetture ottenute in seguito alla liquidazione della Cisitalia ma la notorietà arrivò con le «Marmitte Abarth» che si potevano installare sulle auto di serie migliorando il suono del motore ma soprattutto le prestazioni. Sono degli anni Cinquanta alcuni modelli da corsa firmati Abarth, ma la svolta è nel 1955 con il lancio della 750 GT (una variante sportiva e ricarrozzata della Fiat 600) e nel 1957 con la presentazione delle prime 500 «elaborate».

Da qui in poi iniziò una storia di successo fatta di 327 vittorie, assolute o di classe, sulle piste di tutto il mondo, che si aggiungono ai 133 record internazionali e ai dieci record del mondo ottenuti con le auto più piccole. Tutto questo senza dimenticare le vittorie nei rally conquistate con le Fiat e con le Lancia e i modelli di serie che hanno fatto sognare gli italiani negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, come la Autobianchi A112 Abarth, la Fiat Abarth 695 SS, la Fiat 124 Spider Abarth o infine la Ritmo Abarth 130 TC. Nel 1971 Abarth vendette l'azienda alla Fiat e tornò a vivere a Vienna, dove morì nel 1979. Dalla fine degli anni Ottanta il marchio dello Scorpione è entrato in letargo, per poi tornare a «pungere» nel 2007 con i nuovi modelli di derivazione Fiat. Ma questa è un'altra storia.