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Una giornata al Challenger di San Marino

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Se devo essere sincero la trasferta al Challenger 125 di San Marino era motivata soprattutto dal desiderio di vedere l’agguerrita pattuglia di giovani italiani che sta sgomitando per un posticino al sole accanto a sua Maestà Jannik Sinner, e parlo di Federico Cinà, Carlo Alberto Caniato e Pigi Basile.

Peccato che il mio pupillo, il tennista di Martina Franca, al mercoledì non ci sia arrivato, battuto all’esordio da Adolfo Daniel Vallejo (n.257 ATP) con un doppio 6-3. Pigi, pur non confermando così la straordinaria semifinale di un mese fa a Perugia, prosegue comunque nel suo percorso di crescita e noi l’aspettiamo con tutta la tranquillità che si deve concedere ad un ragazzo del 2007 e al suo straordinario rovescio ad una mano. C’erano invece Cinà e Caniato ed hanno perso entrambi. Carlo Caniato, classe 2005, nato a Verona, vissuto tutta la vita a Ferrara e ora alla corte del Villa Carpena a Forlì, è un longilineo di 188 cm che nell’ultimo anno si è anche discretamente irrobustito, così non dovrà più dire (come ci confessò un paio di anni fa) che si sentiva come un bambino al cospetto di uomini fatti. E gioca molto bene a tennis, come ha dimostrato nella prima ora contro il francese Harold Mayot (n.178, ma già quasi top 100 l’anno scorso).

Carlo ha vinto il primo set per poi calare progressivamente e cedere alla distanza col punteggio di 6-4 2-6 4-6 anche perché il francese nel frattempo ha messo in campo tutta la sua maggiore esperienza: richiesta di fisioterapista, continue lamentele con l’arbitro e una fastidiosa insistenza nell’evidenziare una buca sul campo che vedeva solo lui. Caniato imparerà a fronteggiare anche questi eventi perché il materiale umano c’è tutto come ci confermava a fine partita coach Alberto Casadei che, molto soddisfatto della prestazione, si stava dirigendo al campo 2 dove al suo pupillo toccava anche il match di doppio contro Kestelboim/Cukierman. Match che, tra parentesi, vinceva, ben spalleggiato da Lorenzo Carboni.

Subito dopo entrava in campo Federico Cinà che, reduce fin qui da una stagione straordinaria (due finali e una semifinale) che l’ha proiettato al n.243 ATP, poteva nutrire serie ambizioni. Che si sono purtroppo infrante contro la solidità di Thiago Agustin Tirante (n.118 ma già in top 100). Premesso che l’argentino è uno che sa giocare e tennis e che alla bisogna è pronto a sfoderare una ‘garra’ che fa paura, il tennista palermitano, come sempre elegante nel gesto, non ha mandato in campo la miglior versione di sé. E soprattutto è sembrato ancora privo di un valido piano B, quando l’avversario non cede alla velocità e alla profondità dei suoi colpi. Ma anche in questo caso il tempo è tutto dalla sua parte, non dobbiamo infatti dimenticarci che Federico, pur essendo nato col marchio del predestinato, in fin dei conti ha appena compiuto 18 anni. Mangiata una rapida (e pessima) pizza, ci siamo allora dedicati a Justin Engel uno che in quanto a predestinazione potrebbe dire la sua. Il ragazzino tedesco è nato a Norimberga 17 anni fa (diventerà maggiorenne ad ottobre) e, appena sedicenne aveva già fatto razzia di titoli ITF (Villach, Uslar, Trier e Cap d’Agde). Quest’anno, pur non disdegnando gli ITF (vittoria a Cadolzburg), è salito di livello cominciando a frequentare il circuito maggiore. Sono inevitabilmente aumentate le sconfitte, pur mantenendo miracolosamente il bilancio in attivo 22/20, ma non sono mancate le soddisfazioni con i quarti di finale all’ATP 250 di Stoccarda e scalpi prestigiosi come Michelsen, Struff, Van Assche e Safiullin. Opposto al francese Kyrian Jacquet (n.165), il tedesco iniziava maluccio, evidenziando tra l’altro un rovescio piuttosto fragile che gli impediva di prendere l’iniziativa come invece il suo diritto molto aggressivo gli avrebbe consentito. Era quindi il 24enne nativo di Lione a portare a casa il primo set 6-2. A questo punto, con una punta di delusione, il vostro cronista cedeva alla stanchezza anche se qualche piccolo indizio indicava come le cose stessero per cambiare. Ma era già sera inoltrata e l’ora di macchina necessaria al rientro mi erano sembrati motivi più che sufficienti per rimandare ulteriori approfondimenti. Ovviamente mentre scendevo i tornanti che mi riportavano sulla costa Engel dispiegava le ali (in tedesco il suo cognome vuol proprio dire angelo) e superava Jacquet col punteggio di 2-6 6-4 6-2. Venerdì l’aspetta una bella sfida tutta Next Gen con croato Dino Prizmic. E c’è caso che mi tocchi tornare sul Monte Titano.

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