Atp Roma, Draper: “Moutet? Mai giocato contro uno come lui, ho imparato tanto”
Il tennis è spesso un gioco di geometrie, ma quando c’è Courentin Moutet di mezzo, la lavagna tattica anche del più preciso e ferrato dei giocatori, può andare in tilt. Lo sa bene Jack Draper, che sulla terra del Foro Italico ha dovuto fare i conti con il funambolo francese in un match da montagne russe: 1-6 6-4 6-3 il punteggio di un incontro che il britannico ha definito, con onestà disarmante, “strano”, ma anche profondamente formativo. “Non credo di aver mai affrontato qualcuno come lui – ha raccontato Draper a fine partita – Mi ha messo a disagio sin da subito, non riuscivo a trovare le misure. È uno di quei giocatori che ti spiazzano, che ti costringono a uscire dal copione. Il primo set mi è letteralmente scivolato via”.
E in effetti, per chi si era abituato a un Draper versione bulldozer nelle ultime settimane, il primo parziale ha avuto quasi del surreale: Moutet a dettare i tempi con drop shot chirurgici, volée improvvise e una mobilità che, su una terra romana particolarmente lenta, sembrava cucita su misura per il suo tennis estroso, appoggiato anche dal pubblico romano, sostenitore del giocatore francese fin dal giorno 1. Il britannico ha avuto il merito di resettare e ripartire da zero. “Sapevo che il suo livello non sarebbe calato – ha spiegato Jack – Quindi ho dovuto fare un cambio netto, mentale e tattico. Restare lì punto dopo punto, essere più solido, più paziente. Sono davvero soddisfatto di come ho gestito la partita. È una vittoria che vale molto per la mia crescita”.
Già, la crescita. Una parola che Draper ripete spesso. E che si porta dietro una consapevolezza nuova, anche nel ranking. Oggi è top 5 del mondo, e il suo prossimo ostacolo sarà Carlos Alcaraz. Un duello tra giganti della Next Gen che fino a pochi mesi fa sembrava pura utopia per il ragazzo di Sutton. “Giocare contro un top 5 da top 5? Onestamente non ci penso troppo – ha minimizzato con maturità – Siamo due ragazzi che stanno giocando un gran tennis, e vogliono vincere. Ho rispetto per Carlos, so cosa porterà in campo, ma mi sento forte, pronto, e spero di poter esprimere un tennis di alto livello”.
Dietro quel volto da bravo ragazzo si nasconde però un cammino fatto anche di ombre, dubbi e rivoluzioni tecniche. Come quella sulla sua “nuova” arma, il diritto.
“Quando avevo 16 anni era il mio colpo peggiore – ha ammesso – Il rovescio l’ho sempre sentito naturale, potevo chiudere gli occhi e tirare cento rovesci di fila. Il diritto invece era una lotta continua. Non riuscivo a reggerlo sotto pressione, venivo facilmente sopraffatto”.
Da lì, il lavoro con il coach James Trotman e una revisione profonda. Niente stravolgimenti estetici, ma una ricerca costante dell’efficacia.
“C’è un mito secondo cui per essere un top player il tuo diritto deve avere un certo look, ma non è così. Devi solo colpire davanti a te e saper usare il corpo. Stiamo ancora lavorando su questo, ma oggi quel colpo può essere un’arma”.
Eppure, Draper non dimentica le radici. Quei primi tornei ITF, i Futures giocati in giro per il mondo, lontano dal comfort britannico. “A 16 anni ero un piccolo maniaco (ride, ndr). Ma quei viaggi mi hanno dato prospettiva. Ricordo che buttavo il grip sudato nel cestino e i bambini facevano a gara per prenderlo. Quelle esperienze mi hanno cambiato”.
Oggi Jack è un giocatore diverso. Più completo, più solido, ma soprattutto più consapevole, e se la corsa romana proseguirà anche contro Alcaraz, sarà anche grazie a giornate strane e imprevedibili come quella con Moutet.
Perché in fondo, come dice lui stesso, “sono molto contento di come risolvo i problemi”.