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Il declino dell’impero britannico, la rassegnazione di Murray e Raducanu-

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La pressione l’avranno sulle spalle i sudditi meno noti di Sua Maestà, ora che quelli famosi hanno abbandonato Church Road. Tra oggi e domani chi al secondo, chi al terzo turno, proveranno a risollevare l’umore nerissimo del Regno ragazze e ragazzi provvisti di un baglio d’esperienza minimo, se si fa eccezione per lo scafato Cameron Norrie, che nonostante il brutto match giocato e vinto con Jaume Munar non ha un tabellone disprezzabile (come ha evidenziato anche il direttore Scanagatta nel suo editoriale) e può fare strada, e per l’incostante Heather Watson, interrotta dall’oscurità sul rettilineo finale del proprio match di secondo turno contro Qiang Wang. Avranno, i vari Alastair Gray, Liam Broady, Jack Draper, Harriet Dart e Katie Boulter le spalle abbastanza larghe per reggere il peso delle aspettative di una nazione delusissima dalle performance sui prati dei propri eroi in questi primi giorni sui prati dei Championships? Difficile a dirsi.

Ciò che è certo, insieme e senza poter aggrapparsi a chissà quali rimpianti di sorta, hanno abbandonato le due stelle designate, Andy Murray contro Isner ed Emma Raducanu contro Garcia. Entrambi autori di partite perlopiù bruttarelle, Muzza e la campionessa dell’Open degli Stati Uniti 2021 si sono presentati davanti ai giornalisti disarmati. Pochi gli appigli, deboli le scusanti in effetti schivate, tanta voglia di spegnere presto il microfono e voltare pagina. Il più in fretta possibile.

Non ho giocato una gran partita” – ha ammesso con la consueta onestà Murray -, “e non saprei nemmeno dove cercare le motivazioni per giustificare una performance così scadente. Di sicuro ho servito male, sono rabbrividito quando ho visto le statistiche a fine match: dopo i primi due set ero al 47% con la prima. Nel quarto ho perso quel brutto gioco dal 30-0, sbagliando un rovescio sul 40 pari che mai nella vita avrei dovuto sbagliare. Quando giochi contro gente come John Isner, o Ivo Karlovic, le partite di solito girano su pochi punti, e quando ho avuto le mie occasioni oggi John ha sempre servito alla grande, forte e vicino alle righe. Non c’è molto che tu possa fare quando devi rispondere a un grande battitore in giornata. Puoi provare a leggere il servizio con più attenzione, studiare il suo umore, anticiparne le strategie, muoverti in anticipo. Ma se ti arriva una bomba a 140 miglia all’incrocio stai fermo“.

Naturalmente non deve aver giovato l’ennesimo alt imposto dal fisico all’esasperato Sir, stavolta bloccato per una decina di giorni dal risentimento all’addome patito durante la finale del torneo di Stoccarda persa contro Matteo Berrettini. “L’ultimo infortunio è stato frustrante, non mi ha certo aiutato, ma non posso dire di essere sceso in campo afflitto da chissà quale problema fisico. Stavo bene, purtroppo non sono riuscito ad allenarmi a pieno regime avvicinandomi al torneo, forse questo un po’ ha inciso. Mi dispiace perché quest’anno mi sentivo pronto, mentre nel 2021 sapevo di non avere la condizione sufficiente per competere con i migliori“.

La lente d’ingrandimento, al solito, si è spostata sul futuro, sempre incerto quando il protagonista dell’insidioso quesito si chiama Andy Murray. “Se giocherò il prossimo anno? Il mio storico clinico mi impedisce di fare programmi a media gittata, figuriamoci se mi permette di fare pronostici su quello che accadrà tra dodici mesi. Posso parlare invece dei miei obiettivi nel breve, e il principale è quello di giocare il maggior numero di partite possibile e magari vincerle: devo salire nel ranking e provare a tornare tra le teste di serie allo Us Open o al più tardi all’Open d’Australia. Entrare in tabellone senza il numeretto di fianco al tuo nome ti espone a rischi enormi, per esempio ad affrontare John Isner al secondo turno, è troppo pericoloso“.

Fuori Sir Andy e fuori Emma Raducanu, mai del tutto rinsavita dai postumi della sbornia post US Open 2021, vinto da diciottenne tra la sorpresa generale. La pressione sulle esili spalle di Emma dovrebbe essere enorme, figuriamoci sul Centre Court di Wimbledon dove immancabilmente viene programmata ogni sua uscita. Eppure la campionessa teenager non pare pensarla come stampa e addetti ai lavori in genere vorrebbero. “In ogni singola conferenza stampa mi viene fatta la stessa domanda” – ha candidamente dichiarato la ragazza -, “e io ogni volta vi devo rispondere allo stesso modo, mi dispiace deludervi. Quale pressione particolare dovrei sentire? Intanto ho vinto uno Slam, e nessuno potrà mai togliermelo. Ho solo diciannove anni e posso solo crescere, gli incidenti fanno parte del percorso“. Bruttina, dicevamo, la sconfitta incassata in due contro Caroline Garcia. “Potrei parlare di condizioni climatiche ostiche, ma il vento c’era per tutte e due. Oppure del mio stato fisico imperfetto, dopotutto tra il Roland Garros e Wimbledon devo aver trascorso non più di sette ore sul campo. La verità è che lei ha giocato bene, molto meglio rispetto al nostro ultimo incontro a Indian Wells. Ha servito bene prima e seconda, è stata più aggressiva e a me è mancata un po’ di velocità di palla, tutto qui“.

Serena, Emma, anche se il sospetto paventato da molti è che le rivali abbiano già imparato a conoscerne pregi e difetti, e si trovino discretamente comode la seconda volta che l’affrontano. “Non è un male – ha chiosato con la solita tranquillità Raducanu -, ciò non fa che mettere in risalto le lacune del mio gioco, ed evidenzia in maniera molto chiara gli aspetti su cui devo lavorare. Ripeto, non ho nemmeno vent’anni: so che devo migliorare e migliorerò“. Dicevano che la calma fosse la virtù di quelli forti.

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