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Tennis in Veneto, una Wimbledon in Polesine: ecco Gaibledon

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Tennis in Veneto, una Wimbledon in Polesine: ecco Gaibledon

GAIBA (Rovigo). C’è una giocatrice che sta giocando a Berlino (3 milioni e mezzo di abitanti), una a Birmingham (1 milione e 200 mila di residenti) e una a Gaiba (970 abitanti). No, non è l’inizio di una barzelletta all’italiana, bensì l’incipit di una bella favola di casa nostra. La settimana scorsa, mentre a Berlino e a Birmingham si stavano giocando due tornei del Wta World Tour, in uno dei più piccoli Comuni del Polesine si stava disputando “Gaibledon”, torneo da 115 mila dollari del Wta 125s, il secondo livello professionistico del tennis femminile mondiale. Nel 2022 se ne giocano ventiquattro: da Parigi a Valencia, da Vancouver a Budapest, e poi Buenos Aires, Montevideo, Tampico e, appunto, nella piccola Gaiba. Un miracolo sportivo e organizzativo che ha molti protagonisti: su tutti Nicola Zanca, 37 anni, sindaco del paese. Dieci anni fa, quando la favola è cominciata, Nicola era il presidente del neonato Tennis Club Gaiba.

Dove comincia la favola?

«Era il 2012 e al posto dei quattro campi su cui giochiamo oggi c’era un campo da calcio abbandonato. La squadra del paese aveva chiuso i battenti, l’impianto era caduto in disuso. Avevamo un campo da tennis in terra rossa e uno in cemento. I corsi organizzati dalla Uisp Rovigo erano sovraffollati: i bambini volevano giocare oltre l’orario e quindi abbiamo spostato la rete mobile da tennis sull’erba del campo da calcio. La palla rimbalzava, e bene. Ci siamo detti: “Perché non rinnoviamo quest’area e ne facciamo uno spazio per il tennis?”. È cominciata così l’avventura che ha portato ai quattro campi da gioco, al primo torneo amatoriale Uisp, alla quarta categoria Fit, all’Open e poi al Wta, il circuito maggiore che prepara a Wimbledon».

Ma come fa una piccola realtà come Gaiba a farsi conoscere ai piani alti del tennis mondiale?

«Nel 2015 abbiamo scritto alla Wimbledon Foundation, per raccontare il nostro percorso. Ci hanno risposto, inviandoci dei gadget e facendoci un grande in bocca al lupo. Abbiamo alzato sempre più l’asticella, fino all’anno scorso: il torneo maschile da 15 mila dollari del circuito International Tennis Federation, che accredita punti Atp, è riuscito nel migliore dei modi e i feedback sono stati importanti. Ma c’è una peculiarità che ci ha spianato la strada: in Italia il tennis su erba non esiste, e avere un campo come il nostro nel circuito professionistico è un lusso».

L’erba di Gaiba è dunque merce preziosa?

«Gaibledon è uno dei sette tornei su erba naturale che prepara a Wimbledon, l’unico femminile in tutta l’area mediterranea. C’è a Mallorca, ma lì è maschile».

Mantenere questi campi è molto oneroso?

«L’impegno è pazzesco. Il rinnovamento del campo erboso deve essere costante, tra risemina, arieggiatura, utilizzato dei fertilizzanti, irrigazione centralizzata, rullatura. Solo così riusciamo ad avere una superficie sempre più omogenea di anno in anno, e quindi un rimbalzo sempre migliore, che ci fa avvicinare a Wimbledon, l’olimpo dei tornei su erba. In tutto questo, fondamentale è l’opera dei volontari che quotidianamente lavorano sul nostro impianto».

Gaibledon, un nome che pare quasi quello di un torneo goliardico.

«Non era facile trovare un nome accattivante. All’inizio i ragazzi dei corsi volevano chiamarlo “Bimbledon”. Poi un giocatore di uno dei nostri tornei, Stefano Castelli, ha avuto l’intuizione vincente. Suona bene, è simpatico, accattivante. Non lo abbiamo più cambiato».

Ci vuole anche un po’ di follia a mettere in piedi tutto questo…

«È la forza del gruppo. Io sono stato presidente del rifondato Tennis Club Gaiba dal 2012 al 2017, poi la palla è passata a Elia Arbustini che oggi ha 25 anni. Il vice ne ha 21, il direttivo è tutto under 30. L’ottanta per cento dello staff che ha lavorato al torneo ha tra i 15 e i 30 anni. Siamo pieni di entusiasmo ed energia, degli schiacciassi. I nostri allievi oggi sono i nostri maestri, maestri di un Tennis Club che organizza un torneo del circuito professionistico. Siamo esempi per il territorio: è questo ci dà davvero grande carica. Va detto che nel nostro percorso c’è stato un formidabile allineamento di pianeti: quando ci è arrivata la chiamata del direttore del Wta, che ci anticipava la possibilità di assegnarci uno slot per la preparazione a Wimbledon, abbiamo cominciato a pressare ogni tipo di istituzione e sponsor e le rappresentanze rodigine ci hanno seriamente aiutato (l’organizzazione costa 400 mila euro, ndr): penso all’assessore Cristiano Corazzari in Regione o al vicepresidente Paolo Armenio in Confindustria Venezia Rovigo. Non a caso, questo torneo si chiama Veneto Open Internazionali Confindustria Venezia e Rovigo».

È il momento più alto della storia di Gaiba?

Alla finale è arrivato il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Le gare sono state trasmesseda Rai, Mediaset, Sky, Dazn ed Eurosport. Ci hanno dedicato tantissimi servizi, abbiamo riempito gli hotel fino a dieci chilometri e abbiamo accolto atlete da tutto il mondo, russe e bielorusse comprese. Gaiba ora è indicizzato su Google con chissà quanti richiami. Sì, tutto questo era inimmaginabile. Rimaniamo però unici.

Unici perché?

«Qui le atlete non erano numeri o teste di serie x, y o z. Abbiamo dato dimostrazione di un’accoglienza unica: le abbiamo fatte volare in idrovolante sul Po, le abbiamo affidate alle cuoche locali che hanno insegnato a far la pasta fatta in casa. Hanno giocato circondate dal frumento. Dal frumento! Tutto questo è incredibile ed è incredibile pensare che non finirà qui. Sono previsti altri due anni di torneo Wta, con un’opzione per il terzo anno». Con un’indiscrezione: c’è chi già parla di un Gaibledon al maschile.

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