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Daria Kasatkina fa coming out sulla propria bisessualità: “Perché ci si dovrebbe nascondere?”

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Daria Kasatkina, N.37 WTA, si è raccontata con una disponibilità rara per un’atleta di questo livello. La tennista russa, che sta tornando ad altissimi livelli dopo due anni difficili, è stata la protagonista di uno speciale di un’ora in cui ha parlato con Sofya Tartakova di Match TV, sdoppiandosi fra la sua città natale di Togliatti (Tolyatti in russo, eponimo del politico italiano) e Barcellona, dove fa base con il suo attuale allenatore Carlos Martinez.

Qui c’è l’intervista completa con sottotitoli inglesi:

La discussione sull’identità sessuale di Kasatkina è nella parte finale del video, a partire dal minuto 40 circa, ma in realtà avviene in maniera estremamente naturale. Il momento preconfezionato del coming out non c’è stato, niente suspense, niente inquadratura stretta sullo sguardo sincero dell’intervistata, niente sì assertivi alla domanda da un milione di dollari. Semplicemente, Kasatkina ha parlato della sua vita privata e detto che non avrebbe problemi ad avere una storia con una donna, anche se non avrebbe una relazione con una collega, perché ritiene il tennis troppo competitivo per consentire rapporti di questo tipo: “In una relazione fra due donne c’è più connessione, soprattutto a livello emotivo, fra uomini e donne ci sono tante incomprensioni”.

In precedenza aveva parlato anche del tema all’interno del mondo sportivo: Non so perché nello sport non si faccia coming out fra uomini, ma di sicuro in Russia ogni avvenimento di questo tipo viene accolto con forte negatività, e lo stesso può valere per il resto del mondo, anche se gli europei sono più tolleranti. Fare coming out però è la cosa giusta – perché ci si dovrebbe nascondere? Io sto provando a conoscermi meglio giorno dopo giorno”.

In generale, la conversazione ha offerto uno spaccato di come possa essere la vita di uno sportivo single, fra continue avances, richieste di soldi (ha ammesso di aver avuto una relazione con un uomo che ha poi capito essere principalmente interessato ai suoi soldi), e offerte comprendenti parafilie dal vario livello di peculiarità. Lei ha comunque ammesso di non avere problemi a stare da sola: “A volte quando torni a casa e non c’è nessuno i pensieri iniziano a viaggiare, ma per me non è un problema, mi aiuta a conoscermi meglio. Non si dovrebbe avere paura di rimanere soli con sé stessi, credo sia peggio cercare compagnia a tutti i costi“.

Il tennis femminile è anche un caso particolare, perché ci sono stati diversi casi di giocatrici che si sono fidanzate con membri del proprio team: Kiki Bertens ha sposato il suo fisioterapista Remko de Rijke nel 2019, mentre Yulia Putintseva è attualmente in una relazione con il suo coach, Roman Kislyanskiy. Proprio quest’ultimo è però un esempio del perché Kasatkina trovi quest’idea non praticabile, un po’ perché è difficile mostrarsi al mondo mentre si copre d’insulti il proprio partner (anche se ammette che gli sfoghi di Putintseva sono molto divertenti, come peraltro riconosciuto dalla diretta interessata), un po’ perché avere una relazione con una persona a cui si paga uno stipendio può prestarsi ad ogni tipo di complicazione: “Non so come quelle storie si tengano assieme, è complicato e non so come si potrebbe essere produttivi”.

GLI INIZI DIFFICILI

Togliatti, 990 chilometri a sud-est di Mosca, è un polo dell’industria chimica e automobilistica, ma è anche uno degli ultimi luoghi sul pianeta dove una giovane tennista vorrebbe costruire le proprie ambizioni. Quando l’intervista è stata realizzata, Kasatkina non tornava nella città natale da due anni, e per certi versi non è difficile capire perché: nonostante sia stata inaugurata una scuola tennis di livello europeo dal 1998, c’è anche un intenso traffico di droga, eroina in particolare, e, stando alle parole di suo fratello Alexandr (che le fa da preparatore e consulente legale, visto che ha anche una laurea in legge), in città non è cambiato nulla da vent’anni a questa parte.

La strada verso il tennis professionistico è sempre stata in salita per lei: quando aveva 12 anni, i suoi dovettero vendere la casa che avevano costruito affinché potesse giocare ad alti livelli, visto che la federtennis non le offriva alcun supporto economico – a 18 anni si è infatti trasferita a Trnava, in Slovacchia. Durante l’intervista, ha anche rivelato che quando era piccola la criminalità organizzata si sarebbe offerta in una o due circostanze di aiutare economicamente la sua famiglia in cambio di una percentuale sul suo prize money con tassi d’interesse che prevedibilmente non troverete al credito cooperativo legale, una liaison che a suo dire l’avrebbe schiavizzata per anni.

LA CRISI DEL 2019

Alla fine del 2018, Kasatkina era N.10 al mondo in virtù della finale raggiunta ad Indian Wells e dei quarti al Roland Garros e a Wimbledon. Da lì in avanti, però, è arrivato un momento di crisi nera che l’ha vista scendere fino al N.69 al termine della stagione successiva. Daria non ha nascosto di aver avuto un momento di forte depressione, e di aver addirittura pensato di smettere dopo un litigio con il Philippe Dehaes, il suo precedente allenatore, dopo una sconfitta contro Vera Zvonareva a San Pietroburgo: “Mi sono chiusa in camera per due giorni e non volevo parlare con nessuno”.

Nello stesso periodo, a Dubai, si è colpita in campo per la prima volta in carriera, tirandosi la racchetta sulle gambe e schiaffeggiandosi: “Volevo punirmi per essere stata debole e per non essere stata in grado di venirne fuori. Rimanevo seduta in doccia per una o due ore senza parlare con nessuno”. Il problema in campo si è manifestato soprattutto al servizio: “A volte è inspiegabile, è come se ti accorgessi di non saper pronunciare una parola che dovrai usare costantemente davanti alla videocamera. Per un periodo può andare bene e poi puf, all’improvviso commetti tre doppi falli di fila, e non doppi falli in lunghezza, doppi falli in cui la pallina raggiunge a malapena la rete – a quel punto puoi solo guardare il tuo coach e ridere, perché nessuno dei due sa che fare”.

I cattivi risultati in campo hanno avuto anche conseguenze economiche: la Nike ha infatti cancellato il suo contratto di sponsorizzazione in essere dal 2015. Per ora continua ad indossare i completi che le sono rimasti, “ma per quando li avrò finiti spero di avere un nuovo contratto! Guadagnavo circa centomila dollari con loro, bonus esclusi. Comunque ho abbastanza da parte per non avere problemi economici fino al ritiro, anche se non dovessi più guadagnare un centesimo“.

Alla domanda sul perché si sentisse così giù nonostante i successi avuti nel 2018, ha risposto: “Non è una questione di soldi, è che non sai mai se continuerai a vincere né chi sia realmente tuo amico. In più sei sempre ad allenarti, se succede qualcosa alla tua famiglia non ci sei. Per un tennista è inevitabile essere egoista. In più, quando le vittorie smettono di arrivare i social media sanno dare il peggio di sé, e Kasatkina è stata spesso oggetto di body shaming, un fenomeno che lei attribuisce ad una scarsa conoscenza del gioco da parte di molti commentatori (non ha torto): Per le ragazze è spesso fondamentale avere un po’ di peso in più per avere più potenza. Se avessi un fisico scolpito tirerei meno forte, e lo si può notare guardando tante tenniste di altissimo livello, con la possibile eccezione di Sharapova”.

IL COMEBACK

La tennista russa era quindi stata risucchiata da un vortice di negatività. Per fortuna, durante il torneo di Indian Wells del marzo seguente è stata aiutata dalle mogli di Karen Khachanov e Yevgeny Donskoy, che le hanno parlato di cosa motivasse i mariti: “Mi hanno fatto riconsiderare le mie scelte, e ho cambiato idea sullo smettere. Per fortuna che non so fare altro se non giocare a tennis!”

Adesso, però, è tornata la convinzione, e con lei i risultati: da inizio anno è l’unica assieme a Barty ad aver vinto più di un torneo (Melbourne 4 e San Pietroburgo), a partire proprio dal servizio che tanto la affliggeva: “Ora sono migliorata, in uno dei miei ultimi tornei sono stata la seconda giocatrice con più ace”. Daria Kasatkina adesso è convinta di poter tornare in Top 10, ed è sicura di avere quello che serve: “Credo che essere invidiosa di chi ha già vinto sia una buona cosa, mi dà una direzione per raggiungere i miei obiettivi. Non credo che Kenin, Osaka o Swiatek siano migliori di me, è solo andata così per il momento. Quando ho raggiunto i quarti al Roland Garros del 2018 ho pensato per la prima volta di poter vincere uno Slam, è stata una bella sensazione“. Le si può solo augurare che vada così.

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