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Tecnologia e statistiche: quanto contano nel tennis moderno? La parola ai coach

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Non sappiamo quale sia stato il nome apparso più frequentemente nei nostri articoli nel corso degli ultimi dodici mesi. Siamo però ragionevolmente certi se facessimo una ricerca in merito agli articoli che parlano di statistiche, ai primi posti troveremmo quello del mago dei numeri: Craig O’Shannessy.

Come ormai tutti gli appassionati sanno, questo signore di mezza età australiano da anni risiedente negli Stati Uniti, ha trasformato in un’attività imprenditoriale una sua intuizione di gioventù, ovvero che in uno sport descrivibile anche attraverso le statistiche averne il pieno controllo sia fondamentale per chi lo pratica a livello professionistico. Sono ormai tanti i giocatori che si avvalgono della sua consulenza per analizzare le partite disputate e preparare la strategia per quelle future, a partire da Novak Djokovic e senza dimenticare il nostro Berrettini.

O’Shannessy è ormai assurto al ruolo di deus ex machina; lo immaginiamo giungere al primo appuntamento con un potenziale cliente e dire: “mi chiamo O’Shannessy e risolvo problemi”.

Chissà se e quanto avrebbe potuto essere diversa la storia del tennis se quest’uomo fosse nato qualche decennio prima. Forse grazie ai suoi dati un giocatore disciplinato come McEnroe non avrebbe mai perso la finale di Parigi; per vincere gli US Open Bjorn Borg avrebbe potuto evitare di saltare inutilmente insieme a Bergelin sulle corde delle sue racchette come i Masai alla cerimonia della fertilità e Lendl si sarebbe messo in tasca Wimbledon senza neppure sudare.

Non solo l’analisi statistica dei dati in questi anni ha fatto passi da gigante; seppure in misura non altrettanto eclatante anche la tecnologia applicata al tennis ha fatto significativi progressi come ha efficacemente illustrato in alcuni recenti articoli ad essa dedicati il collega Andrea Canella.

In un futuro non troppo lontano è possibile che i nostri nipoti assistano a partite virtuali di questo tipo: “adesso gli batto uno slice a uscire; lui risponde con un diritto incrociato e io poi piazzo la voleè vincente di diritto” e il giudice di sedia che esclama: “fifteen – love”? Gli auguriamo di no ma allo stesso tempo chi chiediamo: che peso hanno le statistiche e la tecnologia applicata al tennis nella vita quotidiana di un tennista?

Abbiamo rivolto le medesime domande ad alcuni dei più importanti coach italiani: Simone Tartarini, Simone Vagnozzi e Vincenzo Santopadre, tecnici rispettivamente di Lorenzo Musetti, Stefano Travaglia e Matteo Berrettini.

Ecco le loro risposte, per le quali li ringraziamo calorosamente:

1 – Da quali fonti ricavate i dati statistici?

Tartarini: premesso che non sono un grande utilizzatore di statistiche, ricavo i dati relativi ai match di Lorenzo dal data base presente nella pagina “player zone” del sito ufficiale dell’ATP.

Vagnozzi: i dati statistici lì ricavo io da internet, di solito mi guardo i match che riesco su youtube oppure sull’applicazione internet.

Santopadre: da Craig O’Shannessy che collabora con il nostro team e che gestisce tutti i dati.

2 – Nel vostro staff c’è qualcuno addetto all’analisi di questi dati, oppure te ne occupi direttamente tu?

Tartarini: Me ne occupo direttamente io.

Vagnozzi: mi sono avvalso dell’aiuto di un’agenzia di analisi da gennaio 2020 fino allo US Open.

Santopadre: fungo io da riferimento per Craig.

3 – Quali sono a tuo avviso i dati statistici più significativi per valutare la performance di un tennista?

Tartarini:

  1. le percentuali di punti fatti direttamente con la prima di servizio;
  2. le percentuali di punti fatti con la  seconda di servizio dell’avversario;
  3. le percentuali di punti fatti con il  primo colpo in uscita dalla prima e dalla seconda battuta;
  4. il numero di errori non forzati.

Questi 4 parametri sono quelli che a mio parere fotografano più efficacemente l’andamento del match.

Simone Tartarini e Lorenzo Musetti – ATP Challenger Todi 2020 (foto Felice Calabrò)

Vagnozzi: di solito mi concentro molto sul servizio dell’avversario, ovvero dove preferisce piazzare la palla; in più cerco di capire se usa uno schema di gioco ripetitivo sul primo punto e sulle palle break in base all’angolo, se quello destro oppure sinistro. Mi piace analizzare dove fa più errori non forzati e dove piazza i colpi quando è in corsa. Diciamo che questi sono i dati ai quali faccio più attenzione, senza però tralasciare gli altri.

Santopadre: premesso che personalmente ritengo che i dati statistici non costituiscano la Bibbia del tennis ovvero la priorità numero uno, ai massimi livelli se tutto il resto è ben registrato diventano un fattore molto utile se non necessario ed è quindi importantissimo averli; forniscono riscontri statistici che è opportuno conoscere. Durante il lockdown – per esempio – il team ha lavorato molto con Craig per mostrare a Matteo – che era negli USA – un po’ di dati perché vogliamo che mantenga la sua capacità di sapere leggere bene le partite. Ovviamente i dati vanno poi correttamente interpretati. Tornando alla domanda, mi concentro soprattutto sui dati statistici relativi ai primi quattro colpi dello scambio, senza però ignorare i successivi.

4 – Utilizzate questi dati per impostare il piano di allenamento del vostro giocatore  e per preparare un incontro?

Tartarini: non molto. Lavoriamo tanto sui colpi di partenza – battuta e primo colpo in uscita dalla battuta – perché sono i più importanti nel tennis moderno; cerchiamo di migliorarli sotto il profilo meccanico e dell’esecuzione. Cerco di arricchire il più possibile il bagaglio tecnico di Lorenzo per creargli delle basi di gioco solide; ovviamente poi va sempre tutto adattato tatticamente sulla base delle caratteristiche dell’avversario.

Vagnozzi: mi baso soprattutto sul mio occhio durante i match; vedo quali colpi portano più punti a Stefano e quali invece danno più vantaggi all’avversario cercando poi di consolidare  i suoi punti di forza e migliorare i suoi punti deboli.

Santopadre: noi partiamo sempre dal gioco di Matteo, ma poi tramite Craig analizziamo anche i dati relativi all’avversario; sapere quali sono le sue giocate preferite aiuta, seppure si debba sempre prestare attenzione: un conto è quello che il tuo avversario fa di norma in dieci match e un altro quello che fa contro di te perché è bravo e sa adattarsi al tuo gioco. I dati quindi contano, ma bisogna avere l’elasticità mentale per cambiare un piano di gioco all’occorrenza. Per esempio: se Rossi sulla palla break di norma batte al centro ma contro di me quel giorno in 3 precedenti occasioni ha servito all’esterno, è possibile che alla quarta ripeta il medesimo schema perché si è accorto che è più redditizio.

5 – Utilizzate strumenti tecnologici (sensori per racchette, sensori indossabili, sistemi Smart Court) per valutare l’efficacia dell’allenamento ed eventualmente intervenire sull’esecuzione dei colpi?

Tartarini: l’unico strumento che utilizziamo un pò è la videonalisi. Non utilizziamo Sensori, smart court ect..e  non ho in progetto di utilizzarne in futuro, non ne sono un amante; mi piace vedere il gesto, curarlo e adattarlo. Però – ovvio – nella vita mai dire mai

Vagnozzi: nessuno in questo momento; usiamo solo i video quando dobbiamo analizzare  la tecnica di esecuzione e gli spostamenti; è ciò che faccio anche per tutti i ragazzi dell’Accademia  Maggioni di San benedetto.

Santopadre: Matteo non utilizza alcuno strumento tecnologico.

E i giocatori a loro volta cosa ne pensano? Alla prossima puntata…

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