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Medvedev batte tutti. È il nuovo maestro (Crivelli). Medvedev, rimonta e trionfo tra i maestri (Scanagatta). La rivoluzione non russa. Medvedev nuovo maestro. E adesso tocca a Torino (Piccardi). Medvedev, rimonta da grande. Thiem non ha scampo (Mastroluca). È Medvedev il Maestro della rivoluzione. Trionfo con vista su Torino (Semeraro)

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Medvedev batte tutti. È il nuovo maestro (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Vazioni e musica per il nuovo Maestro. Sette giorni di lezioni di russo, una cavalcata trionfale da cosacco senza macchia e senza paura: le Finals sono di Daniil Medvedev, con il trionfo che richiama il romanticismo dei grandi romanzieri del suo paese. Perché nel 2009, quando il Masters si giocò per la prima volta alla 02 Arena di Londra, si impose Davydenko: 12 anni dopo, il torneo saluta l’ultima edizione sulle rive del Tamigi (l’anno prossimo approderà a Torino) regalando la seconda perla alla Grande Madre Russia. Apertura e chiusura. Giusto così: come un abilissimo giocatore di poker, il moscovita che a 16 anni ha messo radici in Costa Azzurra per seguire la sorella che aveva trovato lavoro in Francia, ha smascherato tutti gli avversari. Che impresa: per toccare il paradiso, Daniil ha battuto il numero uno del mondo Djokovic nel round robin, il numero 2 Nadal in semifinale e il numero 3 Thiem per il titolo. È solo il quarto di sempre dopo Becker, lo stesso Nole e Nalbandian, che però ci riuscirono in contesti meno competitivi. Un anno fa, alla prima qualificazione alle Finals, Medvedev perse tutte le partite

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La profezia A Thiem, sconfitto dopo una battaglia durissima che ha scavallato di 42 minuti le due ore, forse saranno risuonate beffarde le parole che riservò al russo quando si affrontarono la prima volta, nel 2011, in un torneo giovanile, con lui diciottenne e fresco finalista del Roland Garros juniores e l’altro appena quindicenne con un atteggiamento da moccioso: «Forse avrai un grande futuro, ma hai bisogno di rimanere un po’ più calmo». Il futuro è adesso, in un match comandato all’inizio da Dominator, più concentrato e meno farfallone (Daniil subisce il break decisivo del primo set da 40-0), e poi sfuggitogli dal controllo quando il russo comincia a sbagliare di meno e soprattutto sfrutta la strategia a sorpresa di occupare spesso la rete (addirittura 37 attacchi), mentre da fondo la solita ragnatela scava pian piano nelle certezze dell’austriaco, che non sfrutta un paio di facili occasioni per strappare il servizio al rivale nel secondo set e allungare per la sentenza definitiva. Il tie break di Medvedev è un capolavoro (sette punti di fila da 0-2) e il terzo set diventa un’apoteosi con Thiem sempre più stanco e sfiduciato. Medvedev chiude imbattuto il mese di novembre (10-0), cogliendo il fiore fin qui più profumato della sua carriera: «Una delle più grandi emozioni della mia vita, contro un avversario formidabile che quest’anno ha vinto uno Slam. Spero che con lui ci saranno tante altre partite come questa».

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Intanto, l’augurio è che le Finals non diventino per Daniil ció che al momento sono state per Dimitrov, Zverev e Tsitsipas dopo le rispettive vittorie: una sorta di maledizione che ne ha ridotto il rendimento. Del resto, che tra i possibili dominatori del decennio entrante si potesse annoverare il dinoccolato moscovita appariva piuttosto improbabile fino a tre anni fa

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Ci deve pensare coach Gilles Cervara ad annacquare la doppia personalità del pupillo, con lunghe partite a scacchi oppure alla playstation e con un questionario da compilare due volte al giorno in cui Daniil deve segnare le cose che funzionano e quelle che non vanno. È vero, a Wimbledon nel 2018 Medvedev ne combina un’altra, mimando di lanciare delle monetine a una giudice di sedia accusandola di essere venduta, ma è l’ultimo colpo di testa certificato. Lo aiuta il matrimonio con Daria, la fidanzata di una vita sposata l’anno scorso e poi il ricorso a uno psicologo. In fondo, bastava un clic e dall’agosto del 2019 il cammino dell’Orso (il suo cognome significa quello) è semplicemente formidabile, con quei suoi colpi piatti e quasi ritardati difficilissimi da leggere e un servizio miglioratissimo grazie ai test svolti in un laboratorio universitario di Rennes. Non sarà un mostro di eleganza, ma nel club dei fenomeni in pectore da ieri si è iscritto pure lui.

Medvedev, rimonta e trionfo tra i maestri (Ubaldo Scanagatta, Nazione-Carlino-Giorno Sport)

Le finali Atp salutano un nuovo Maestro, il 51esimo della storia del tennis, in Daniil Medvedev, il russo di 24 anni, alto un metro e 98cm, che ha battuto Dominic Thiem 46 76 64 dopo un match di quasi due ore e tre quarti. Medvedev è il sesto “Master” diverso dal 2015 quando Djokovic vinse per il secondo anno consecutivo (ed era il suo quinto trionfo) prima di Murray, Dimitrov, Zverev e Tsitsipas.

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La finale fra i due giovani killer in semifinale degli Old-Fab 2, Djokovic e Nadal, è stata all’altezza delle due splendide semifinali soprattutto per la sua incertezza, fino all’ultimo punto di un match che Medvedev, efficace quanto sgraziato, ha fatto suo dominando nel terzo set i game di servizio, ben al di là di una dozzina di ace. E’ stato un match molto tattico da parte di Thiem che ha insistito molto nel giocare rovesci tagliati per costringere l’altissimo russo a piegarsi fino a terra e soprattutto per evitare di dargli ritmo. L’austriaco, 27 anni e campione all’Us Open, nonché finalista battuto lo scorso anno da Tsitsipas, avrebbe potuto vincere in due set non si fosse mangiato una delle due palle break avute sul 3 pari del secondo set. Giocando così ha però un po’ snaturato il suo gioco. E infatti nel terzo set Medvedev ha trovato le contromisure e tutte le migliori occasioni le ha avute lui, fino a che dopo 7 pallebreak non sfruttate ha trasformato l’ottava per salire sul 4 a 2 e per non farsi più riprendere. Medvedev ha vinto tutti i match del Masters ed è il secondo russo a vincere le finali Atp dopo Davydenko nel 2009, prima edizione del torneo all’02 Arena. In questo torneo ha battuto tutti i primi 3 tennisti delle classifiche mondiali negli ultimi anni, nel round robin Djokovic, in semifinale Nadal, e in finale Thiem.

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Per Medvedev, n.4 Atp è il nono torneo vinto in carriera e certo il più importante. Thiem, n.3, aveva vinto la semifinale dell’Us Open, Medvedev aveva perso in 3 set e gli ultimi due al tiebreak dopo che però il russo aveva servito per il set.

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La rivoluzione non russa. Medvedev nuovo maestro. E adesso tocca a Torino (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Dasvidania, Londra. II maestro è russo, imprevedibile, ancora rovente dopo il successo di Parigi indoor. E ingiocabile. Daniil Sergeyevich Medvedev da Mosca, 24 anni, figlio di Sergey e Olga, economista mancato trapiantato ad Antibes, in Costa Azzurra, perché in riviera coltivasse il suo talento per il tennis, scioglie in tre set (4-6, 7-6, 6-4) l’acciaio temperato di Dominic Thiem e chiude l’era delle Atp Finals a Londra. Undici anni dopo (2009-2020), a cinquant’anni di distanza dal primo trionfo nel Master di fine anno dell’antenato Stan Smith (che si complimenta con il vincitore da Hilton Head, Carolina del Sud), Medvedev si mette in tasca il torneo riservato ai migliori otto del ranking battendo il numero uno Djokovic nel girone, il numero due Nadal in semifinale e il numero tre Thiem nell’ultimo atto.

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Il russo Davydenko aveva aperto l’era londinese e il russo Medvedev la chiude premiato da Andrea Gaudenzi, presidente italiano dell’Atp e di un tennis che ha trovato in Dominic (re dell’Us Open) e in Daniil (fresco numero 4 del ranking), più Jannik Sinner the italian sensation (che chiude la stagione n.37 del mondo a 19 anni), gli uomini in grado di aprire qualche crepa nell’epopea degli Immortali.

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Sotto i coriandoli di Londra, aspettando il primo Master italiano a Torino nel novembre 2021, si chiude una stagione frenetica e compressa, amputata di quattro mesi dal virus che ha costretto uno sport globale, ad alto tasso di voli intercontinentali, a terra. Ancora non si sa quando e dove comincerà il 2021: lo stato di Vittoria, appena uscito da un lungo lockdown, non aprirà le frontiere dell’Australia prima del primo gennaio e costringerà tutti, tennisti e staff, a una quarantena di due settimane.

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Le parole del premier Daniel Andrews, inoltre («Sono ottimista: l’Open d’Australia verrà giocato nella prima parte della prossima stagione»), lasciano supporre lo scenario di uno spostamento del primo Slam a marzo o aprile, quando le misure anti Covid, grazie al vaccino, forse saranno allentate. In questa incertezza, ognuno a casa sua. Rafa Nadal a pescare tonni a Maiorca, Novak Djokovic tra Montecarlo e Belgrado, Matteo Berrettini (se qualcuno se lo fosse scordato, il romano è sempre numero 10 del mondo) a meditar vendetta dopo un anno storto, Jannik Sinner ad irrobustire il titolo di Sofia, il primo della carriera, con una solidità in grado di competere con tutti i top-10. E Roger Federer in Svizzera a riprendere confidenza con la palla in vista di un’annata che, a 39 anni abbondantemente compiuti, somiglierà più alla tournée d’addio di una rock star che alle splendide campagne vincenti di un tempo: l’attempato maestro, operato due volte al ginocchio, non gioca un match ufficiale dalla semifinale a Melbourne persa con il Djoker.

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Medvedev, rimonta da grande. Thiem non ha scampo (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Ha sette vite, Daniil Medvedev. Si insinua nelle pieghe di una partita e la cambia un po’ alla volta. Quando l’avversario se ne accorge, è troppo tardi. Alle ATP Finals, ha sconfitto così in finale Dominic Thiem 4-6 7-6(2) 6-4. Prima, aveva battuto così Novak Djokovic e Rafa Nadal. E’ il primo a superare i primi tre giocatori del mondo in una stessa edizione delle ATP Finals. In uno stesso torneo, ci erano riusciti solo in tre prima di lui: Boris Becker nel 1994 a Stoccolma, Novak Djokovic a Montreal nel 2007 e David Nalbandian nello stesso anno a Madrid. «Che partita! E’ stata una delle mie vittorie migliori – ha detto il russo durante la cerimonia di premiazione – Ho giocato due ore e 42 minuti contro un avversario formidabile. Spero che avremo ancora match così in futura». Lo spera anche il pubblico del tennis, che ha ammirato una sfida in cui si sono visti tutti i tipi di colpi, tutte le variazioni e le sottigliezze che rendono così affascinante questo sport. LO SHOW DEI RECORD.

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Il russo ha chiuso con 37 vincenti contro 29 e più errori dell’austriaco. Ha vinto più punti, anche se di poco, negli scambi brevi e nelle battaglie più lunghe. Considerato un giocatore soprattutto difensivo, Medvedev ha preso il controllo del gioco con servizio e risposta, con le discese a rete e le accelerazioni lungolinea, molto più frequenti di quelle dell’austriaco. I 12 ace hanno fatto il resto. «Ho sempre detto prima di questo torneo che vincere a Londra sarebbe stato straordinario per me. E’ una storia incredibile – ha detto Medvedev – E’ l’ultima edizione, dopo undici anni a Londra. Qui un russo ha vinto per la prima volta, e un russo ha vinto l’ultima». La storia londinese, infatti, è iniziata con il trionfo di Nikolay Davydenko nel 2009.

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Thiem si ritrova per il secondo anno consecutivo ad accettare il premio di consolazione per il finalista sconfitto alla 02 Arena. Sognava di diventare il primo austriaco nell’albo d’oro, ha invece nuovamente scoperto quanto avesse avuto ragione anni fa. Dopo averlo battuto in un torneo junior in Croazia, infatti, diede un appropriato consiglio all’allora quattordicenne Medvedev: «Se cambi atteggiamento, avrai un grande futuro». Il russo si è calmato, ha incanalato il disordine del genio, e ha vinto. È diventato il settimo giocatore a trionfare alle ATP Finals prima di vincere uno Slam, il sesto vincitore diverso negli ultimi sei anni.

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È Medvedev il Maestro della rivoluzione. Trionfo con vista su Torino (Stefano Semeraro, La Stampa)

Gioiamo: c’è vita oltre Federer (e Nadal, e Djokovic). La buona novella arriva da Londra, dove le giocate incendiarie di Daniil Medvedev – la cosa più simile ad un antieroe dostoevskiano mai prodotta dal gioco – hanno stroncato in finale il taylorismo tennistico di Dominic Thiem (4-6 7-6 6-4). Daniil l’Orso – la traduzione del suo nome – è il sesto diverso Maestro in sei anni, in un torneo dove l’ultimo dei Fab Four ad alzare il trofeo è stato Andy Murray, nel 2016, ed è bizzarro, ma forse segretamente coerente – come ha riconosciuto lo stesso Medvedev durante la premiazione – che a chiudere l’era londinese delle Finals sia stato un russo, come russo era stato il primo a salire in cattedra alla 02 Arena, Nikolay Davydenko, vincitore nel 2009.

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La premiazione di Gaudenzi. Medvedev, con il suo efficientissimo caos biomeccanico, il rovescio da unto del signore e il fascino maudit di molte sue uscite (vedi la rissa seriale con il pubblico di New York l’anno scorso agli Us Open) ha l’aria di un apripista, di un messaggero del futuro. Non a caso a Londra, da n. 4 Atp, ha seccato tutti i tre che lo precedono: Djokovic, Nadal – in una carambolesca semifinale in cui Rafa sabato ha servito per il match – e Thiem.

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Dall’anno prossimo e per cinque anni il torneo si trasferirà a Torino, e ieri in campo si è già vista un’avanguardia italiana, Andrea Gaudenzi, presidente dell’Atp che ha officiato una premiazione un po’ desolante, viste le tribune vuote. Ma che nel 2021 spera di dover amministrare un’annata meno tragica e che sotto sotto sogna di consegnare una coppa ad un compatriota: magari Matteo Berrettini, che dopo il debutto del 2019 quest’anno era a Londra da riserva, o magari Jannik Sinner, che – lampo profetico? – ieri sera proprio durante la finale è apparso in tv da Fazio. Medvedev è piombato come una furia sulla stagione indoor, vincendo prima a Bercy e poi le Finals, dieci vittorie filate. Ha tremato con Nadal, dimostrando però corazon da rivoluzionari, e anche con Thiem in finale ha saputo rimontare con grinta.

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