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Beatrice Callegari, la sirenetta veneta torna a terra: «Ciao Nazionale, ti lascio senza rimpianti»

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Beatrice Callegari, la sirenetta veneta torna a terra: «Ciao Nazionale, ti lascio senza rimpianti»

MONTEBELLUNA. Ha gareggiato ai Giochi di Tokyo, pensando di chiudere nel 2022 agli Europei di Roma. Poi, però, i due anni del Covid, fra “bolle” e preparazione olimpica extralarge, hanno suggerito a Beatrice Callegari che fosse il momento di salutare – da capitana – la Nazionale. Dopo 11 anni nell’Italia senior, 15 dagli esordi con la giovanile. Ma, per la 30enne vedelaghese, non è ancora tempo per chiudere pure con il nuoto sincronizzato: ora s’allena da sola per gli Assoluti Invernali.

Callegari, perché ha chiuso con la Nazionale?

«Non è stato facile. Sensazioni contrastanti: da un lato gli Europei in casa che potevano fungere da calamita, dall'altro la paura per il dopo-carriera. Così ho "parlato" con me stessa, rendendomi conto che l’idea di proseguire era più dettata da fattori esterni che interni. Gli ultimi due anni segnati dal Covid non sono stati d’aiuto, senza la pandemia forse avrei retto un altro anno. Pesante vivere lunghi mesi in bolla con le compagne. I miei bisogni di donna hanno avuto il sopravvento. Volevo prendere un po’ di tempo per me, quello che negli ultimi anni non ero mai riuscita a fare. Ho comprato casa a Roma e posso godermela, dedico più spazio ad affetti e famiglia: presto arriverà la seconda nipote».

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Quando ha deciso?

«A settembre, ma ho preferito aspettare prima di ufficializzarlo. Fino alle Olimpiadi ero convinta di proseguire un altro anno, considerando l’Europeo in casa, poi però mi sono resa conto che non l’avrei affrontato lucida di testa. Un guaio, a maggior ragione se sei capitana. Non avrebbe avuto senso trascinarmi fino all’Europeo, sarei andata contro il mio benessere psico-fisico. Ho capito di aver raggiunto tutti gli obiettivi, che nella mia carriera non mi mancava nulla. L’unico rimpianto è non aver vissuto l’ultima gara come fosse l’ultima. Ma va bene lo stesso».

Perché la scelta di non abbandonare il sincro?

«Per smettere gradualmente e non di botto. Gareggerò ancora quest’anno, credo pure il prossimo: due gare a stagione, Assoluti Invernali ed Estivi con Marina Militare e Montebelluna. Così ritroverò pure le compagne di Nazionale. I prossimi Tricolori saranno in marzo, perciò ho intensificato il lavoro: ogni giorno un’ora e mezza-due in acqua, un altro paio in palestra. Non è che riposi… Rispetto a prima, però, ho molto più tempo libero. Continuo ad allenarmi al centro federale di Pietralata, che già frequentavo con la Nazionale. Il neo è quando devi allenarti sola, decisamente meglio quando ci sono le ex compagne: hai la possibilità di osservarle, puoi scambiare qualche battuta. Sì, non è facile trovare la motivazione tutti i giorni. Mi guida la passione».

La gioia più bella?

«Se mi guardo indietro, mi rendo conto di essere cresciuta parecchio. Un bagaglio d’esperienza che mi ha portata a uscire presto di casa: devi maturare in fretta. Se penso alle gare, quando da piccola ho iniziato a fare sincro mai mi sarei immaginata di partecipare alle Olimpiadi. E invece ci sono riuscita due volte. Sì, è la gioia più bella. Due Olimpiadi pure difficili: la prima perché ottenuta con un’impresa in qualifica, superando la Spagna; la seconda per la pandemia».

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Le medaglie cui è più legata?

«Anzitutto quella della qualifica per Rio. Siamo state l’esempio di chi si fa il mazzo tutti i giorni per raggiungere un risultato e come premio centra il traguardo. Abbiamo lottato un anno intero per il sogno, con me c’era chi aveva “bucato” le precedenti due Olimpiadi. La qualifica della squadra mancava da Atene 2004, superarla fu enorme. Ma c’è pure un’altra medaglia che ho nel cuore: l’argento nell’highlight ai Mondiali di Gwangju 2019. Posso dire di essere salita su un podio iridato».

Avete superato la Spagna, avvicinato l’Ucraina: che obiettivo per Enrica Piccoli (pure lei del Monte Nuoto) e le altre azzurre ai Continentali di Roma?

«L’anno scorso si sperava di poter superare le giapponesi, ma le gerarchie sono consolidate da anni e dovresti fare un esercizio da Dio per modificarle. Sono convinta che agli Europei faranno un esercizio bellissimo e già riavvicinarsi alle ucraine sarebbe una grande soddisfazione».

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Si vede allenatrice?

«Già sto facendo consulenze… Sì, mi piacerebbe insegnare, trasmettere la passione per quello che ho fatto per tanti anni. Non so se come tecnico o consulente, di certo vorrei rimanere nell’ambiente. La passione rimarrà per sempre».

Perché una giovane dovrebbe avvicinarsi al sincro?

«Non è uno sport semplice, ci vogliono costanza e determinazione. È uno sport che esalta resistenza, forza, espressività. Ma bellissimo nella sua complessità: tante cose in una sola. Mi è sempre piaciuto muovermi in acqua, mi rilassano le vasche in apnea. Non avevo gambe e punte perfette, ma con la grinta e il lavoro i miei traguardi li ho raggiunti. Tanti sacrifici, ma le soddisfazioni sono impagabili».

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Idee per il dopo-carriera?

«Mi piacerebbe organizzare un giorno un camp tutto mio. Intanto mi hanno coinvolta quest’estate a Riccione e Piombino. E ti fa un certo effetto essere il riferimento per tante ragazzine, capire che tante si sono avvicinate con il tuo esempio». 

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