Alessandro Petacchi: “Superiorità netta di Pogacar, Vingegaard è calato dal 2023. Milan deve migliorare due aspetti”
La cronoscalata di Peyragudes (10,9 km, tutta in salita, con pendenze che toccano il 16%) ha regalato un’altra prova di forza impressionante da parte di Tadej Pogacar. Lo sloveno ha inflitto pesanti distacchi ai diretti avversari, rafforzando ulteriormente la sua leadership al Tour de France. Ora comanda la classifica generale con 4’07” di vantaggio su Vingegaard e 7’24” su Evenepoel, con quest’ultimo che vede vacillare anche il terzo gradino del podio. Di questa edizione della Grande Boucle, delle sue dinamiche e dei protagonisti, abbiamo parlato con l’ex professionista e grande velocista Alessandro Petacchi.
Ti aspettavi questa impressionante prova di forza di Tadej Pogacar ad Hautacam? E nella cronoscalata è sembrato amministrare…
“Dopo la tappa durissima di ieri, era quasi prevedibile quello che è successo oggi. Pogacar ha dimostrato, ancora una volta, una superiorità netta. In salita fa la differenza con una facilità disarmante, e anche in questa cronoscalata, nonostante la durezza del tracciato, ha dato l’impressione di poter gestire, controllare, quasi amministrare il vantaggio. Già al Delfinato si era visto che era in grande forma, mentre Vingegaard, pur in crescita, non dava le stesse certezze. Si pensava che potesse avvicinarsi, invece il distacco è rimasto importante. A questo punto, salvo clamorose crisi o imprevisti, la maglia gialla sembra saldamente nelle mani di Tadej”.
Possiamo dire quindi che a questo punto il Tour de France è già finito per la maglia gialla?
“Per come stanno le cose oggi, sì. Pogacar ha fatto il vuoto e gestisce la corsa in modo impeccabile, ha una squadra fortissima, tatticamente preparata, e lui non sembra avere punti deboli. Ma è anche vero che il Tour è una corsa di tre settimane, e può succedere qualsiasi cosa. Basta una giornata storta, una caduta o un problema meccanico e tutto si riapre. La stanchezza si fa sentire, ogni giorno può essere una trappola. Tuttavia, rispetto alle ultime edizioni, la differenza tra Pogacar e gli altri è più marcata”.
È Vingegaard a non essere più quello del 2023 o è Pogacar che è ulteriormente salito di livello?
“Credo che ci sia un po’ di entrambe le cose. Vingegaard lo scorso anno arrivava da un infortunio e già il fatto che sia stato lì davanti è un segnale della sua qualità. Ma se guardiamo le prestazioni, quest’anno sembra meno brillante rispetto al 2023. Dall’altra parte Pogacar è migliorato, e anche molto. È più forte in salita, più esplosivo, e tatticamente più maturo. Se entrambi sono cresciuti, Pogacar lo ha fatto di più. E oggi c’è una differenza netta”.
Evenepoel sottotono. Viene da chiedersi se sia un corridore in grado di vincere il Tour in futuro o se sia più adatto alle Classiche: la tua idea?
“Per me Remco è sempre stato un grande cacciatore di Classiche, ed è lì che può esprimere il suo massimo potenziale. È un talento assoluto, ma nei Grandi Giri paga qualcosa in salita. Anche se togliamo il minuto perso per i ventagli nella prima tappa, il distacco dagli uomini di vertice è comunque ampio. Contro corridori come Pogacar e Vingegaard è difficile pensare che possa lottare per la vittoria finale. Rimane un campione, fortissimo, ma in salita ha dei limiti rispetto a quei due. Nelle corse di un giorno e nelle brevi a tappe è una garanzia, ma il Tour è un altro mondo”.
La rivelazione Florian Lipowitz: è il favorito per il podio?
“Sinceramente, già prima del via lo vedevo meglio di Roglic. Primoz è sempre lì, competitivo, ma non ha più la brillantezza di qualche anno fa. Lipowitz, invece, sta sorprendendo tutti per continuità, solidità e maturità tattica. Se guardiamo la condizione attuale di Evenepoel e la fatica degli altri, Florian ha tutte le carte in regola per arrivare terzo a Parigi. Sarebbe una sorpresa fino a un certo punto, perché sta dimostrando di meritarselo tappa dopo tappa”.
Da ex grande velocista: su quali aspetti pensi che Milan debba ancora migliorare?
“Jonathan Milan è già oggi uno dei velocisti più forti al mondo, ma ha ancora margini. La sua potenza è devastante, ma a volte la sua gestualità e posizione in bici non sono ottimali. Essendo molto potente e fisicamente imponente, perde qualcosa in aerodinamica. Questo può penalizzarlo in volate molto serrate, dove ogni dettaglio fa la differenza. Sono sicuro che la squadra stia lavorando su questo, anche a livello di telaio e posizione. Ma alla fine è lui che deve migliorare sotto questo punto di vista. Detto questo, le sue prestazioni sono di altissimo livello. Merlier oggi è il più forte, ma Milan è lì. E con Philipsen in gara sarebbe stata davvero una sfida spettacolare tra i tre migliori sprinter del momento”.
Per la maglia verde pensi che Milan possa farcela o Pogacar non lascerà nulla?
“Pogacar ama battere record e non regala niente. Se si troverà in corsa anche per la maglia verde, sono certo che proverà a prenderla. Milan però ha un obiettivo chiaro e ci sta lavorando bene. Se continuerà a piazzarsi e a raccogliere punti, ha buone possibilità di portarla a casa. Sarà una lotta interessante, perché Pogacar non molla niente, ma Milan è costante e ha dimostrato di poter tenere il passo. Sarà una sfida da seguire fino a Parigi”.
Sui Pirenei la Visma di Vingegaard è evaporata, mentre la UAE si è confermata solida. Con la squadra al fianco pensi che le sorti di Vingegaard sarebbero state diverse?
“Forse Vingegaard sarebbe riuscito a gestirsi meglio in alcuni momenti, ma la realtà è che quando restano solo i capitani, conta la gamba. E lì Pogacar è stato superiore. La UAE è fortissima e ben organizzata, ma anche individualmente Pogacar riesce a fare la differenza. Però onestamente, anche con una squadra più presente, la sostanza non sarebbe cambiata molto. Pogacar è su un altro livello”.
Perché, secondo te, Pogacar non ha ancora tentato la tripletta Giro-Tour-Vuelta nello stesso anno, visto che è nel meglio della sua carriera?
“Perché Pogacar è un corridore totale, che non punta solo sui Grandi Giri. Vince Classiche, corse di una settimana, Mondiali. Non ha mai un vero periodo morto nella stagione. Fare Giro, Tour e Vuelta nello stesso anno richiede una gestione estrema e un dispendio fisico e mentale altissimo. L’anno scorso ha corso Giro e Tour, poi c’era il Mondiale. Quest’anno probabilmente farà la Vuelta proprio in preparazione del Mondiale in Ruanda, che sarà molto duro. A differenza di altri big come Vingegaard, Pogacar corre tanto e vince tutto l’anno, quindi deve anche sapersi gestire. È uno che può vincere ovunque, ma per farlo serve equilibrio, e lui lo ha capito bene”.