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Sinner, Errani, Paolini, Vavassori, Musetti: mai così italiano il Roland Garros

Ormai si può chiaramente dire: quello che sembrava impossibile superare è stato per certi versi superato. Il Roland Garros 2024 aveva proposto ben tre apparizioni italiane sulle cinque finali delle specialità, mentre nel 2025 è capitato anche di meglio: ancora tre finali, ma con due vittorie. Certo, è mancata quella dell’ultima domenica, e in un modo dolorosissimo per i tifosi del nostro Paese.

Pur tuttavia, non si può non trovare la positività in quanto accaduto in questi giorni. Sara Errani è arrivata a quota otto Slam in carriera, aggiungendo sia il misto con Andrea Vavassori che il femminile con Jasmine Paolini. Già era stata numero 5 del mondo in quel singolare con cui ha chiuso nella settimana delle qualificazioni, e già allora era tra le figure più significative del doppio. Tornare in alto con Paolini ha un significato speciale: ne certifica uno status che supera quello della campionessa di doppio e si infila nel solco delle grandissime della specialità, con una sapienza tattica e una varietà di colpi quasi imparagonabile su tutta la linea. Dominato il misto, dominato (a parte il secondo set della finale) anche il femminile, questo è stato totalmente il suo torneo. Il tutto al fianco di un uomo, Vavassori, con cui si è stabilito un legame di amicizia visibile e vero, e di una donna, Paolini, che in premiazione l’ha definita leggenda. Non a torto, perché del tennis italiano lo è fuor di dubbio.

Spostiamo un momento il focus e, dalle due vittorie, andiamo al momento più caratterizzante della domenica a livello internazionale: Jannik Sinner-Carlos Alcaraz. Il nostro è stato tanto vicino a portare a casa il terzo Slam consecutivo. Tre volte un punto, altre varie volte due di distanza, ma vuoi qualche errore di varia natura, vuoi lo spagnolo che trova un colpo impossibile, quella gioia gli è stata strappata via dalle mani. Sono già partiti i paragoni con altre grandissime partite del passato (ma questo è un gioco virtuale che si può fare col giusto distacco anche temporale), ma oggi conta che il classe 2001 è vicinissimo al murciano sul rosso. Molto, molto vicino, ed ha ancora 23 anni. Un’età che dice tutto per i termini di miglioramento, nei quali va sempre ricordato il fatto che la sua evoluzione tennistica è partita ben più tardi del suo rivale. Sinner ha vissuto delle sconfitte mentalmente terribili: US Open 2022 (in mezzo a un’annata con troppi infortuni), e si è ripreso. US Open 2023 contro Zverev, e da lì non solo è ripartito, ma è diventato semplicemente un’altra cosa. Ha vissuto in maniera incredibile quasi un anno con una spada di Damocle sulla testa. E potrà superare anche questa. Saprà come fare, lui con il suo team: tornerà, tornerà forte e lo vedremo più presto di quanto qualcuno può pensare a lottare per le grandi altezze.

Accanto a Jannik Sinner non si può non inserire Lorenzo Musetti: un giocatore che ormai si può dire definitivamente nel giro dei big. Numero 6 del mondo per meriti acquisiti, il toscano ha dimostrato di aver compiuto un ulteriore step: risoluzione di match complicati (Navone), ottima gestione di una sfida non scontata (Rune), capacità di tirarsi fuori da un quarto in giornata mediamente no (Tiafoe). Poi è arrivato Alcaraz, ci ha giocato alla pari per due set, poi è crollato su tutta la linea prima del ritiro, ma i segnali positivi sono tanti. Sulla terra è stato, banalmente, in grado di offrire un rendimento da top 4, se non addirittura top 3, sull’erba è chiamato a difendere risultati di enorme rilievo (finale al Queen’s, semifinale a Wimbledon), ma le premesse sono davvero buone.

Si diceva di Jasmine Paolini. Con Sara Errani ha avuto una grandissima capacità: quella di smaltire un’enorme delusione, quella dell’ottavo con Elina Svitolina in una parte di tabellone durissima, che fa capire come quasi chiunque da quelle parti sarebbe arrivata come minimo in semifinale dall’altra. La toscana avrà momenti più fortunati, e questo è fuor di dubbio, ma almeno per il momento il numero 4 del mondo in singolare se l’è tenuto, potendo allo stesso tempo chiudere la settimana con un grande sorriso, quello che serve per avere fiducia e continuare nel solco più giusto.

E poi anche di Andrea Vavassori, che assieme a Simone Bolelli è stato anche lui sfortunato, perché trovare già al terzo turno Ebden/Peers i campioni olimpici in carica, su questa superficie e su questi campi per giunta, non è esattamente il massimo della vita. Hanno lottato, ci hanno provato, ma è finita al terzo turno; la possibilità di avere la rivincita sarà già a Wimbledon, dove l’anno scorso un diabolico sorteggio li portò a perdere subito con i futuri vincitori Heliovaara/Patten, che al momento non aveva “visto” nessuno.

In buona sostanza, è un torneo dal quale l’Italia tennistica esce di nuovo benissimo. E, poiché le altre superfici non sono più spaventose come in passato, c’è solo da credere che le cose possano avere dei crismi confermativi lontano dal mattone tritato. C’è un’intera estate da vivere in questo senso, con la speranza di ritrovare Matteo Berrettini e l’attesa di segnali dagli altri tra conferme e, magari, sperate belle novità stile Matteo Gigante.

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