Al ritmo delle onde: fuga d’estate nei Paesi Baschi tra surf, natura e alta cucina
Anziani americani ciabattano beati accanto a surfisti abbronzati, mentre intorno scorre distratto un repertorio di ampia umanità: famiglie con bambini, ciclisti e pellegrini in una pausa dal cammino di Santiago, che parte un attimo prima, dal vicinissimo confine con la Francia.
È un cocktail demografico, un ritrovo trasversale per amanti di un sollievo semplice: un’abbondante spiaggia morbida, sferzata da un vento potente che gonfia le onde e intiepidisce le giornate torride. È l’estate a San Sebastián, lungo la riviera del Nord della Spagna, davanti al Golfo di Biscaglia, già Oceano Atlantico per vigore delle maree e temperatura in immersione da brividi. Uno dei cuori dei Paesi Baschi perché città vera, ingabbiata di strade, ma con la sua evasione, il suo sfogo di libertà: una proiezione sull’acqua, metronomo di una movida chic, mai troppo sguaiata, complici i prezzi tutt’altro che popolari.
Uno dei riferimenti del paesaggio è il Kursaal, il tronfio auditorium progettato dall’architetto spagnolo Rafael Moneo, che nella doppia forma inclinata richiama un incontro di rocce alla foce del fiume. Qui a settembre va in scena il festival del cinema, a ottobre Gastronomika, una delle più quotate fiere mondiali dedicate al buon cibo.
L’altra icona è il Maria Cristina, a Luxury Collection Hotel, un edificio fiero dal sapore parigino e i tetti arrotondati con 113 anni di storia. Ieri era approdo di reali e aristocratici, oggi di chi cerca una vacanza balneare lontano dalla polvere, tra lampadari di cristallo e sontuose suite arredate in stile Belle Époque. Senza arrivare a tanto sfarzo, ci si può concedere una cena da The Gallery, il ristorante dell’albergo dal clima rilassato con una terrazza da cui spiare la città assaggiando specialità della cucina basca, passando da una versione rivisitata con caviale dei «pinxtos», le tapas locali (sono in ogni bar) a un’orata squisita in una variante appena speziata.
San Sebastián, con i dovuti distinguo, è accostabile a Portofino o a Forte dei Marmi, con tutti i pregi, i limiti e gli elitismi del caso. Per un’esperienza più sobria ci si sposta allora nella vicina Zarautz, che pare un clone fedele ma in scala e tariffe ridotte, con il correttivo snob del Real Golf Club, inaugurato a inizio Novecento e tra i più antichi dell’intera Penisola iberica. Il campo è a ridosso dell’acqua, si va in buca respirando aria di salsedine. La passeggiata sul bagnasciuga è un incanto, mentre una scalinata ripida provvede al fiatone e a uno scenico panorama sopraelevato; non mancano i localini per una cena lenta davanti al tramonto, con la sorpresa finale: il faro che s’accende, gira su sé stesso, lampeggia per un istante verso la riva. Un avviso ai naviganti: è quasi terra.
Merita una sosta Deba, con una spiaggia più piccola, le vibrazioni rassicuranti di un clima per famiglie e un oceano meno algido, perché custodito da una baia riparata. Un trionfo di blu che a queste latitudini è una inaccurata sintesi geografica: i Paesi Baschi sono una regione di montagna, con un entroterra segnato da implacabili saliscendi (i pellegrini e i pedalanti ne sono ben consapevoli) e un cielo schizofrenico, che senza preavviso si vela per piangere lacrime di sottile pioggia celtica.
La tappa fondamentale lontano dalla costa è Guernica, la città completamente distrutta da un bombardamento nel 1937. Morirono centinaia di civili, Pablo Picasso le dedicò il quadro più celebre sugli orrori dei conflitti, un urlo disperato davanti alle atrocità della storia. L’originale è custodito a Madrid, ma ritorna in miniatura nelle case e nei bar, a grandezza naturale in un murale nel centro storico, che è stato ricostruito con cura e grazia, tra portici, stradine e piazzette. È il simbolo della rinascita dalla violenza e della necessità di non dimenticarne la crudezza. Perciò, sotto al municipio, una mostra fotografica espone i calcinacci e le cicatrici del dolore: «Tutti abbiamo Guernica nel cuore» recita un cartello, amplificando il simbolismo di una città morta e risorta.
A meno di mezz’ora di strada da Guernica s’incontra Axpe, sperduto comune di poco più di mille residenti famoso per l’Asador Etxebarri, il secondo miglior ristorante al mondo nel 2025 a detta della quotata classifica dei 50 Best. Qui si assaggiano quelli che i giudici hanno definito «capolavori culinari»: «Con l’aiuto di un piccolo fuoco» lo chef Bittor Arginzoniz «trasforma ingredienti semplici come il latte e la carne in piatti straordinari e indimenticabili». È una soddisfazione per la regione e un orgoglio per le periferie del pianeta, perché la graduatoria è un soliloquio di metropoli come Lima, Bangkok, Tokyo e Parigi.
Axpe è anche a mezz’ora da Bilbao, il centro abitato più grande dei Paesi Baschi e di riflesso il più turistico. Le strade, in qualunque stagione, sono un andirivieni di vita, un trionfo di folla e insegne globali. Allora, l’antidoto a una pur piacevole banalità si trova nella cultura: nell’Azkuna Zentroa, ex magazzino di vini oggi centro d’arte contemporanea riprogettato dal designer francese Philippe Starck; nel museo marittimo, lungo il fiume Nervión, dove svetta la gru rossa alta 60 metri che serviva a costruire le navi, emblema del passato industriale della città. E poi, certo, il museo Guggenheim, con le linee sinuose dell’architetto americano Frank Owen Gehry e le intense opere disposte tutt’intorno: la torre di sfere riflettenti di Anish Kapoor, che indica la frammentazione della realtà e il relativismo dei punti di vista; l’enorme ragno di Louise Bourgeois, con le uova custodite nell’addome forato, tributo al senso protettivo, all’amore puro, eppur fragile, della maternità.
Sono tappe irrinunciabili, come il rooftop dell’Hotel Ercilla, da cui si gode una vista a 360 gradi su Bilbao. L’albergo, parte della Autograph Collection di Marriott International, occupa una posizione ideale per raggiungere a piedi qualunque monumento e punto d’interesse.
In generale, percorsi urbani e spiagge immani sono tentazioni ragionevoli, ma il nord della Spagna dà il suo meglio nel selvatico totale, nel bucolico assoluto, quando ci si allontana dalla civiltà per regalarsi un’escursione nella natura.
I sentieri, specie quelli parte del Cammino di Santiago, sono segnalati con costanza e scrupolo eccellenti (la bussola è la freccia gialla) e s’addentrano nel silenzio della montagna. Lo stesso vento che agita le onde traghetta le nuvole e annaffia la terra, felice di rispondere con frutti abbondanti, un verde rigoglioso, alberi slanciati senza il minimo senso di vertigine. Più che i Paesi Baschi, sono i Paesi boschi.