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Si licenzia e viaggia in Africa per insegnare nei villaggi: dà lezioni d’arte e spiega come realizzare tavole da surf

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Si licenzia e viaggia in Africa per insegnare nei villaggi: dà lezioni d’arte e spiega come realizzare tavole da surf

UDINE. Un vecchio van. E un progetto da far conoscere e sviluppare sulla costa africana che unisce il surf al teatro. Villaggio dopo villaggio. Cosi Francesco Gigli, 33 anni di Udine e la fidanzata Vikki Farrel, 34, si sono messi in viaggio.

Proprio loro che viaggiando si erano conosciuti fino ad arrivare quattro anni fa in Namibia inseguendo la loro passione per il surf e per gli animali. Qui lavorano come insegnanti e subito comprendono che c’è la necessità di implementare le attività per i bambini che frequentano le scuole pubbliche.

«Innanzitutto abbiamo creato – racconta Francesco – un gruppo di teatro risultato poi molto benefico per i bimbi perché facevano parte di un sistema educativo dove non c’era molto spazio per l’arte e le emozioni».

Francesco è un surfista, da sempre. E da sempre costruisce le tavole con cui cavalca le onde. E così lui, artigiano del surf, decide di unire a quella del teatro anche questa passione.

Nasce il progetto Vanderful adventures. «Il nostro intento era quello di far conoscere il teatro e il surf nei villaggi rurali della costa africana – racconta – con uno scopo educativo e di promozione dello sviluppo sostenibile». Partono così a bordo del loro vecchio van e si fermano per tre mesi in ogni villaggio.

«Abbiamo registrato a Udine l’organizzazione “Seeds of hope” – prosegue –, ci siamo licenziati come insegnanti e siamo partiti a bordo del nostro vecchio van, da qui il nome del progetto». Namibia, Mozambico, Angola. Ben presto si unisce anche Federico, 24 anni, studente di biologia marina, fratello di Francesco.

Quello che propongono è un metodo innovativo «che prevede prima dei giochi per permettere ai bimbi di esprimersi, poi la creazione di scenette per proseguire con una “mappatura” dell’ambiente che li circonda. Andando in giro nel villaggio evidenziano gli aspetti da salvaguardare, da cambiare o migliorare. In base alle loro osservazioni viene scritta un’opera teatrale poi messa in scena di fronte a tutto il villaggio con costumi creati dopo la raccolta rifiuti in spiaggia»

. E poi c’è il surf. «L’Africa ha uno dei potenziali di surf più grandi al mondo – dice – ma le persone del posto non possono accedere alle onde. Ci sono dei blocchi culturali verso l’oceano e mancano i materiali per realizzare le tavole.

Così ho trovato un modo alternativo per costruirle, come venivano fatte le antiche tavole hawaiane». Legno, colla, una pialla, carta vetrata e dell’olio per impermeabilizzarle. «Uno dei ragazzi che ha imparato a farle, Manuel, è anche riuscito a rivenderle a dei turisti», spiega.

Puntano al Gabon ma il Covid ferma tutto per mesi. Decidono così di tornare in Europa in attesa di poter ripartire. Qui parte una collaborazione a Roma con la onlus “Surf 4 children”: sulle spiagge insegnano ai ragazzi con bisogni speciali a realizzare tavole da surf in legno. Vorrebbero tornare in Africa Francesco, Vikki e Federico.

«Ma con un approccio diverso – prosegue –, crediamo che fermarci più a lungo nei villaggi possa portare a dei frutti più grandi a lungo termine. Per questo ci piacerebbe aprire dei veri e propri centri educativi dove poter insegnare ai bambini. L’Africa è nel nostro cuore e ci sono ancora tante cose da fare».

In Mozambico ci sono tutti i presupposti per aprire il primo centro. Per questo è stata aperta una raccolta fondi online attiva fino al 30 settembre (vanderful.org o su Facebook e Instagram). Loro sono pronti. L’Africa li aspetta. —


 

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