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Sting: Le mie canzoni sono bicchieri di vino

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Dal nostro inviato a CesenaNiente, neppure un acciacco piccolo così. Ormai Sting è senza tempo al punto che, beato lui, gioca nei primi posti del campionato «splendidi sessantaseienni che non lo dimostrano». Fisico asciutto, spalle tipo surfista di Malibu, pancia non se ne parla, è arrivato a Cesena senza fare una piega tra un concerto a Budapest e uno a Skopje in Macedonia per la prima edizione di ImaginAction, il primo festival internazionale del videoclip nel quale sono stati girati (anche) i Capolavori immaginati, ossia video ufficiali di brani che hanno fatto la storia della musica (ad esempio Il pescatore di De André). «Dopo tutti questi anni sono ancora un cantastorie e ogni canzone è come un bicchiere di vino: deve raccontare una storia anche se nei miei brani io non amo parlare della mia auto o di cose del genere ma di argomenti più interessanti», spiega chiacchierando al Teatro Bonci.Dopotutto per lui l'Italia è la sua seconda casa, non solo perché spesso abita nel suo Palagio a Figline Valdarno ma perché, «come Lord Byron qui ho trovato l'opposto di ciò che c'è dalle mie parti di Newcastle». E il legame si rafforza ora con un progetto mica male: sta componendo la canzone principale di «Giudizio Universale. Michelangelo e i segreti della Cappella Sistina», idea ultrasofisticata di Marco Balich con la supervisione dei Musei Vaticani che andrà in scena all'Auditorium Conciliazione di Roma da metà marzo. Un allestimento con proiezioni in 4K che potrebbe diventare uno spettacolo fisso. «Sono guidato dalla curiosità e, anche quando facevo il professore a scuola, il mio lavoro consisteva nell'essere entusiasta delle cose di cui parlavo. Idem sul palco: io sono un intrattenitore, dopotutto». È più che altro una delle poche rockstar che abbia conservato il senso della misura nonostante sia, per esempio, l'artista più ricco della Gran Bretagna dopo Paul McCartney (nel 2003 fece il giro del mondo la notizia che aveva guadagnato 37 milioni di sterline, ossia una sterlina al secondo). E, anche quando parla, è misurato, molto attento all'uso delle parole e alla scelta degli aggettivi, sia quando ricorda di aver «riaperto» il Bataclan un anno dopo l'attentato («Ero emozionato perché c'erano davanti a me i parenti delle vittime e molti sopravvissuti all'attentato») e parla di Luciano Pavarotti, con il quale ha cantato più volte. Si commuove e poi sorride: «È inimitabile, una volta è venuto a pranzo a casa mia dicendo che era a dieta, ma c'erano due polli sulla tavola e non è rimasto quasi nulla per noi».In fondo Sting rappresenta la faccia sana del pop, quella che non è affondata nella megalomania e non si è neppure incatenata a un cliché. Perciò è credibile quando consiglia ai giovani di «non voler diventare musicisti solo per essere ricchi o famosi», perché poi dopo aggiunge: «Sì, lo so, direte che è facile parlare così quando, in effetti, ormai si è ricchi e famosi». Da ragazzino, Sting vinceva tutte le competizioni di corsa ed era «abituato a non avere mai nessuno davanti quando arrivavo al traguardo». Invece, ai campionati nazionali, si classificò terzo, si sentì «devastato» e la leggenda vuole che allora decise di diventare cantante. «Sono cresciuto nella tempesta perfetta con i Beatles, i Rolling Stones, Bob Dylan e non so se il rock abbia ancora la forza di cambiare il mondo: ha comunque la capacità di spargere semi e spunti di riflessione».Lui lo ha fatto a modo proprio, intanto mescolando nei Police il reggae con il punk e alcune metriche jazz. E poi da solista, spingendosi fino alla musica barocca dopo essere arrivato in cima alla classifica pop con pezzi come If you love somebody set them free oppure Mad about you, che in Italia è stata rielaborata da Zucchero. «La sua è una voce autenticamente blues, quando abbiamo registrato Muoio per te a Capri, io gli ho dato il mio vino e lui, in cambio, l'aceto che aveva appena prodotto». E così, alla vigilia di un nuovo esperimento (dell'opera sulla Cappella Sistina si parlerà in tutto il mondo) ora termina il tour europeo e poi se ne ritorna nel suo ruolo preferito quando non è una rockstar: un uomo colto che ha fermato il tempo.
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