La meningite batterica la colpisce a 15 anni, trasforma il suo corpo, lascia profonde cicatrici. Nei mesi che seguono la scoperta della malattia, si avvicina alla canoa attraverso il club frequentato dal fratello. Lo sport le restituisce il proprio destino: le permette di sentirsi di nuovo indipendente. Così, vi si consacra a tempo pieno. Pratica lo snowboard e poi il triathlon, conquista le prime medaglie, partecipa alle Paralimpiadi di Sochi (2014, para-snow­board) e di Rio (2016, paracanoa), e oggi si allena per Tokyo 2020. Si iscrive all’università, Scienze politiche a Bologna, sogna di lavorare nei diritti umani. I successi sportivi spostano su di lei l’attenzione del pubblico: la moda la scopre, i brand della bellezza la vogliono come testimonial. “Vogue” Usa l’ha inserita tra le 100 ragazze al mondo che si sono distinte per la causa dell’accettazione del corpo.

Veronica Yoko Plebani (Yoko lo ha scelto la mamma, buddista) è un’atleta del nostro tempo e una donna che ha avuto il coraggio e l’intelligenza di trasformare un problema in opportunità e ispirazione per un nuovo modo di vivere la bellezza e abitare il corpo. Sul suo account Instagram Yoko racconta i successi sportivi e la vita quotidiana, non per vanità, ma per cambiare il modo in cui le donne sono rappresentate e descritte nello spazio pubblico.

Cos’è per te lo sport?

Credo sia sottovalutato. Non è un ambito definito dal puro spirito di competizione. È un incredibile percorso di formazione morale e umana, uno strumento di crescita. Quando sono uscita dall’ospedale non sapevo cosa sarei riuscita a fare nella vita, mi sentivo trasformata, limitata fisicamente ed esteticamente. Avevo 15 anni, un’età difficilissima. Lo sport mi ha fatto capire da subito quante cose fantastiche potevo ancora fare. Mi sono lanciata nella prima gara, l’ho vinta, e qualcuno mi ha detto: «Se ti alleni puoi andare alle Paralimpiadi». In quel momento mi sono sentita di nuovo piena di capacità, di nuove sfide e soprattutto di sogni. E se i tuoi sogni cambiano la tua vita cambia. E sempre attraverso lo sport ho scoperto la mia bellezza e imparato a costruire la mia femminilità.

In che modo lo sport femminile è ancora vittima di pregiudizi sessisti?

C’è un problema di giustizia. Non solo le sportive sono meno celebrate dei colleghi maschi, ma il modo di raccontarle è diverso, non si rivela mai quanto lavoro c’è dietro al successo. Per gli uomini la narrazione passa sempre attraverso la lode del sacrificio, dello sforzo, della fatica, le atlete invece vengono raccontate con le metafore della grazia e del miracolo: è un residuo di quel pensiero sessista convinto che solo l’uomo lavora, solo l’uomo è forte.

Sei una delle protagoniste della trasformazione del modello di femminilità. Perché hai deciso di raccontarti pubblicamente?

È stato importante trovare uno spazio in cui parlare della mia vita più privata. Ed è stato straordinario scoprire quanto il racconto possa aiutare. Sono venuta a contatto con le storie e le emozioni delle persone, alcuni mi hanno rivelato di aver cambiato atteggiamento dopo avermi visto. È una grande responsabilità, ma io stessa traggo grande forza da queste storie.

Cosa pensi del dibattito pubblico sull’inclusione e sull’uguaglianza di genere?

Negli ultimi anni alcuni movimenti hanno trasformato la narrazione femminile nello spazio pubblico: molti marchi e anche media, come Vogue, hanno mutato il loro racconto della bellezza, includendovi altri tipi di femminilità. Ma la realtà non sempre rispecchia questa grande voglia di cambiamento, e anzi nei fatti si fanno passi indietro. Dobbiamo combattere la volontà di normalizzare e standardizzare la bellezza, e cercare di includere invece le storie e le vite diverse dalle nostre, perché solo attraverso la diversità possiamo scoprire la bellezza.

Quali sono i tuoi modelli?

Serena Williams. Lei è stata una delle prime atlete che ha fatto sapere al mondo quanto lavoro c’è dietro un risultato, inoltre non si è mai sottomessa agli standard imposti nell’abbigliamento e nel comportamento per essere degna, secondo la sua disciplina, dei riflettori. Credo che la sua decisione di raccontare sia stata importantissima.

Foto in apertura. Veronica Yoko Plebani: collana “Masterpiece Emozioni” in oro bianco e diamanti; orecchini “Masterpiece Light Rain” in oro bianco, diamanti bianchi e neri, rubini: tutto Damiani; abito in double duchesse, Alexander McQueen. Plebani è protagonista del progetto #ShowUs, di Gettyimages, Girlgaze e Dove, che riunisce oltre 5.000 immagini di stock – la più grande raccolta al mondo – di persone non-binary, con lo scopo di scardinare gli stereotipi sulla bellezza femminile. «Mostriamo una visione più inclusiva della bellezza» commenta l’atleta, «facendo vedere al mondo tutte le nostre possibilità».

Stylist Francesca Ragazzi. Hair & make-up Andrew Guida @ Close-up using Redken Forcefull. Set designer Alessia Boccardo. On set Hotel Production.