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Salto con gli sci, Sandro Pertile: “Il futuro? Forse su 3 superfici, come il tennis. E non limitato all’inverno”

L’italiano Sandro Pertile ha archiviato il suo secondo inverno da race director del salto con gli sci. Una qualifica apparentemente generica, dietro alla quale si nasconde uno dei ruoli di maggior responsabilità all’interno della Fis, la federazione internazionale di sci e snowboard. Il salto, per quanto poco seguito nel nostro Paese, è invece una delle discipline invernali capaci di generare i maggiori ascolti televisivi a livello globale. L’apparato gestionale in vista del 2022-23 è già stato messo in moto e la prossima stagione si annuncia come il principio di un nuovo corso per l’intero sport. Andiamo a vedere, proprio in compagnia del 51enne trentino, le ragioni di questo imminente cambiamento.

Sandro, prima di guardare al futuro, ti chiedo di voltarti indietro e tracciare un sintetico bilancio del 2021-22.
“Personalmente sono complessivamente soddisfatto, perché siamo riusciti a fare quanto ci eravamo preposti nonostante sia stata una stagione complicata a causa di fattori esterni extra-sportivi. Siamo partiti bene, Nizhny Tagil, Ruka e Wisla sono state al di sopra degli standard consueti, ma da metà dicembre in poi abbiamo dovuto fronteggiare la sfida posta dall’ondata di Covid, a causa della quale spesso si è dovuto rinunciare al pubblico, con ovvie ripercussioni sul piano economico per gli organizzatori e sul piano dell’attrattiva del prodotto offerto. Gennaio, poi, è stato particolarmente intenso perché nessuno voleva risultare positivo proprio a ridosso dei Giochi olimpici. Dopodiché, quando la morsa del Covid si è allenata, è scoppiato il confitto in Ucraina, che ha tolto serenità alle persone e offuscato l’elemento di svago rappresentato dallo sport”.

C’è un aspetto di cui siete particolarmente orgogliosi?
“Essere riusciti a completare il calendario senza perdere alcuna competizione. Le poche cancellate sono state tutte recuperate altrove. Si tratta di un traguardo notevole. Si fatica a raggiungerlo in stagioni normali, figuriamoci in tempi di pandemia e di guerra”.

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Invece qual è stata la criticità maggiore? Parlo in termini agonistici, non organizzativi.
“Il tema dei materiali si è fatto sentire, soprattutto in una stagione olimpica. Ho visto con i miei occhi e provato sulla mia pelle quanto si possa esasperare il clima nel cercare il risultato ai Giochi. In particolare gli addetti preposti al controllo dei materiali sono stati sottoposti a pressioni enormi. La serata del team event misto di Pechino ha rappresentato un punto di rottura, perché chi ha controllato i materiali ha svolto un lavoro egregio in una gara in cui le squadre si sono spinte davvero all’estremo. Proprio il tema dell’equipaggiamento è stato un aspetto su cui ci siamo focalizzati a lungo in primavera. Vi abbiamo dedicato tante energie e abbiamo approntato diverse correzioni che, spero, consentano a noi di lavorare meglio e agli atleti di gareggiare in un clima più sereno”.

Sono stati decisi cambiamenti radicali in tema di tute. La riforma ha quattro punti cardinali. Puoi spiegarli?
“Vedremo tute più larghe, con una tolleranza di 2-4 cm rispetto alla pelle, ma molto meno elastiche. In primis tutti gli atleti saranno ri-misurati con un nuovo metodo, in maniera tale da cancellare i vantaggi acquisiti da chi, grazie a degli escamotage, era riuscito ad aggirare le regole senza infrangerle. In secondo luogo i saltatori saranno misurati in una posizione diversa, con i piedi distanti 30 cm e non più a 40 cm l’uno dall’altro. Con un’apertura delle gambe ridotta, si avrà meno materiale con cui giocare nella zona del cavallo, ovvero quella dove le varie squadre si sono concentrate per ottenere un incremento delle prestazioni. Proprio in quest’ottica, il terzo punto cardinale della riforma è la rimozione della cintura posizionata sopra le ossa del bacino. Grazie a essa e all’elastico al di sotto della scarpa, si poteva muovere il cavallo verso l’alto e verso il basso in maniera tale da farlo risultare regolare ai controlli, abbassandolo però nel momento del salto. Infine, il quarto aggiustamento è relativo alle cuciture proprio del cavallo. Il regolamento su di esse è diventato molto specifico e, codificandole in maniera stringente, si indicherà chiaramente il modo in cui la tuta potrà muoversi verso l’alto e verso il basso”.

Guardiamo al 2022-23, balza all’occhio anche la novità relativa al calendario. Si comincia addirittura a inizio novembre, quando a Wisla si disputeranno le prime gare di Coppa del Mondo della storia senza neve. Qual è la genesi di questa svolta epocale?
“Tutto parte dall’anomala collocazione dei Mondiali di calcio, che condizionerà soprattutto il salto con gli sci, perché gli orari delle partite sono tardo-pomeridiani, in piena concomitanza con le nostre gare. Però, come si suole dire, ‘il bisogno aguzza l’ingegno’ e abbiamo colto la palla al balzo guardando anche al futuro a lungo e lunghissimo termine. La nostra disciplina vuole essere pronta alla sfida del cambiamento climatico, un tema su cui ho sempre posto molta attenzione sin da quando ho assunto questo ruolo. Noi abbiamo un grande vantaggio, perché possiamo avere una tripla stagionalità. In estate si salta su canaline in ceramica e si atterra su plastica, in inverno le canaline sono ghiacciate e si atterra su neve, mentre la fase intermedia autunnale può essere con canaline ghiacciate e atterraggio su plastica. Abbiamo proposto a Wisla questa novità e loro hanno accettato, provando a combinare atterraggio su plastica con binari in ghiaccio. Vogliamo aprire una nuova via in un territorio sinora inesplorato”.

Posso chiederti cosa vi aspettate di trovare, in questo territorio?
“Posso dirti qual è la speranza, o se preferisci l’ambizione. È quella di aprire nuovi orizzonti e diventare molto più internazionali, ampliando il calendario. Attualmente siamo molto legati all’Europa, dalla quale si esce solo due/tre weekend all’anno. Vogliamo invece espanderci in altre zone e creare una base di sviluppo a lungo o lunghissimo termine per andare anche dove si fatica a produrre neve. Se quest’idea dovesse concretizzarsi, potremmo pensare di avere un calendario diviso in tre blocchi. Potremmo fare un paragone con il tennis, dove si gioca su tre superfici diverse. Dopotutto nel tennis il gesto tecnico-atletico è sempre lo stesso, sia che si giochi su cemento, erba o terra. Nel salto con gli sci il concetto è il medesimo, indipendentemente dalle canaline e da dove si atterra”.

A proposito di ampliare il bacino d’utenza, il salto femminile potrebbe essere un volano determinante per riuscirci. Sempre ragionando in un’ottica a lungo termine, il futuro è rappresentato da avere un circuito unico tra uomini e donne, così come avviene nel biathlon o nello sci di fondo?
“È una bella domanda e apre un tema che stiamo valutando da tempo, cercando di guardarlo da tutte le prospettive possibili per capire qual è il percorso realmente migliore. Ogni medaglia ha il suo rovescio e non sempre avere maschi e femmine assieme è un’opportunità. Solitamente gli uomini cominciano le loro gare alle 16.00 o 16.30. Dunque, per una questione organizzativa e di equilibri televisivi, questa dinamica non può essere stravolta. Se le donne sono nello stesso posto, la partenza della loro gara va incastrata tenendo conto della sua durata, di possibili ritardi e di tempi tecnici organizzativi. Per evitare il rischio di pestarsi i piedi, bisogna farla cominciare almeno 3 ore e mezza prima di quella maschile. Sorge quindi un problema. Se le ragazze iniziano nel cuore della giornata, si trovano a saltare nell’orario statisticamente peggiore in termini di intensità del vento. L’ipotesi di avere competizione femminile al mattino e prova maschile nel tardo pomeriggio è difficilmente percorribile, perché gli spettatori non possono stare allo stadio al freddo per 8-10 ore! Se ci sarà un circuito condiviso, un’opportunità potrebbe essere quella di avere le gare delle donne il venerdì sera e il sabato mattina, mentre gli uomini salterebbero il sabato sera e la domenica pomeriggio. In questo modo gli organizzatori potrebbero spalmare al meglio tempi e costi, inoltre anche la logistica legata al pubblico sarebbe più semplice. Il venerdì sera diventerebbe l’antipasto del weekend. Valuteremo con i vari broadcaster questa opportunità, perché la partita dello sviluppo del salto femminile si gioca parecchio sul campo dell’incremento del valore dei diritti TV della disciplina, proprio per finanziarne la crescita. Intanto, per il 2022-23, siamo per la prima volta riusciti a garantire alle ragazze una tappa di Coppa del Mondo in Polonia. Questo potrebbe dar loro una bella mano per avere una visibilità maggiore”.

Foto: Sandro Pertile

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