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Rugby, tango e altruismo: ecco chi era Stefano Vallin, travolto e ucciso da un guidatore ubriaco

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Rugby, tango e altruismo: ecco chi era Stefano Vallin, travolto e ucciso da un guidatore ubriaco

PADOVA. «Ci siamo salutati frettolosamente nel primo pomeriggio, sapendo che poi la sera lui sarebbe andato a cena con la nipote e io a trovare i miei genitori. Sapevo che sarebbe tornato sulle 23 e invece non arrivava più. Solo a notte fonda ho saputo dell’incidente». È comprensibilmente ancora scossa Marina Giacometti, la moglie di Stefano: «Aveva appena accompagnato Anna a casa e stava rientrando, quella era la strada per tornare a casa». Della dinamica dell’incidente e delle eventuali responsabilità Marina preferisce non parlare: «So solo che qualcuno l’ha investito, nient’altro, non ho ancora potuto vederlo».

SPOSATI DA 23 ANNI

Stefano e Marina si erano messi insieme nel 1994 e nel 1998 si erano sposati. «Di lui mi ha subito colpito quella sua capacità di entrare in sintonia con tutte le persone di tutte le generazioni, dai più giovani ai più anziani. Aveva una facilità incredibile di comunicare e da quando l’ho conosciuto ho sempre avvertito questo grande amore da parte di tutta la gente che entrava in contatto con lui».

A unirli ancora di più, la passione per il tango: «Sono stata io a trascinarlo nel primo periodo in cui ci frequentavamo. Nessuno avrebbe mai detto che un rugbista come lui si sarebbe appassionato al ballo», continua Marina. «La fotografia è stata il suo grande amore, oltre che il suo mestiere. Si definiva artigiano della fotografia. La più grande sfida è stato il passaggio al digitale, un momento che l’ha messo in crisi ma che gli ha anche dato la possibilità di reinventarsi come solo lui sapeva fare».

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UN PADOVANO DOC

Un uomo dalle mille sfaccettature, dai tanti talenti e pieno di passioni. Una personalità poliedrica, un artista e un anticonformista. Così gli amici raccontano Stefano Vallin, fotografo, rugbista e ballerino di tango, che il prossimo 15 giugno avrebbe compiuto 64 anni. Viveva in un appartamento di via Vanzetti, al Portello. Era un padovano doc. Nato e cresciuto in città, prima di sposarsi aveva vissuto insieme ai genitori e alla sorella Cristina nel quartiere Forcellini, dove oggi abita l’amata nipote Anna.

A Padova lo conoscevano un po’ tutti. Dal mondo dell’associazionismo e del sociale, a quello sportivo, a quello artistico e della fotografia. Aveva lavorato per più di qualche anno anche come fotogiornalista per il “Gazzettino”. Tutti, anche nel rione dove abitava, lo conoscono come “il fotografo”. Per qualche anno ha anche avuto un negozio di fotografia in corso Umberto I che poi ha chiuso per dedicarsi al fotogiornalismo. Stefano Vallin non amava stare fermo, amava cambiare, e così ha sempre fatto.

Insieme alla moglie Marina, danzatrice e insegnante di ballo, nel 1995 ha iniziato a studiare tango. Insieme hanno contribuito a diffondere questa disciplina a Padova organizzando corsi di vario livello, stages, esibizioni e spettacoli. La loro tecnica era quella del “milonguero” ballato nelle sale (milongas) di Buenos Aires e di tutto il mondo, sulle musiche tradizionali degli anni ’30 e ’40.

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LA PASSIONE PER IL RUGBY

Lo sport, e in particolare il rugby, era un’altra grande passione del 63enne. Negli anni Ottanta e Novanta aveva giocato come pilone al Cus Padova, calcando anche i campi della serie A2. «Un fratello, una delle persone migliori che abbiamo incrociato nella nostra lunga storia», si legge nella pagina Facebook del Cus.

«Ho allenato questa squadra per tanti anni e tutti i ragazzi è come se fossero miei figli» dice Pietro Monfeli, che è stato allenatore anche di Stefano «Aveva poco meno di 30 anni quando è venuto da me e mi ha detto che voleva giocare. Era il nostro fotografo, quello che immortalava i momenti migliori delle partite. Nonostante non fosse giovanissimo gli ho detto che andava bene e così ha iniziato ad allenarsi. A quel tempo era molto forte fisicamente ma non era grosso di corporatura e io nella mia follia l’ho messo a fare il pilone. Lui ha risposto senza problemi, anzi era contentissimo».

L’amicizia tra allenatore e giocatore non è mai finita: «Quando sono tornato dopo anni al Cus era ancora là come fotografo ed era parte integrante di quella famiglia». Ed era stata proprio di Stefano l’idea di creare un gruppo Whatsapp e chiamarlo “Cus ’85”: «Ci saremmo dovuti trovare a cena venerdì prossimo al Portello, vicino a casa sua».

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