Canottaggio. Patelli, a casa con rammarico: «Giochi, per me è un disastro»

Mattia Toffoletto / CONEGLIANO

Pensate solo a questo e vi fate un’idea: martedì mattina, riscaldata da una piccola stufa, faceva remoergometro in garage. L’ipotesi rinvio delle Olimpiadi stava prendendo concretezza, ma Alessandra Patelli, in cuor suo, teneva la fiammella accesa.

Lo spostamento di un anno, lei che è medico specializzando, ha invaso il cervello di mille perplessità. Ipotizzava di chiudere la carriera nel canottaggio dopo l’estate, ora deve attendere un anno per i Giochi (pass da conquistare) e i dubbi se proseguire o meno sono inevitabili. Nel mentre, però, sa come prenderti in contropiede: «Nell’attesa di fare chiarezza con me stessa, considerata l’emergenza, sono pronta a dare una mano come medico».

Patelli, come ha accolto il rinvio dell’Olimpiade?

«Con un po’ di smarrimento, anche se ormai mi aspettavo questa decisione. Che è giusta, non si poteva fare altrimenti. Speravo si potesse recuperare entro l’anno, ma pure uno slittamento a breve termine, siamo realistici, avrebbe alimentato dubbi. Il problema è personale».

Spieghi meglio. In un post a caldo sui social pare mettere a rischio il proseguimento della carriera: abbiamo capito bene?

«Razionalmente so che lo spostamento è giusto, ma nel mio caso equivale a un mezzo disastro. A livello personale, speravo non fosse così, perché nella mia vita c’è altro oltre il canottaggio. Frequento la Scuola di specialità in Medicina dello Sport, mi sto preparando alla professione futura di medico in cui vorrei eccellere. Prendere una decisione a caldo non ha senso, ora ci sono troppe incognite. Se si decidesse per un’Olimpiade primaverile, in maggio-giugno, potrei trovarmi meglio. Aspettiamo di conoscere le date».

Com’è stata la vita degli ultimi due anni?

«Non è più come all’università, quando abitavo a Padova e riuscivo a gestirmi. Ora ho la Scuola di Specialità a Palermo. E a Conegliano non torno mai, se non ora per le note ragioni. Una vita con la valigia in mano, fra aerei e traghetti. Non dimenticando contacolpi e integratori. Per preparare l’Olimpiade, siamo stati a Sabaudia, quasi ininterrottamente, da dicembre. Fate voi».

Dopo l’Olimpiade di Rio, s'era presa un anno sabbatico. È tornata con il sogno di viverne una seconda: prevarrà sulla legittima delusione a caldo?

«Mi piace l’idea di affrontare un’Olimpiade con più esperienza e consapevolezza. Lasciare le cose a metà non appartiene alla mia indole, diventerebbe un peso che mi porterei dietro a lungo. Adesso mi sento però un po’ persa, la testa continua a frullare. Non saprei che dire. Anche se il canottaggio espone il fisico al 100%. E un anno di lavoro in più significa tanto, specie a 28-29 anni».

Prosegue ad allenarsi?

«Per il momento, sì. Mi ero portata remoergometro e attrezzi a casa, a Conegliano. La cancellazione di Coppa del Mondo e Preolimpico era già stata una brutta botta, anche perché il "quattro senza" mi dava buone sensazioni. Ma ho cercato di non mollare, né lo faccio ora dopo il rinvio dei Giochi. Mi tengo in forma, malgrado il futuro sia nebuloso. Si faranno Europei e Mondiali? Magari quest’anno potrei ancora gareggiare, poi si vedrà».

Cos’altro fa a casa?

«Conference call serali con i colleghi della Scuola di specialità, che però ora è sospesa. Chissà, in questo momento difficile, potrei dare una mano come medico. Certo, non in corsia, perché sarei solo d’intralcio. Ma sono pronta a mettermi in gioco, se posso fare qualcosa…».

A proposito: quando pensa usciremo da questo dramma?

«Credo servirà un altro mese di chiusura totale, poi a metà maggio spero si possa tornare alla normalità. Ora l’unica cosa da fare è rimanere a casa. Io, in quanto atleta di interesse olimpico, potrei andare in palestra, ma non lo faccio. Triste vedere che qualcuno è stato più furbo e non ha rispettato le regole». —