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Canottaggio: Giuseppe Vicino, «Voglio tornare a vincere»

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Talento indiscusso del canottaggio italiano (ma non solo) Giuseppe Vicino a soli 26 anni ha vinto (se non tutto) molto. Ventidue titoli nazionali, campione mondiale ed europeo nella specialità JM8+ ed M4-, nel 2013 entra a far parte del gruppo sportivo Fiamme Gialle. Dopo due argenti ai campionati mondiali, nel 2015 sale sul gradino più alto del podio ai Campionati World Rowing Championships nella specialità M4- con i compagni di squadra Marco Di Costanzo, Matteo Castaldo e Matteo Lodo. Agli assoluti 2016 di Ravenna Giuseppe Vicino e Matteo Lodo, non solo hanno vinto il titolo nell’M2-, ma hanno registrato il record italiano.

Al “gigante napoletano” (un metro e 95 per 92 chili) era stata offerta una carriera sportiva oltreoceano. «Università come Yale, Berkeley, Columbia mi avrebbero garantito borse di studio per remare con i loro atleti, ma ho deciso di restare in Italia e di allenarmi con la mia nazionale per coronare il mio sogno, partecipare alle Olimpiadi di Rio», ci racconta. Una scommessa che Giuseppe vince alla grande. Ai Giochi del 2016, infatti, si aggiudica la prima medaglia olimpica nella specialità M4-. Ma non è tutto, perché ai Campionati Word Rowing Championship 2017 di Sarasota (USA) entra nella storia conquistando il primo oro azzurro nella specialità del due senza maschile.

Lo scorso anno un infortunio alla schiena, un’ernia discale lombare, lo tiene lontano da barca e palestra per qualche mese e lo obbliga a un lungo periodo di riabilitazione, ma ora Giuseppe Vicino è tornato. Ed è più carico e grintoso di prima.

Come nasce la sua passione per il canottaggio?
«Ho iniziato un po’ tardi, a 11 anni, quasi per caso. Una domenica mattina ho accompagnato al lago per un allenamento mio fratello, che praticava da poco questo sport. Quando per la prima volta ho visto le barche gareggiare veloci lungo le acque si è accesa la scintilla. Sentire l’allenatore incitare i ragazzi ad andare più veloci, a fare sempre meglio è stato per me bellissimo. Una sorpresa, un colpo di fulmine, forse complice anche la bella giornata, il sole, la primavera…».

Il canottaggio mi trasmette quella tranquillità e pace che altri sport non riescono a darmi, sei immerso nella natura e colpo dopo colpo senti il fruscio dell'acqua che corre lungo lo scafo e ti fa sentire leggero come se stessi volando

È ancora giovane, ma ha avuto già importanti consacrazioni. Quali sono gli obiettivi futuri?
«Con il rientro in squadra dopo l’infortunio voglio innanzitutto riconfermare la medaglia d’oro del 2017, allenarmi costantemente e fare quante più gare possibile per prepararmi al meglio in vista di Tokyo 2020. Voglio partecipare ai Giochi Olimpici e vincere».

Qual è il momento della carriera sportiva che ricorda con maggiore entusiasmo?
«Senza dubbio i Campionati Word Rowing Championship 2017 di Sarasota, negli Stati Uniti, in gara per il due senza con Matteo Lodo. Siamo partiti bene assieme a Croazia e Nuova Zelanda, ma verso metà gara siamo scesi in terza posizione. A pochi metri dal traguardo, però, cambiamo marcia, superiamo i fratelli Sinković e tagliamo per primi il traguardo. Per me quella gara era una vera e propria incognita e la conquista della medaglia d’oro è stata una soddisfazione immensa».

Quello, invece, che le ha lasciato un velo di rammarico?
«Potrà sembrare strano, ma le Olimpiadi di Rio 2016 dove eravamo i favoriti e dove abbiamo conquistato un bronzo, ma non ero al massimo della forma fisica. Ero il capo voga, tutti facevano affidamento su di me, e non essere al 100% mi è pesato parecchio. Soprattutto nei confronti degli altri. Sento molto questa responsabilità, ma ci tengo a dire che non mi pesa, anzi».

Quali sono le qualità che deve avere un atleta di canottaggio?
«Innanzitutto una grande forza di volontà. Passiamo quattro mesi all’anno allenandoci, settimana dopo settimana, pensando alle gare che però sembrano non arrivare mai. Reggere questa situazione, se non si è pronti psicologicamente, è difficile. Il canottaggio è uno sport che dà soddisfazioni ma può anche logorare. A volte, quando sono molto stanco, ho anche pensato a chi me lo abbia fatto fare. Ma devo ammettere che questo pensiero dura la frazione di un secondo!».

Il canottaggio è uno sport che richiede grande impegno e fatica. Tra gli elementi strategici della preparazione atletica c’è indubbiamente anche l’alimentazione, che deve essere mirata e personalizzata.
«Esattamente. Io seguo un piano alimentare costantemente monitorato dai nutrizionisti federali, che può variare in base al mio calendario di allenamento, alle gare e alle mie condizioni fisiche».

Voi canottieri dovete essere muscolosi, potenti, ma leggeri in barca. Avere quindi una forma fisica “giusta”, ma anche le energie sufficienti per mantenere la performance a un livello alto. Come ci riesce e come si aiuta?
«Mi aiuto con un corretto mix fra alimentazione e integrazione. Faccio parte del team Herbalife Nutrition, che grazie al programma H24, (la linea di integratori dedicata gli sportivi e che il brand fornisce agli atleti CONI dal 2016 ndr), mi aiuta in questo percorso. A colazione, oppure prima di una gara, ma anche come pranzo a volte utilizzo Formula 1 Pro. Per affrontare le sessioni di allenamento ci servono molte proteine e questo integratore assicura il giusto quantitativo di micro e macronutrienti, oltre a proteine e carboidrati che mi danno energia, ma mi fanno sentire leggero. Durante l’allenamento, per reintegrare i sali minerali persi, mi aiuto con Prolong, mentre al termine di una sessione, per recuperare, uso Rebuild Endurance. Per noi atleti l’integrazione è fondamentale».

Cosa significa per lei avere un’alimentazione sana?
«Con la squadra siamo in ritiro per 20 giorni al mese: durante questo periodo cerco di rimediare agli sgarri fatti durante gli altri 10 giorni in cui magari mi sono concesso un dolce di troppo. Sono molto ligio alle indicazioni dei miei nutrizionisti e ho una condotta alimentare ferrea: niente acqua o bevande gasate, niente zucchero nel caffè, niente vino, dolci e zuccheri superflui. Sono in giorni in cui elimino la massa grassa in eccesso a favore di un recupero ottimale della massa magra».

Quali sono i maggiori benefici che ha ottenuto seguendo un’alimentazione e un’integrazione mirata.
«Per me è stato davvero molto importante entrare nel team H24. Durante un periodo molto complesso, come quello del mio infortunio, poter contare su questi integratori studiati ad hoc per noi sportivi è stato decisivo. Ovviamente assieme alla fisioterapia e a una corretta alimentazione. Riprendere l’attività e tornare alla condizione di prima non è mai facile e ancora più difficile è rientrare nella squadra olimpica. Il recupero fisico è importante, ma lo è ancor di più quello mentale. È proprio qui che la professionalità e la grande competenza di Serena Chiavaroli, collaboratrice e consulente sport per Herbalife, ha fatto la differenza».

A cosa pensa quando è in barca?
«A tutto e a niente. Come dicono i miei allenatori ormai la tecnica è fatta, è inutile pensare alla voga. Remo e vado. Alla tattica di gara però un po’ penso, a quello che ci siamo detti con i compagni, soprattutto faccio mente locale su quanta energia mi è rimasta per l’ultima parte di gara, per capire come gestire lo sforzo».

È vero che con i compagni di squadra vivete come in simbiosi?
«Assolutamente sì! A volte succede che io penso a una cosa e il mio compagno la dice. Io inizio una frase e lui la conclude».

Ha un rito scaramantico pre-gara?
«Quando preparo la valigia devo disporre tutti gli oggetti, dagli indumenti ai miei integratori, in un ordine ben preciso, come in un puzzle. E tutto deve essere in abbondanza. Prima di una gara, invece, ascolto sempre un po’ di musica. Ma non deve essere troppo adrenalinica, perché il massimo della carica la devo esprimere in gara. Quando termino deve esserci sempre qualcuno che mi porti la borraccia con i miei integratori, altrimenti mi innervosisco».

C’è un atleta al quale si ispira?
«Michael Phelps per me è un’icona olimpica. Nel mio sport, invece, ammiro moltissimo Steve Redgrave, canottiere britannico che ha vinto 5 olimpiadi consecutive, dal 1986 al 2000, dimostrando di essere per 20 anni il migliore (i canottieri affrontiamo una gara per Olimpiade)».

Si descriva in 3 parole.
«Testardo, adrenalinico e carismatico».

Come vede il canottaggio italiano nel panorama internazionale?
«Molto bene. Sia nel 2017 che nel 2018 anno abbiamo vinto il medagliere. Ma c’è sempre da fare. Il canottaggio non è uno sport così conosciuto, bisognerebbe investire in visibilità, parlare di questo sport non solo in occasione delle Olimpiadi».

Piano B?
«Da piccolo sognavo una carriera da ingegnere aerospaziale o meccanico, magari alla Ferrari per progettare una macchina velocissima».

Ma considerati i successi e i traguardi raggiunti fino a ora possiamo senza dubbio affermare che Giuseppe Vicino, il suo piano A, lo perfettamente centrato. E noi lo aspettiamo ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020.

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